Schede
"Il salice simbolico è quello ornamentale, comunemente piantato presso i sepolcri o sulle rive dei ruscelli e dei laghetti artificiali, detto piangente o davidico o di Babilonia: albero di scarsa utilità, sì bene di somma efficacia pittorica, inchinandosi esso con i suoi rami flessibilissimi, con le sue lunghe e pallide fronde, come per effondere le lacrime della natura. Si spiega anagogicamente questo suo atteggiamento del pianto, perché dal giorno in cui i suoi rami servirono, in mano ai giudei, a flagellare il Signore, egli non può più elevarli al cielo. Ricorda Ofelia specchiantesi nell'acque; ricorda Desdemona che nel triste presagio della morte imminente gli chiede un serto per le sue chiome; e come le infelici creature di Shakespeare, come Alfredo De Musset invocava dai "cari amici", tutte le anime doloranti vedono espressa nella forma materiale della pianta gentile l'emblema della melanconia e del pianto. Il buon Ripa designa il salice come uno dei simboli della carestia, perché pianta sterile; e gli antichi credevano infatti che una donna potesse divenire volontariamente infeconda mangiando semi di salice. Nel Giappone, invece, esso è l'albero che più degli altri si mescola alla vita degli uomini. Mille leggende nacquero da esso, suggerite forse dal gesto speciale delle sue braccia, dalle muscolature del suo corpo, dalla sua capigliatura lunga che scende. I fantasmi nella immaginazione giapponese hanno sempre la chioma disciolta. Dal salice uscivano apparizioni che potevano prender corpo e farsi credere uomini (Barzini). Per questo il salice è ancora perseguito da una reputazione paurosa, che tarda a dissiparsi."
Testo tratto da: Giovanni Cairo, "Dizionario ragionato dei simboli", Ulrico Hoepli, Milano, 1922 (febbraio 2022). Per approfondire il tema della simbologia funeraria ottocentescacliccare qui.