Note sintetiche
Scheda
"Arrigo Brini, “Volpe”, da Giuseppe e Giuseppina Basoli; nato il 26 marzo 1925 a Medicina; ivi residente nel 1943. Meccanico. Militò nella 7a brg GAP Gianni Garibaldi.
Partecipò alle battaglie di porta Lame e della Bolognina.
In quest'ultima restò gravemente ferito. Ricoverato nella cosiddetta “infermeria” della 7a brg GAP ove furono raccolti i partigiani feriti nelle battaglie di porta Lame e della Bolognina, venne sorpreso assieme ad altri 12 compagni da militi fascisti (avvertiti da una delatrice), e trascinato con gli altri alla fucilazione eseguita il 13 dicembre 1944.
Riconosciuto partigiano dal 10 novembre 1943 al 13 dicembre 1944." [AR]
Da qualche tempo la famiglia non aveva notizie di Arrigo né lui le faceva pervenire. Si sapeva solo che lavorava in fabbrica a Bologna e, da un certo punto in poi, che era partigiano e che i partigiani dovevano praticare le severe regole della clandestinità. Operaio specializzato della SASIB era spesso assente dal lavoro. Poi arrivò a fine 1944, portata da un soddisfatto “fascistone” (termine contenuto nella testimonianza di una vicina di casa del ragazzo), quella tremenda notizia che Arrigo era stato fucilato in città. Metalmeccanico all'inizio dei suoi 16 anni di età, fine della vita quando ne aveva appena 19 davanti al plotone di esecuzione della brigata nera repubblichina, con altri dodici compagni, al Poligono di Tiro a Segno di via Agucchi, nel rione Santa Viola. Così Arrigo Brini, combattente della 7ª Brigata GAP, distaccamento di Medicina, “Volpe” il suo nome di battaglia. E “Volpe” è il titolo del volumetto a cura del nipote Arrigo Sarti (Fondazione Medicina Democratica, 2014, pagg. 72), recante in copertina la sua foto-tessera con ad entrambi i lati lo stemma del Comune ed il simbolo dell'ANPI sezione locale.
Una “singolare memoria”, l'ha definita Renato Romagnoli a sua volta gappista col nome di battaglia “Italiano”, all'epoca diciottenne, Medaglia d'Argento al Valor Militare, nello scritto di apertura, per l'insieme dei materiali ivi contenuti, in primis le fotografie familiari, le tre testimonianze venate dal dialetto che tutt’ora in campagna, specie da parte degli anziani, ancora si usa.
Romagnoli, quand'era ancora presidente dell'ANPI provinciale, ha inoltre parlato di “Volpe” presentando la pubblicazione tempo addietro a Medicina, e in tale circostanza non nascose la commozione per avere avuto il coetaneo gappista compagno di lotta, fianco a fianco, nelle cruciali battaglie contro i nazifascisti del 7 novembre 1944 a Porta Lame e del successivo giorno 15 alla Bolognina. Ed aggiungendo: “Io figlio unico mi sento tutt'ora suo fratello, al pari di quanti, come lui, perdemmo sul cammino per la rinascita dell'Italia”. Chi era Arrigo? Di famiglia numerosa abitante in via del Piano nella campagna chiamata “Pagliota” a nord di Medicina, genitori e sei figli (tre maschi, altrettante femmine) di cui Arrigo era il quarto ad essere venuto al mondo. Il padre era “guardiano” in una grande azienda agricola, uso perciò a controllare con taglio severo il lavoro dei braccianti e delle mondine per conto della proprietà. La qual cosa ad Arrigo non piaceva, così come non apprezzava la durezza del suo tono autoritario nell'ambito familiare.
Al termine della quinta classe elementare l'adolescente ha dovuto assoggettarsi al lavoro in agricoltura, stagionale per tutti, donne e uomini. Condizione che non gradiva affatto. Da qui, pochi anni dopo, la ricerca di un'occupazione soddisfacente. Non fu difficile trovarla, visto che ai suoi sedici anni l'Italia era già in guerra, di manodopera nelle fabbriche vi era necessità per la produzione bellica e la maggiore parte degli uomini era sotto le armi. Al pari di tanti coetanei medicinesi divenne pendolare da casa a Bologna. Approdò alla SASIB di fronte all’Arcoveggio, una delle più importanti realtà industriali dell’epoca, nonché una delle fucine dell’antifascismo e, dopo l'8 settembre 1943, della Resistenza. Anche per Arrigo la fabbrica ed il rapporto con operai di solida militanza politica sono stati una scuola di formazione oltre che professionale ed umana, politica e patriottica. Breve, di conseguenza, il passo verso il gruppo gappista medicinese con base nella frazione di Villa Fontana. Tra le molte altre, una importante azione alla quale anch'egli partecipò fu quella del 10 settembre 1944 (definita “insurrezione popolare”) a Medicina, di cui tanto si è parlato in testi storici e testimonianze.
Ed ancora a Bologna a Porta Lame (dove tra i dodici caduti vi fu Ercole Della Valle “Bridge”, anni 17, di Villa Fontana); alla Bolognina (tra i caduti anche il medicinese Gino Comastri “Rolando”, anni 23). Di quest'ultimo il posto, proprio in quei giorni, venne preso nella 7ª GAP dal fratello Rossano, 19 anni, che assunse a sua volta il nome di battaglia “Rolando”. I genitori di entrambi gestivano una osteria nella parte alta di Piazza Garibaldi a Medicina. Durante il citato combattimento della Bolognina Arrigo riportò gravi lesioni al viso e ad un braccio. Nel corso dello sganciamento i suoi compagni, varcando l'accerchiamento del nemico, lo portarono in salvo. Fu ricoverato nell'infermeria clandestina organizzata dal servizio sanitario della Resistenza nella villetta Romiti di via Duca d’Aosta n.77, dove erano degenti altri quattordici partigiani, principalmente feriti a Porta Lame e alla Bolognina. Era dotata di una minuscola ma assai efficiente saletta operatoria. Ma le sapienti cure dei medici e degli infermieri che si avvicendavano dai rispettivi ospedali in cui lavoravano normalmente e che nel tempo avevano ridato la salute a numerosi partigiani, non poterono continuare.
Ventun giorni dopo, il 9 dicembre, per una spiata, l'infermeria venne scoperta dai fascisti, i degenti e con loro un ufficiale medico austriaco della aviazione militare tedesca Luftwaffe che aveva disertato, furono brutalmente trascinati alla caserma di via Magarotti (oggi via dei Bersaglieri), sottoposti per cinque giorni a torture ed il giorno 13 dello stesso mese assassinati. I loro nomi fanno parte del doloroso elenco dei 270 fucilati al Poligono. Dopo la Liberazione all'interno della SASIB venne murata una lapide di marmo, voluta dalle maestranze e dalla direzione dello stabilimento con i nomi di sette operai, compreso quello di Arrigo Brini, lapide oggi trasferita nell’attuale sede della SASIB a Castelmaggiore. Si legge nell'epigrafe: “… a perenne e severo monito per chi intende anteporre l'arbitrio alla giustizia, la violenza alla libertà, la fazione alla Patria, e come incitamento ed auspicio a meglio operare in concordia di intenti per il benessere del popolo e la prosperità della nazione”.
Antonio Sciolino
Testo tratto da "Brodo di serpe - Miscellanea di cose medicinesi", Associazione Pro Loco Medicina, n. 14, ottobre 2016.
E' ricordato nel Sacrario di Piazza Nettuno.