Schede
Se si percorre, non troppo distrattamente, Medicina e alcune frazioni del suo territorio, ci si può accorgere di una particolare caratteristica presente in diverse strade sia del centro urbano sia del forese: si tratta di come finiscono le vie prive della possibilità di proseguire nella stessa direzione per la presenza, sulla strada perpendicolare a quella percorsa, di costruzioni che obbligano ad una svolta. Non è una particolarità presente soltanto a Medicina, ma è frequente nei tessuti urbani storici racchiusi da mura, verso le quali si fermavano un tempo i percorsi interni distanti da porte di transito con l’esterno.
Fin dal periodo rinascimentale, in cui lo studio della prospettiva centrale trovava ampia applicazione in ogni forma di arte concreta, compresa la stessa urbanistica, lo sfondo prospettico di vie visivamente interrotte diveniva il luogo privilegiato per erigere opere di particolare importanza e richiamo per i passanti. L’opportunità non era colta soltanto da parte dei committenti, in prevalenza religiosi, motivati a erigere un manufatto in grado di invitare il cittadino non frettoloso a elevare una preghiera, ma costituiva anche per la pubblica amministrazione l’occasione per promuovere opere di “decoro” civico; non di rado si poteva prestare pure per cittadini di rilievo per meglio esibire il proprio prestigio con un intervento di qualificato impatto visivo. L’esempio diffuso nelle maggiori città non tarda a produrre anche nei centri minori analoghi effetti, e a Medicina non mancano, a partire dalla metà del Cinquecento, opere che, di fatto, vanno a qualificare con fondali prospettici alcune vie all’interno delle antiche mura e in seguito anche nei suoi borghi esterni. Gli storici medicinesi annotano come i primi punti interni alle mura del castello, ove vengono realizzati tali fondali, si trovavano lungo il tratto meridionale dell’attuale Via Canedi. Sembra che il primo allestimento visivo, posto sul tratto di mura presso il quale sfociava la citata via, sia stata la collocazione di una grande croce recante le immagini della Passione di Gesù: da questo devoto simulacro il tratto di strada che dalla “Via di mezzo” terminava sulla strada interna alle mura prendeva in origine il nome di “Via della Croce”. Sulla stessa “Via della Croce”, di fronte all’arrivo dell’attuale Via Pillio, i confratelli dei Battuti di Santa Maria Assunta, a metà del Cinquecento, costruiscono un nuovo più ampio “Oratorio” innalzando, come fondale del cannocchiale prospettico della via antistante, la facciata architettonica della loro chiesa; opera che nel 1613 verrà integralmente ristrutturata e ampliata accanto alle prime opere del convento dei padri carmelitani. Dalla rilevanza di queste operazioni la strada di prospetto alla seicentesca facciata prenderà la denominazione di “Via dell’Oratorio” e, più tardi, a seguito del passaggio di proprietà al Comune, l’ex oratorio sarà adibito a deposito del sale (“salaria”) del territorio. Infine negli anni ’50-’60 del Novecento, ciò che restava dell’antica costruzione, con la demolizione della parete di fondo addossata a un tratto delle vecchie mura e della facciata sulla via interna, diverrà l’ampio “Voltone” che ora si apre da Viale Oberdan a Via Pillio.
