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Setaccio (Il)

Novembre 1942 - Maggio 1943

Schede

La rivista «Il Setaccio», pubblicata a Bologna tra il novembre 1942 e il maggio 1943, fino a pochi anni fa non compariva nei principali cataloghi del Servizio Bibliotecario Nazionale, risultando in possesso solo di alcuni archivi pubblici e privati.
Pur essendo una rivista molto rara, era comunque ben nota agli studiosi, dato che Pier Paolo Pasolini, appena ventenne, ne era stato uno dei fondatori e tra i principali redattori. La Biblioteca dell’Archiginnasio nel 2011 ha acquistato sul mercato antiquario cinque numeri della rivista: 1, 3, 4, 5 e 6/7. Una seconda copia del n. 4 è pervenuta in Biblioteca tramite il Fondo Luciano Anceschi. La riproduzione del n. 2, unico mancante nella raccolta dell’Archiginnasio, è stata possibile grazie alla gentile concessione del Centro studi-archivio Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna. In realtà, controllando i Registri di ingresso della Biblioteca è stato possibile verificare che tutti i numeri de «Il Setaccio» furono donati dalla redazione della rivista all'Archiginnasio, tra il dicembre del 1942 e il giugno del 1943 e regolarmente ingressati.

La scheda del catalogo Frati-Sorbelli della Biblioteca dell'Archiginnasio intestata alla rivista «Il Setaccio». La Biblioteca possedeva tutta la raccolta dei sei numeri pubblicati, poi perduti. La scritta a matita che si legge in rosso sulla scheda, smarrita, risale al 1947. La scomparsa dei fascicoli potrebbe far supporre che si sia voluto eliminare una pubblicazione contenente articoli di adesione al Fascismo che potevano creare imbarazzo nel dopoguerra. Ma si tratta solo di una ipotesi.
Nel 40° anniversario della morte di Pasolini, la Biblioteca dell’Archiginnasio mette finalmente a disposizione dei propri lettori la raccolta completa de «Il Setaccio», sino ad ora accessibile solo a pochi specialisti.

Il primo numero, con un disegno di Pasolini sulla copertina, esce nel novembre del 1942 con il sottotitolo Ordine del giorno del Comando federale GIL di Bologna. Politica-letteratura-arte-cinematografo-teatro-musica-radio-sport-notiziario. Dal secondo numero in poi il sottotitolo cambierà in Rivista mensile della GIL bolognese. Politica-letteratura-arte-notiziario. «Il Setaccio» è la rivista ufficiale del Comando federale di Bologna della Gioventù Italiana del Littorio (GIL), l’istituzione creata nel 1937 assorbendo l’Opera Nazionale Balilla (ONB), con il compito di formare e organizzare la gioventù italiana sotto il diretto controllo del Partito Nazionale Fascista (PNF).
A Bologna la GIL disponeva di una sede prestigiosa, appositamente progettata da Luciano Petrucci e inaugurata nel 1939 in piazza XX Settembre, a pochi passi dalla Montagnola. Nel dopoguerra la sede della GIL, in parte danneggiata dai bombardamenti, venne completamente abbattuta.

