Scheda
Gli Atti ne registrano con continuità la presenza in Accademia a partire dal 1808: spiccatissimo è il carattere dell'opera con la quale, proprio in quell'anno, esordisce, aggiudicandosi il premio curlandese con un tema di forte emblematicità, se non di altrettanta concatenazione drammatica (Saffo si getta dalla rupe). Il Barbieri vi appare trascinato dalla 'allure' eroica che la pittura bolognese prende in quel tempo, coinvolgendovi, come pare, lo stesso Gaetano Tambroni, dalle fonti indicato concordemente come suo maestro, anch'egli molto controllato, se non esplicitamente ammonitorio ed esemplare, nei paesini della sala di Enea in Palazzo Aldini, accanto al Palagi. Ma si può pensare che il Barbieri mutasse presto registro, se negli anni subito successivi lo vediamo disertare il paese storico per dedicarsi ai suoi prediletti paesaggi, di veduta o di invenzione, che negli elenchi allegati agli atti accademici non hanno altro titolo se non quello di paese, né quasi mai maggiori specificazioni di luogo. Mutamenti potranno, al più, suggerire i diversi generi, il mare, la tempesta, la campagna, la veduta urbana, nei quali si esercita con assiduità."Artista facile, sicuro, vivace" appare a Salvatore Muzzi nel '35 (Gazzetta di Bologna, 23 maggio).
Ma già l'anno dopo, nel giudizio del Gualandi si coglie una pesante riserva: "Seguace della buona Scuola, per cui la nostra città primeggia sulle altre italiane di paesaggio, il nostro Artista merita certamente lode di operoso". Da tempo era accademico d'onore a Bologna; nel '35 ebbe lo stesso titolo dall'Accademia di Parma: e perl'occasione donò due paesini con le Vedute di Villa Aldini e di S. Michele in Bosco (Galleria Nazionale), datati rispettivamente 1832 e 1833, che bene ne rappresentano il calibro modesto, di garbato ma monotono e poi per sempre ripetitivo vedutista arcadico. E' il tono immutato dei molti quadretti che si conservano in Comune o alla Cassa di Risparmio, più spesso ispirati all'esempio di Claude, con concorde attitudine e con fare costantemente applicato. Qualche paesaggio mitologico espose di tanto in tanto (così nel 1840 e nel '42), a sostegno di un impegno per il resto molto corrente, e destinato ad una piccola committenza. Nel '43 una veduta 'presso Como' ricorda al recensore londinese di The Art-UNion "the style of Sir A. Calcott, wich is great praise" (The Art-Union, dicembre 1843). Dal '55, veterano infaticabile delle esposizioni, provoca la ripetuta insofferenza del Bellentani. E' del '58 un gruppo di opere che ne compendiano l'intera attività, l'ultima apparizione pubblica. Così suona, con maggiore carità di giudizio, il consuntivo del suo critico: "Giovanni Barbieri... quest'anno pare avere avuto in cuore di compendiare tutta la sua vita artistica, perchè dal suo classico sasso di Euridice fatto in prima gioventù (e che anche una volta si è compiaciuto di esporre) alle ultime sue collinette con tempietti, fiumicelli e ponticelli, corrono appunto que' mille quadri, onde riempì le case dei bolognesi".
Renzo Grandi
Test tratto dal volume "Dall'Accademia al vero – La pittura a Bologna prima e dopo l'Unità d'Italia", Bologna, Grafis, 1983.