Schede
Portonovo è la frazione più distante dal centro abitato di Medicina e probabilmente una tra le più antiche. La sua fondazione risale al 1334 con la costruzione del nuovo canale navigabile di Buda detto “Canale di Trecenta” da qui il nome dato dal popolo Porto-Novo. I terreni fecero parte della Partecipanza di Medicina fino al dissesto economico della stessa attorno al 1892, dal 1898 circa ne diviene proprietario il Cav. Benelli a cui si succede nel 1924 la famiglia Tamba fino al 1933, anno in cui subentrano le assicurazioni Generali di Trieste. Negli anni 1950-1960 le Generali vendono alla cooperativa Acli e a piccoli coltivatori circa 1000 ettari di terreni tra cui l’attuale “Oasi del Quadrone”, ma resta ancora alla proprietà una vasta area.
La struttura architettonica del paese si forma nel corso del settecento, in concomitanza con l’appoderamento dei terreni, per dare risposta ad una numerosa popolazione che ancora viveva in capanne di canne. É quindi la Comunità della Partecipanza che avvia la costruzione di case per i mezzadri, ma soprattutto infrastrutture come granai e magazzini, un forno, una cisterna, un deposito per il legname, la casa del medico e diverse cascine per i bovini. Sempre nel corso del settecento, dopo una decennale diatriba con la parrocchia principale di Buda, il 29 ottobre del 1730 viene finalmente consacrata la Chiesa, intitolata poi alla Santa Croce e a San Michele Arcangelo, opera dell’architetto Alfonso Torreggiani, ancora oggi esempio della bella e sobria architettura del XVIII secolo, furono poi i Portonovesi costituitisi in congregazione ad acquistare nel 1776 L’organo che ancora oggi è presente nella Chiesa e partecipa alla rassegna dei “Concerti d’organi antichi” promossi dalla Provincia di Bologna. Portonovo, è ancora oggi sostanzialmente immutato nella sua struttura, le belle costruzioni settecentesche come la Chiesa, il magazzino e gli altri edifici e le estese piantagioni che circondano il centro abitato conservano un’atmosfera un pò fuori dal tempo. Questa frazione, che nasce oltre sei secoli e mezzo fa come importante porto di scambi commerciali tra le tre provincie di Bologna, Ravenna e Ferrara, con le quali confina direttamente, crea dalla mescolanza di diverse culture una propria autonoma identità, ricca di storia e di aneddoti, distintisi nella figura propria dei “Portonovesi”.
"Un campanile svetta là a indicare la più lontana frazione di Medicina; tutt’attorno campi coltivati che si estendono e si perdono nella pianura. Portonovo, una frazione che ha preso l’attuale aspetto nel settecento e ancora oggi presenta gli edifici realizzati per coloro che lavoravano la terra, case, una chiesa, grandi granai, magazzini, e quanto necessario a una comunità che, con la bonifica dei terreni paludosi, si stava estendendo. Vi sono varie notizie storiche della frazione, dall’origine del nome, alla Partecipanza di Medicina, alle Assicurazioni Generali, ma oltre a queste ce ne è una, completamente sconosciuta, che collega la frazione e in particolare il campanile della Chiesa di S. Croce e S. Michele, con la formazione dello Stato italiano. Ma andiamo per ordine. Abbiamo appena festeggiato i 150 anni dalla nascita dello Stato italiano nel 1861. Da tale data lo Stato si è dotato nel tempo, attraverso un lungo processo, di una propria struttura e organizzazione fino ad arrivare, nel bene o nel male a quella che oggi vediamo. Prima dell’Unità il territorio italiano era diviso prima in nove, poi in sette staterelli, ognuno con un sua struttura, ordinamento, leggi, moneta, dazi, gabelle e catasti. Esigenza primaria del nuovo Stato fu quella di eliminare tale frammentazione e tra gli interventi messi in cantiere vi fu anche quello di riordino del sistema catastale, necessario - allora come oggi - per l’imposizione fiscale sugli immobili. Al momento dell’unificazione