Circa nello stesso periodo, al fondo del tratto settentrionale dell’attuale Via Cavallotti e a ridosso delle mura, prende gradualmente corpo una sentita devozione da parte di diversi bambini verso un’immagine della Madonna posta su una semplice stele. Intorno a questa colonna, che darà il nome di “Contrada della colonna” a quel tratto di via, presto verrà allestita una piccola cappella detta “Celletta dei putti”. I putti crescono e diventano adulti, e la devozione a quella Madonnina si estende al punto che il folto gruppo di devoti – medicinesi e forestieri – ottiene il riconoscimento ufficiale di Confraternita col titolo di “Santa Maria del Suffragio”: sarà la stessa Confraternita a intraprendere nel 1652 la costruzione della chiesa del Suffragio all’esterno delle mura presso la porta occidentale. Intorno al 1730 i confratelli vollero però ricordare degnamente il luogo ove ebbe inizio il loro sodalizio innalzando, al posto della celletta, la grande edicola architettonica che, fino ai primi anni ’60 del Novecento, qualificava ancora con la sua nobile ma instabile struttura l’intera via, ora Cavallotti, come testimoniano le varie fotografie scattate prima della sua inevitabile demolizione. Sul fondale del lato opposto della stessa strada ora è il portone del Palazzo della Comunità, che con la settecentesca sovrastante ringhiera barocca chiude la scenografica prospettiva presso la quale le autorità civili svolgevano i loro solenni riti ufficiali; proprio da qui, nel 1857, si affacciò papa Pio IX a salutare i medicinesi. Le due opere di particolare pregio architettonico, che nel corso del Settecento determineranno le più suggestive scenografie prospettiche a capo delle nostre strade, sono entrambe erette, non all’interno della cinta muraria, ma inserite in un contesto di sviluppo urbanistico che si andava attuando nei borghi esterni all’antico centro storico, contribuendo nel contempo anche al decoro e alla qualità estetica del luogo. Negli anni ’30 del Settecento, grazie alla determinazione dei frati minori dell’Osservanza, dell’impegno in solido del Comune e della nobile famiglia bolognese Conti, all’estremità sud del Borgo maggiore (ora Via Saffi) iniziarono le opere murarie per costruire chiesa, campanile e convento su progetto e direzione dell’architetto francescano osservante padre Domenico Maria da Bologna: un’impresa che ebbe solenne compimento nel 1745. La facciata della chiesa si pone prospetticamente con le sue linee di sobrio barocco francescano come termine visivo al lungo tratto rettilineo in prossimità del ponte sul Canale di Medicina, creando in tal modo un fondale architettonico in perfetta armonia con gli edifici che lo precedono, alla destra dell’osservatore e con le classiche arcate del “Porticone”che sulla sinistra accennano ad una prevista non effettuata prosecuzione. Un suggestivo effetto scenografico dell’insieme viene accentuato soprattutto quando è accesa la moderna illuminazione notturna che fa rilevare le forme del Porticone e, sul fondale del percorso, la facciata della chiesa dei Santi Francesco ed Anna o, come viene chiamata popolarmente, dell’Osservanza.
Al termine del tratto nord del lungo percorso di Via Saffi, a metà degli anni ’80 dell’Ottocento, verrà realizzata dalla concessionaria Società Veneta l’armoniosa palazzina della stazione ferroviaria, collegata al centro storico da un nuovo percorso alberato, oggetto di un successivo sviluppo urbano. Si completa così nel migliore dei modi l’assetto funzionale ed estetico urbanistico del corso di Via Saffi, caratterizzato da due opposti fondali prospettici entrambi espressione di epoche pur diverse ma positivamente connesse. La costruzione di maggiore rilievo, con la sua ben studiata posizione e l’elevata qualità architettonica, progettata nel 1750 dall’architetto Alfonso Torreggiani, conferisce alla via centrale di Medicina il cannocchiale prospettico-scenografico di maggiore interesse del già ricco patrimonio architettonico locale acquisito nella prima metà del secolo XVIII. Spetta alla Confraternita dell’Assunta, che comprendeva anche la Compagnia del Crocifisso, di promuovere in qualità della più antica e numerosa tra le compagnie laicali della Terra di Medicina, l’erezione di una sua nuova chiesa più rappresentativa, e ciò anche nell’intento di non restare da meno, in termini di presenza nel qualificato tessuto urbano, di quanto era stato eseguito dalla Parrocchia, dagli ordini religiosi maschili e femminili, e soprattutto dalle locali confraternite. La scelta del sito su cui erigere la nuova chiesa non poteva essere di maggiore impatto visivo, essendo perfettamente frontale al termine est della strada principale del paese e appena fuori della porta orientale davanti all’attuale Piazza A. Costa. Il basso profilo delle antiche mura e della stessa porta avrebbe permesso di osservare agevolmente come l’elevazione della chiesa, sormontata dalla mole ottagonale del tiburio con il superiore aereo cupolino, avrebbe comunque avuto il ruolo di protagonista della prospettiva che si veniva a creare nel percorso antistante. A seguito dell’abbattimento delle mura e della relativa porta, avvenuto intorno al 1789-’90, la visibilità dell’articolato complesso architettonico poteva presentarsi nella sua completezza al punto focale prospettico del più centrale e qualificato percorso urbano. Nei primi anni del Novecento la realizzazione della strada provinciale San Carlo, nel tratto rettilineo presso Medicina “Sterlino”, determina un nuovo chiaro fondale che si conclude frontalmente con l’ottocentesca palazzina, sulla facciata della quale è posta una lapide che ricorda la presenza in quel luogo di Ugo Bassi.
