Note sintetiche
Onorificenze
Medaglia d'Oro al Valor Militare
Comandante di un plotone di fucilieri, si distingueva in numerosi combattimenti per l'ardire e l'entusiasmo che trasfondeva nei propri granatieri, guidandoli alla lotta. Durante un violentissimo attacco condotto da preponderanti forze nemiche, si prodigava incessantemente per incitare i suoi uomini al combattimento, portandosi con eroico ardire ove più ferveva la mischia. Mentre aiutava due granatieri feriti a recarsi in luogo più coperto, veniva colpito gravemente al viso da una raffica di mitragliatrice. Invitato dal comandante la compagnia a portarsi al posto di medicazione fieramente rispondeva che, poiché l'avversario incalzava, suo dovere era di rimanere fra i propri uomini. Partecipava quindi, di nuovo, valorosamente alla lotta, lanciando bombe a mano contro il nemico in forze giunto a distanza d'assalto. Una fucilata gli faceva esplodere una bomba nella mano destra, asportandogli l'arto. Mutilato nel corpo, ma saldo d'animo, lanciava a più riprese ai suoi granatieri il grido di fede e di lotta: 'Viva l'Italia', fino a quando, per la grande perdita di sangue, si accasciava al suolo».
Sella Policani 20-30 novembre; Seshi i Mali 14 dicembre 1940
Scheda
Luigi Missoni, da Antonio e Paola Missoni; nato nel 1915 a Ragusa in Dalmazia (Jugoslavia). Nel 1943 domiciliato a Bologna. Ragioniere. Tenente dei granatieri. Monarchico.
Uscito con il grado di sottotenente dalla scuola militare di Modena nel 1939. fu destinato al fronte albanese nel 1940. In uno scontro avvenuto il 14 dicembre 1940 a Shesh i Mali perse il braccio sinistro; venne decorato di medaglia d'oro al valor militare, promosso tenente e congedato.
Si trasferì a Bologna dove intraprese attività pubblicistica, con libri e articoli per giornali.
Alla caduta del fascismo prese parte alle manifestazioni popolari. "il Resto del Carlino" del 27 luglio 1943 ha scritto che «in via Manzoni (presso l'ex casa del fascio, ndr), ad un raggruppamento di popolo, riconosciuto dalla cittadinanza e invitato a parlare, ha detto parole di fierezza e di esortazione all'ordine, invitando i bolognesi a stringersi attorno a Casa Savoia».
Per questo motivo, all'indomani dell'8 settembre 1943 venne arrestato e associato alle carceri di San Giovanni in Monte (Bologna). Quando, il 26 gennaio 1944, il federale fascista di Bologna Eugenio Facchini venne giustiziato dai partigiani, fu scelto con altri 9 antifascisti e giudicato sommariamente da un sedicente Tribunale speciale.
Venne condannato a morte unitamente ad Alfredo Bartolini, Romeo Bartolini, Alessandro Bianconcini, Silvio Bonfigli, Cesare Budini, Ezio Cesarini , Francesco D'Agostino e Zosimo Marinelli. Sante Contoli ebbe 30 anni di reclusione.
La condanna inappellabile fu così motivata: «Per aver dal 25 luglio 1943 in poi, in territorio del comando militare regionale, con scritti e parole, con particolari atteggiamenti consapevoli e volontarie omissioni e con atti idonei ad eccitare gli animi, alimentato di conseguenza l'atmosfera del disordine e della rivolta e determinato gli autori materiali dell'omicidio a compiere il delitto allo scopo di sopprimere nella persona del Caduto il difensore della causa che si combatte per l'indipendenza e per l'unità della patria». Fu pure giudicato colpevole di avere tradito, come ufficiale, «il giuramento di fede prestato all'idea e al Duce» per cui subì la «rimozione dal grado militare e dall'impiego».
Poche ore prima dell'esecuzione della condanna a morte, la pena fu commutata in 30 anni di reclusione.
Internato nel carcere di Castelfranco Emilia (MO), venne ferito gravemente il 17 dicembre 1944 durante il bombardamento aereo e morì il 27 dicembre 1944.
Ha pubblicato: L'Italia ritorna in Dalmazia, Cappelli, Bologna, 1942. [AR-O]