vi erano ben 24 tipi diversi di catasto, ciascuno con una propria specificità. Dopo vari interventi, per porre rimedio a tale disomogeneità, nel 1886 venne emanata un’apposita legge, che prese il nome del senatore Messedaglia, che costituiva il Catasto Unico Italiano. Ma cosa c’entra Portonovo? C’entra e come, ancora un attimo di pazienza. Con tale legge inizia un lungo processo che porta a unificare il sistema catastale italiano. Viene costituita una nuova cartografia per rappresentare il territorio nazionale con tutte le proprietà e gli elementi necessari ai fini fiscali. Per procedere ai rilievi, l’intero territorio italiano venne suddiviso in varie zone di cui 23 di grande estensione e per ognuna di esse venne individuato un “punto origine” a cui ogni zona veniva collegata. A lavoro completato tutte le zone rilevate avrebbero rappresentato, con circa 310.000 mappe, l’intero territorio italiano. Arriviamo a Portonovo, anzi al campanile della Chiesa di Portonovo, che in questa immane operazione era il “punto origine” di una vasta zona la n. 8, che comprendeva i territori provinciali di Bologna, Ravenna, Ferrara, Rovigo, Forlì, che allora comprendeva anche Rimini. Tutte le mappe catastali che rappresentavano il territorio di tali province avevano come punto di origine e quindi come riferimento il campanile di Portonovo. Va a questo punto chiarito che eseguire una cartografia di un territorio è disegnare su un foglio bianco strade, fabbricati, terreni e tutte quelle miriadi di linee di confine delle proprietà. Oggi ci sono i computer e i satelliti che fanno tutto, basta programmarli; all’epoca in cui ci riferiamo il foglio bianco veniva riempito in base a misure prese direttamente sul posto da tante squadre di tecnici e collaboratori, sparsi su tutto il territorio, muniti di quegli enormi e complicati strumenti di ottone che oggi troviamo nei negozi di antiquariato. Le misurazioni venivano prese sempre con riferimento al “punto origine” e con tale riferimento restituiti sulla carta e Portonovo era un punto origine. Pensiamo dunque al periodo successivo al 1886: varie squadre di rilevatori partivano da Portonovo e attraverso complesse operazioni di topografia impostavano una rete di punti secondari (trigonometrici catastali) in genere costituiti da punti visibili come i campanili, le torri, le altane, i comignoli, da cui poi misurare più piccole porzioni di territorio. Le mappe catastali originarie sono entrate in vigore circa negli anni dal 1914 al 1922 e sono rimaste valide fino a circa il 1968, poi sostituite sia in seguito agli aggiornamenti, sia come sistema di rappresentazione. Le originarie mappe catastali, eseguite a mano e colorate in tenui colori pastello a indicare i fiumi e gli edifici, sono ora conservate presso l’Archivio di Stato e ognuna di esse, lungo i bordi, reca una serie di tacche, dei numeri e il nome di una località. I numeri indicano le due distanze, verso nord e verso est, dalla località indicata. Le mappe delle Province di Bologna, Ravenna, Ferrara, Rovigo, Forlì accanto a tali numeri recano il nome di Portonovo a cui erano riferite. Oggi le mappe catastali fanno riferimento a un unico punto origine per l’intero territorio nazionale: il vertice dell’Osservatorio di Monte Mario a Roma e questo rappresenta, in grande, quello che il campanile della Chiesa di Portonovo rappresentava per un territorio di minore estensione ma comunque importante nella formazione dello Stato italiano. Ora che è finito il racconto di una piccola storia sconosciuta, una raccomandazione: alle prossime scadenze per il pagamento delle tanto deprecate imposte, non pensate male di Portonovo!" (Testo tratto da "Portonovo al centro del Mondo" di Giuseppe Martelli, in ""Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 10, dicembre 2012).
In collaborazione con Pro Loco Medicina e Comune di Medicina.