Non è soltanto una caratteristica delle strade di Medicina capoluogo quella fin qui presentata: percorrendo il territorio e le frazioni locali si trovano analoghe forme di fondali scenograficamente concepiti in diverse epoche e con diversi impliciti messaggi. Compiendo un percorso sulla San Vitale verso levante, a Ganzanigo si nota come il tracciato della via, che si dirama dalla strada provinciale verso il fondo settentrionale della frazione, ponga come elemento visivo frontale la facciata vagamente neoromanica della chiesa parrocchiale, ricostruita nei primi anni del secolo scorso rivolta come ad invitare quanti percorrono il tratto della via antistante. Un palazzetto ottocentesco, sulla strada provinciale, si colloca come efficace fondale sul tratto terminale opposto della Via di Ganzanigo. A pochi chilometri più avanti, sul lato sud della San Vitale, una ben architettata villa signorile, nei primi decenni del Novecento, viene edificata perfettamente di fronte all’immissione sulla maggiore strada del rettilineo di Via Nuova. Il lungo tracciato settecentesco di Via Nuova arriva fino a Buda e, dopo un breve tratto di collegamento, viene raggiunta la lunga strada diritta che conduce a Portonovo: un percorso questo d’importanza fondamentale per la storica economia della Comunità di Medicina, essendo Portonovo, fino all’ultimo Ottocento, il centro operativo dei terreni dell’antica Partecipanza di Medicina. Il nucleo centrale del luogo, consistente negli edifici inerenti alle funzioni della Partecipanza, con magazzini, uffici dei dirigenti e loro abitazioni, chiesa parrocchiale e luoghi di incontro, non è direttamente raggiunto dalla strada d’accesso, ma viene preceduto e interrotto visivamente da un largo fabbricato trasversale posto intenzionalmente con funzione di fondale della via, obbligando ad accedere al centro abitato mediante una curva laterale sulla sinistra. L’ampio spazio determinato dinanzi al fabbricato trasversale induce a supporre l’area creata dalla deviazione compiuta dalla strada, non solo come una zona che accentua la conclusione del lungo cannocchiale prodotto dallo “stradone”, ma molto probabilmente anche per creare un piazzale destinato a fiere o a “parcheggio” di carri agricoli; la storica presenza in loco di botteghe e osteria potrebbe confermarne l’ipotesi. Di particolare interesse è osservare come sia Villa Fontana a presentare un gruppo di percorsi caratterizzati da fondali prospettici al fondo di non lunghi tratti viari visibili dalla zona centrale del nucleo storico. In primo luogo è la storica facciata della locale Partecipanza, con la doppia scala esterna e mostra dell’orologio sulla parte elevata. Posto sulla piazza omonima il distinto prospetto si pone come elemento qualificato di fronte alla antistante Via Dalla Valle. Dall’incontro tra Via di Villa Fontana e le due opposte vie laterali, si scorge a destra il simmetrico prospetto della palazzina ottocentesca che delimita la piazza a settentrione, e a sinistra, dopo un breve tratto di Via dell’Istituto, è una villa della prima metà del Novecento che, con le sue serene forme architettoniche, si colloca come fondale distinto nella più recente edilizia urbana circostante. Il soffermarsi ad osservare con qualche interesse i particolari valori di carattere urbanistico presenti nelle nostre strade interne o esterne, a differenza di chi ci ha preceduto anche soltanto di un secolo, oggi si è fatto più arduo a motivo del traffico convulso che impegna l’attenzione di chi percorre a piedi e in auto tutte le strade. Non da ultimo, ciò che distoglie lo sguardo da suggestivi particolari prospettici e scenografici presenti in strade quotidianamente percorse è la crescente proliferazione di cartelli segnaletici e di vistose insegne pubblicitarie. Fa parte del ruolo di questa rivista segnalare ai nostri lettori, e non solo, quanto di interessante offre la complessa attualità e il sedimento storico, culturale, artistico, e soprattutto umano, che sono il ricco patrimonio della nostra comunità e del suo esteso territorio.
Luigi Samoggia
Testo tratto da "STRADE DI MEDICINA: UNA VISITA AL LORO FONDALE PROSPETTICO" in "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 16, dicembre 2018.