Scheda
Paolo Bovi o Bovi Campeggi (come viene chiamato in alcuni documenti) nacque a Bologna in una famiglia della borghesia che aveva aderito alle istituzioni napoleoniche. Studente universitario, si implicò da subito nell'attività cospirativa e subì per qualche tempo il carcere. Laureatosi nel 1837 in filosofia e matematica, esercitò la professione di "agrimensore" e "architetto civile ed idraulico" prima presso uno studio e poi per conto proprio.
Nel 1848 partecipò come volontario alla prima Guerra di Indipendenza, dapprima nei Cacciatori dell'Alto Reno al comando di Livio Zambeccari, poi come maresciallo d'alloggio nell'artiglieria civica, prendendo parte alla difesa di Vicenza. Rientrato in patria per breve tempo, nel 1849 partecipò alla difesa di Roma come sottotenente d'artiglieria, distinguendosi come eccellente tiratore al comando di una batteria alla sinistra di Porta San Pancrazio. Il 27 giugno, durante un bombardamento francese, "una palla di cannone lo colpì e gli portò via la mano destra. Il Bovi, con meraviglioso sangue freddo, impugnata la sciabola con la sinistra e fasciato il moncherino con il fazzoletto, lo legò strettamente con la dragona e non volle lasciarsi portare all'ambulanza: vi andò solo più tardi, quando fu una seconda volta ferito. Fu promosso capitano e gli fu conferita una medaglia d'oro". Dopo la caduta di Roma seguì Garibaldi nella sua ritirata, e fu uno dei pochi ad essere al suo fianco a Tangeri e negli Stati Uniti.
Nel 1851 tornò in patria; il restaurato governo pontificio l'aveva retrocesso dal grado e poi messo in congedo, così Bovi preferì emigrare: dal 1852 al 1858 fu a Cagliari, lavorando come ingegnere nelle saline. Fu ancora al fianco di Garibaldi nella seconda Guerra di Indipendenza (1859) come addetto allo stato maggiore; a causa della menomazione non poteva partecipare direttamente ai combattimenti, ma si occupò dell'approvvigionamento delle truppe, meritando gli elogi del generale Enrico Cosenz. Intimo di Garibaldi, fu tra i primi a sapere della progettata spedizione in Italia meridionale, così "si trovò pronto a partire coi Mille". Anche in quella campagna si occupò prevalentemente del non facile compito del vettovagliamento dei volontari, come commissario dell'intendenza: per il suo lodevole comportamento fu decorato con croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia. Terminata la campagna con il grado di luogotenente colonnello, passò all'esercito regolare con lo stesso grado. Dopo l'Unificazione, Bovi si occupò tra l'altro di problemi amministrativi e politici di Bologna, pubblicando diversi opuscoli. Nel 1866 chiese e ottenne l'aspettativa per tornare al fianco di Garibaldi nella terza Guerra di Indipendenza, svolgendo l'incarico di addetto al quartier generale. Nell'ottobre 1867 suo figlio Giovanni, che con il padre aveva partecipato alla campagne garibaldine del 1860 e del 1866, cadde combattendo a Monterotondo durante la campagna dell'Agro romano, alla quale il padre, come ufficiale dell'esercito, non aveva potuto prendere parte. Nel gennaio 1868 chiese e ottenne di essere collocato a riposo e condusse vita ritirata fino alla morte. In via Belle Arti 6 è posta una lapide che lo ricorda, e gli é dedicata una via fuori porta Lame. Riposa nella tomba di famiglia collocata nel Loggiato delle Tombe nella Certosa di Bologna.
Otello Sangiorgi
Così viene segnalata la sua morte ne L'Ancora - Anno VII n. 221 – 1 ottobre 1874: Ieri l’altro sera fra le 5 ½ e le 6 pomeridiane un trasporto funebre accompagnato dal clero attraversava le vie principali della città. Era la salma d’uno dei mille di Marsala, del colonnello sig. Paolo Bovi, che dall’ultima sua abitazione in via Larga di San Martino veniva accompagnato fino alla porta Sant’Isaia da pochi suoi amici, da una rappresentanza dei vari corpi della guarnigione e da due compagnie di linea con musica. Il Bovi lo desumiamo dalle necrologie pubblicate dai giornali cittadini, avea poco più di 60 anni, fece gli studi di matematica nell’Università di Bologna sua patria; nel 1832 venne imprigionato e processato per motivi politici, ma venne poco dopo rimesso in libertà; dal 1848 al 1866 prese parte a tutte le guerre combattute in Italia, in una delle quali, quella di Roma nel 1849, comandando egli l’artiglieria a porta S. Pancrazio da una palla francese venegli troncata la mano destra.