Note sintetiche
Onorificenze
Croce di Guerra al Valor Militare
«Comandante di battaglione mitraglieri, in zona sottoposta ad intense, incessanti azioni di fuoco del nemico, infondeva nell'animo dei propri uomini, con l'esempio personale, altissimo spirito combattivo, sfidando pericoli e sottoponendosi a continui disagi, sì da stimolarli al massimo rendimento nelle azioni di guerra svoltesi. Durante violento bombardamento del nemico, che aveva causato la distruzione di un centro di resistenza del battaglione e la perdita di uomini e materiali, con sommo sprezzo del pericolo accorreva sul posto per riorganizzare la difesa, rimanendo nella linea fino al termine dell'azione avversaria. Magnifica figura di capo, di organizzatore, di animatore e di combattente. Esempio di calma, serenità e sprezzo del pericolo»
— Gallabat - Metemma, 3 dicembre 1940 - 29 gennaio 1941
Scheda
Carlo Alberto Pasolini dall'Onda, nato a Bologna il 26 giugno 1892 e morto a Roma il 19 dicembre 1958, fu il padre del poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini.
Pasolini era un tenente di stanza a Conegliano (TV) presso il 56° reggimento di fanteria che, durante i festeggiamenti per l'inaugurazione del Littoriale (attuale stadio Dall'Ara) da parte del Duce in visita a Bologna, era incaricato alla sicurezza nella zona dell'incrocio Rizzoli/Indipendenza.
Proprio durante la svolta del corteo verso via Indipendenza si verificò un attentato con arma da fuoco ai danni di Mussolini.
Nelle indagini che seguirono e che evidenziarono inizialmente molte divergenze sull’identità dell’attentatore fu ascoltato, la sera stessa, Carlo Alberto Pasolini, che dichiarò: “L’automobile presidenziale, giunta allo svolto di via Rizzoli-via Indipendenza rallentò la velocità e il sottoscritto ebbe l’impressione che fosse quasi ferma. In questo stesso momento vide un braccio allungarsi sopra la sua spalla sinistra ed udì un colpo d’arma da fuoco e vide la fiammata. Afferrò immediatamente il braccio stringendolo fra le sue mani facendo volgere l’arma impugnata verso terra ed impedendo che l’attentatore continuasse a sparare. In suo aiuto giunse subito il Rag. Vallesi [recte, Vallisi] che, afferrata la mano dello sparatore, gli strappò l’arma mentre due commissari di PS, Ufficiali della MVSN ed un maresciallo dei RRCC strappavano dalle mani del sottoscritto l’attentatore trascinandolo verso il Bar Centrale” (Archivio Centrale dello Stato, Roma, Tribunale speciale per la difesa dello Stato, b. 185, vol. III).
Il giovane anarchico Anteo Zamboni, riconosciuto come l'attentatore, venne poi linciato a calci e coltellate dalla scorta fascista.
Nel corso della seconda guerra mondiale fu rinchiuso in un campo di prigionia inglese in Kenya dal 1941 alla fine del conflitto.
Tornato in Italia con il grado di colonnello ebbe problemi di alcolismo e paranoie, che gli resero sempre più difficile la vita familiare, specialmente nei rapporti con il figlio Pier Paolo che dal 1947 si era iscritto al Partito Comunista Italiano.
Nel 1951 si ricongiunse con i familiari a Roma, dove morì alla fine del 1958