Scheda
Giovan Maria Damiani nacque a Piacenza - allora parte del Ducato di Parma - il 5 ottobre 1832. Nel 1848, a sedici anni non ancora compiuti, abbandonò la città natale per arruolarsi come volontario nell'esercito piemontese: prese parte ai combattimenti di Sona, Sommacampagna, Custoza e successivamente alla battaglia di Novara, dove cadde il fratello maggiore e compagno d'arme Sigismondo. Conclusasi nel 1849 la prima Guerra di Indipendenza, non avendo ancora compiuto i diciotto anni, Damiani venne congedato e tornò a Piacenza, ma essendo ormai sorvegliato dalla polizia, decise di emigrare in Turchia, dove si dette al commercio, viaggiando attraverso l’Impero ottomano. Nel 1853 da Costantinopoli arrivò a Londra, dove prese contatti con Mazzini, e fu mandato in Italia per promuovere l'insurrezione; il tentativo però fallì e Damiani fuggì di nuovo a Londra. Prima di abbandonare l'Italia, però, sfidò il governo ducale e a Piacenza, il 15 agosto 1853, riuscì nell’impresa di fare sventolare una bandiera tricolore nella piazza più centrale della città. Successivamente prese di nuovo la via dell'Oriente e si recò in Egitto, dove era presente una numerosa colonia di emigrati politici italiani, commerciando proficuamente in cavalli e pietre preziose. Nel 1858 seguì Felice Orsini a Parigi, e si coinvolse nel fallito attentato a Napoleone III, fuggendo poi nuovamente in Inghilterra. Nel 1859, quando la guerra contro l’Austria era ormai imminente, Damiani tornò in Italia, con un ardito colpo di mano entrò nel Ducato di Parma e riuscì a portare in Piemonte il fratello minore Pietro, che era stato arruolato a forza nell’esercito ducale.
A Torino, dove si era offerto per combattere come volontario, venne inizialmente arrestato in quanto mazziniano, poi però poté arruolarsi con Garibaldi ed entrò nelle Guide, un corpo scelto di cavalleria. Il 26 luglio 1859 venne promosso brigadiere per essersi distinto nel combattimento dello Stelvio. Conclusasi la seconda Guerra di Indipendenza, seguì Garibaldi nelle Romagne, entrò nell’esercito che vi si era costituito – la cosiddetta Lega militare – ed ebbe l’incarico di organizzare un corpo di Guide. Nel marzo del 1860 venne proclamata l’annessione dell’Emilia-Romagna al Regno di Sardegna, e Damiani lasciò l’esercito. Fu uno dei Mille che il 5 maggio 1860 partirono da Quarto insieme a Garibaldi per liberare l’Italia meridionale. A Calatafimi, in Sicilia, ebbe luogo la prima battaglia, e Damiani, sottotenente delle Guide, riuscì a recuperare una bandiera garibaldina, che era caduta nelle mani del nemico; l’impresa, grazie alla quale venne promosso luogotenente, venne così immortalata da Giuseppe Cesare Abba: “Veggo sovente quel Damiani che, che fossi scultore, getterei in bronzo, lui e il suo cavallo, alti, piombati sopra un viluppo di teste e di braccia, quali mi rimase impresso a Calatafimi nel momento della bandiera…”.
Ebbe ancora modo di distinguersi a Palermo, dove fu uno dei primi garibaldini ad entrare nella città bombardata, e al Volturno (1 ottobre 1860) dove, mettendosi alla testa di un gruppo di volontari, riuscì ad espugnare una postazione borbonica, riaprendo le comunicazioni con Santa Maria e Sant’Angelo, e guadagnando per questa impresa la Croce di Savoia al valor militare. Dopo la liberazione del Mezzogiorno entrò nell’esercito regolare italiano. Quando nel 1862 Garibaldi organizzò la spedizione per Roma conclusasi tragicamente ad Aspromonte, Damiani tentò di unirsi a lui ma fu fermato a Napoli: diede allora le dimissioni. Anche il fratello Pietro, che per seguire Garibaldi aveva disertato dall’esercito regolare, fu condannato e morì poco dopo in carcere. Uscito dall’esercito, Damiani si mise in affari ma con poca fortuna, dimorando per qualche tempo a Napoli. Nel 1866, allo scoppio della terza Guerra di Indipendenza, si arruolò di nuovo con Garibaldi come volontario, e venne nominato comandante in seconda delle Guide. Nella battaglia di Bezzecca, quando i volontari in rotta minacciavano di travolgere il loro stesso comandante, Damiani dette “bella prova del suo antico valore sciabolando i vili e difendendo Garibaldi”, e per questo episodio fu insignito di un’altra medaglia al valor militare. Nel 1867 partì di nuovo come volontario nella campagna garibaldina dell’Agro romano. Si stabilì infine a Bologna, dove venne nominato Economo dell’Università, incarico che svolse per una quarantina d’anni.
Nell’ultimo periodo della sua vita riprese i contatti con gli antichi compagni superstiti e, anche al fine di mantenerne la memoria, ogni anno compilava e dava alle stampe l’elenco dei Mille che erano ancora in vita. Nel 1908, provato dalla malattia, si suicidò e dopo la cremazione fu sepolto in quella che ormai era la sua patria adottiva, nel cimitero della Certosa. Di Damiani il Museo del Risorgimento di Bologna conserva un intenso ritratto del 1872, opera di Antonio Puccinelli che, nell’espressione al tempo stesso fiera e malinconica del volto, sembra avere colto pienamente “il pensiero intimo e il senso recondito”, di questo protagonista del Risorgimento.
Otello Sangiorgi