Note sintetiche
Scheda
Patriota e religioso italiano del Risorgimento, si chiamava in realtà Giuseppe, ma adotta il nome di Ugo in onore al poeta Foscolo. Nasce a Cento di Ferrara il 12 agosto 1801 da Luigi Sante impiegato della dogana pontificia e da Felicita Rossetti, di S. Felice sul Panaro, cameriera. Adolescente durante l'età napoleonica, studia nel collegio Barnabita di Bologna ed in questo momento si avvicina verso gli ambienti culturali liberali. Rimane affascinato dal Proclama che Gioacchino Murat lancia da Rimini nel 1815, parlando per la prima volta di una Italia libera e unita. Fugge dal collegio per arruolarsi, ma per la giovane età viene rifiutato. Dopo gli studi a Bologna, Napoli e Roma, nel 1821 pronuncia i voti nella città capitolina. Uomo di grande cultura diviene famoso e ricercato predicatore, ma spesso si scontra con le gerarchie ecclesiastiche a causa delle sue denunce sui mali della società e alle tematiche patriottiche che sempre inserisce nei suoi discorsi.
Nel 1848 senza esitazione si unisce ai volontari che partono per combattere nella Prima Guerra di Indipendenza contro l'Austria per poter offrire il suo appoggio morale, ed a Treviso viene ferito e poi portato a Venezia, dove sosterrà la Repubblica di San Marco. Nel 1849 è a Roma, dove assiste alla nascita della Repubblica Romana e viene nominato cappellano della Legione di Garibaldi. Così Bassi descrive l'incontro con l'Eroe dei Due Mondi: "Garibaldi è l'eroe più degno di poema, che io sperassi in vita mia di vedere. Le nostre anime si sono congiunte come se fossero state sorelle in cielo prima di trovarsi nelle vie della terra". A seguito della caduta della Repubblica Romana fugge verso Venezia con Garibaldi, Anita, Francesco Nullo, Ciceruacchio, Giovanni Livraghi e gli altri volontari che seguirono il Generale alla volta di Venezia. Arrivati dopo varie peripezie a S. Marino, il gruppo si divide e Ugo Bassi e Livraghi rimangono con Garibaldi e Anita ormai morente. Nei pressi di Comacchio, Bassi e Livraghi vengono catturati, arrestati dagli austriaci e trasferiti a Bologna. Il 7 agosto, senza aver subito alcun processo, vengono condannati a morte e il giorno successivo vengono portati in via della Certosa, fucilati e buttati in una unica fossa all'altezza degli archi 66/67 del portico in cui oggi sorge la Torre di Maratona dello Stadio. I bolognesi iniziano dal primo giorno a rendere omaggio ai patrioti, di conseguenza gli austriaci decidono di esumare le salme nella notte fra il 18 e il 19 e di seppellirli in luogo segreto all'interno del cimitero.
Solo nel 1859 i parenti potranno collocare le ossa nella tomba di famiglia collocata nella Sala delle Tombe. Così Enrico Bottrigari nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) ricorda come il 5 agosto: "un alto funzionario governativo, insieme ad un parente del defunto, e ad alcuni testimonii recatisi al Cimitero dissotterrarono il Cadavere e lo rinchiusero in una Cassa, dopo di che se ne fece il trasporto nella Chiesa suddetta, e terminato il sacro rito, venne deposto entro il sepolcro della famiglia". Pocchi giorni dopo, il 16 agosto, Giuseppe Garibaldi renderà omaggio al suo compagno pronunciando un discorso davanti alla sua tomba.
Dall'8 agosto 1940, con una cerimonia di propaganda organizzata dal regime fascista, i suoi resti sono traslati dalla semplice sepoltura familiare in un sarcofago poso all'interno del sacrario dei Caduti della Grande Guerra.
Lorena Barchetti, dicembre 2013