Note sintetiche
Scheda
Roberto Roveda, da Umberto ed Elena Avoni; nato l’11 settembre 1922 a Bondeno (FE). Nel 1943 residente a Bologna. Licenza liceale. Studente nella facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università di Bologna.
Prestò servizio militare in Jugoslavia e in Italia dal 15 gennaio 1942 all'8 settembre 1943 come allievo ufficiale di complemento.
Dopo aver aderito al fascismo «con tutto l'entusiasmo della giovinezza» militando nelle fila della GIL, passò gradualmente all'avversione per il regime per una molteplicità di fattori. Determinanti furono l'antifascismo della madre e della sorella Rosalia; l'arroganza e la brutalità dei fascisti; «la loro diffidenza verso la cultura»; la discriminazione razziale; l'istintiva avversione per i tedeschi inculcatagli dal padre; i colloqui con gli studenti iugoslavi durante la sua permanenza a Bocche di Cattaro dove prestava servizio militare.
Nel febbraio 1943 rientrò a Bologna per sostenere gli esami di licenza liceale. Successivamente fu inviato a Pesaro per il corso di allievo ufficiale di complemento.
L'8 settembre 1943 era di stanza a Porcari (Lucca). Dopo la defezione dei comandanti del reparto, i giovani ufficiali decisero di resistere, in attesa dell'arrivo degli alleati, evitando di entrare in conflitto con i tedeschi, decisione subito dopo abbandonata per la mancanza di viveri e di rifornimenti.
Rientrato a Bologna, non rispose alla chiamata alle armi della RSI, rimanendo nascosto in famiglia. Tramite Luciano Romagnoli entrò in contatto con il movimento resistenziale e con il FdG nel quale, a partire dal giugno 1944, rappresentò la DC. Tramite la sorella Rosalia partecipò alle riunioni in San Giovanni in Monte organizzate da mons. Emilio Faggioli entrando a far parte del ristretto gruppo dei cattolici fra cui Achille Ardigò, Angelo Salizzoni, Egisto Franco Pecci, Fulvio Milani «che m'insegnò a conoscere ed amare la democrazia», e che nel giugno darà vita alla DC bolognese.
Fu incaricato di organizzare un reparto armato da lui denominato Stelle verdi. Con l'aiuto di Ardigò, Pecci, p. Antonio Maria Beati, don Giulio Salmi, incominciò a reclutare ex rastrellati fuggiti dalle Caserme rosse e con l'apporto di Annunzio Gandolfi e a Gian Luigi Zambonelli a reperire armi.
Il battaglione, inquadrato nella 6a brigata Giacomo di cui divenne commissario politico, fu inviato per ordine del CUMER, nell'ottobre 1944 all'Osservatorio di Monte Capra per ricevere un lancio alleato, per altro mai arrivato.
Il 10 ottobre 1944 stava rientrando alla base con Giovanni Pellicciari quando fu rastrellato dai tedeschi. Rinchiusi in una villa in attesa di essere trasferiti a Fossoli (Carpi - MO) riuscì a fuggire e a rientrare a Bologna. Pur consapevole delle difficoltà dovute «alla mancanza di un prestigio personale per la sua giovane età», e proprie al mondo cattolico - rifiuto di ogni forma di violenza; «diffidenza verso i cattolici non militanti» - accettò il comando del battaglione. Con Pecci trafugò da una caserma della GNR carta intestata, tessere e porto d'armi. Il padre di Mario Cennamo gli fornì un timbro; altri furono falsificati. Si potè così consegnare a molte persone attestati falsi. L'attività proseguì finché Cennamo, trascurando le «necessarie precauzioni», consegnò ad una spia un documento falsificato che causò e l'arresto suo, di Ettore Bagni, di Pecci, nonché la perquisizione del collegio San Luigi da parte della GNR da dove erano stati portati via armi e documenti per un intervento preventivo del padre di Cennamo. Nonostante la maggiore vigilanza dei fascisti, l'attività sia pure rallentata proseguì.
Il 21 aprile 1945 il suo battaglione fu designato a presidiare porta Mascarella. Insieme con Aldo Cucchi riuscì a limitare «le inevitabili rese dei conti».
Riconosciuto partigiano nella 6a brigata Giacomo con il grado di tenente dall'1 agosto 1944 alla Liberazione. [AQ] Testimonianza in RB3.