Direttore della rivista è Giovanni Falzone, consulente Italo Cinti, vice consulente Pier Paolo Pasolini. I redattori sono Fabio Mauri, Mario Ricci e Luigi Vecchi. Dal n. 5 in poi Cinti è indicato come vice direttore, e Pasolini è tra i redattori, insieme a Ricci e a Vecchi. Il simbolo della rivista è il setaccio, "cioè il vaglio, attraverso una fittissima rete, delle intelligenze giovanili", come scrive Falzone nel primo numero.
Giovanni Falzone (1906-1972), direttore della rivista, si iscrive giovanissimo al PNF prima della marcia su Roma. Nel 1932 viene assunto dal Comune di Bologna con la qualifica di distributore, iniziando a lavorare all’Archiginnasio. L’anno dopo viene assegnato alla Biblioteca Popolare, che nel 1928 era stata aggregata alla Biblioteca della Casa del Fascio, presso la Casa del Fascio di via Manzoni n. 4. Nel giugno del 1940 Falzone si laurea in giurisprudenza.
Nel 1941 le due biblioteche, entrambe sotto la responsabilità di Falzone, vengono trasferite presso la sede della GIL, in piazza XX Settembre.
Nella nuova sede Falzone aumenta progressivamente il proprio ruolo politico e culturale all’interno della GIL, divenendo nell'agosto del 1941 responsabile dell’Ufficio 4P (Preparazione Politica Professionale Propaganda). Gli articoli di apertura della rivista firmati da Falzone sono quelli che ci si aspetta da un funzionario fascista responsabile di una rivista della GIL in tempo di guerra, come ad esempio I morti ci comandano (n. 2), impressionante sfoggio di retorica propagandistica, sino a L’eterno nemico (n. 4), un articolo ferocemente antisemita.
Gli articoli di Falzone avevano però anche l’effetto di garantire la linea politica della rivista, che in realtà affrontava quasi esclusivamente argomenti artistici e letterari, con la pubblicazione di disegni, poesie, traduzioni di testi letterari, recensioni librarie, teatrali e cinematografiche.
Nelle pagine finali di ogni numero, dopo l’Albo della gloria che ricordava i caduti della GIL sui vari fronti di guerra, venivano fornite notizie relative all’attività della GIL in Vita dei comandi e Notiziario degli uffici federali.
Italo Cinti, consulente della rivista, nato nel 1898, pittore, scrittore e critico d’arte, oltre a notevoli capacità artistiche e letterarie, aveva specifiche competenze in ambito grafico e di impaginazione, come ricorda Mario Ricci, che ne apprezza anche il ruolo di mediatore dei contrasti che nascevano all’interno della redazione, in particolare tra il direttore Falzone da una parte e Pasolini e i redattori dall'altra.
Italo Cinti aveva già collaborato, insieme a Falzone, a «Giovinezza fascista», una rivista uscita a Bologna tra il 1923 e il 1928, e alla sua continuazione, «L'Italia giovane», pubblicata fino al 1935.
I tre redattori erano giovanissimi: Ricci e Vecchi erano nati nel 1924, Mauri nel 1926. Tra i collaboratori fissi o saltuari vi erano, tra gli altri, Sergio Telmon, Achille Ardigò, Fabio Luca Cavazza, Michelangelo Masciotta e Luciano Serra. Ampio spazio era riservato alle illustrazioni, che riproducevano disegni, oli e acquarelli di Pasolini, Mauri, Cinti, Giovanni Ciangottini, Filippo De Pisis, Pompilio Mandelli e di altri artisti. Tra i collaboratori più giovani spiccava Giovanna Bemporad, che aveva solo 19 anni, ma era già apprezzata per le straordinarie doti di traduttrice.
Pasolini, indicato come vice consulente per i primi quattro numeri de «Il Setaccio», ha un ruolo di primo piano nella redazione, come è testimoniato sia dai ricordi degli altri redattori, in primis Mario Ricci, sia dalle lettere che lo stesso Pasolini invia da Casarsa, in particolare a Fabio Mauri e a Fabio Luca Cavazza, incitandoli a proseguire il lavoro per la preparazione dei numeri della rivista.

Oltre a dodici disegni, di cui alcuni pubblicati sulle copertine (cfr. i n. 1 e 5), Pasolini pubblica su «Il Setaccio» 17 contributi tra riflessioni morali, saggi letterari, di critica d’arte, poesie in italiano e in friuliano:

n. 1, novembre 1942
I giovani, l’attesa
Per una morale pura in Ungaretti
Fantasie di mia madre [poesia]

n. 2, dicembre 1942
Ragionamento sul dolore civile
Fuoco lento. Collezioni letterarie
Dialoghi e figure [tre poesie: Fanciullo e paese; Contrasto della donna e del soldato; Consolazione]

n. 3, gennaio 1943
Cultura italiana e cultura europea a Weimar
Lontano dal paese [poesia]
Personalità di Gentilini

n. 4, febbraio 1943
"Dino" e "Biografia a Ebe"
Le piaghe illuminate

n. 5, marzo 1943
Ultimo discorso sugli intellettuali
Commento a un’antologia di "Lirici nuovi"
Giustificazione per De Angelis

n. 6/7, aprile-maggio 1943
Commento allo scritto del Bresson
Febbraio [poesia]
Una mostra a Udine

Con il n. 6/7 di aprile-maggio 1943, «Il Setaccio» cessa le pubblicazioni.
Sull'ultima copertina compare un ritratto di Mussolini con sullo sfondo un paesaggio africano e la scritta Ritorneremo, con riferimento alla definitiva sconfitta delle forze dell'Asse in Africa del maggio 1943. Si tratta dell'unica copertina propagandistica della rivista, a cui si può contrapporre la copertina del n. 3, con il dipinto Pere diritte e pere rovesce di Giovanni Ciangottini, che fu oggetto di diverse polemiche, come ricorda Ricci: le due copertine in qualche modo simboleggiano due differenti concezioni della rivista, tra loro non concilianti, che furono all'origine di continui dissidi all'interno della redazione.
Oltre che per i problemi legati alla sempre maggiore difficoltà di reperire la carta per la stampa, una merce rara in tempo di guerra, sempre dalle lettere di Pasolini agli amici e ai collaboratori si intuisce che una delle cause principali della fine della rivista fu infatti il dissidio permanente tra il direttore, Giovanni Falzone, e il resto della redazione. Pasolini lo definisce in alcune lettere un "attaccaticcio somaro" e un "capriccioso e prepotente", mentre Mario Ricci, scrivendo di Falzone molti anni dopo la chiusura della rivista, lo descrive come un "onesto funzionario e un onesto fascista".
Sia Falzone che Pasolini e i suoi amici avevano voluto fortemente la nascita de «Il Setaccio», ma con obiettivi diversi, tra loro non conciliabili. Pasolini, Ricci, Vecchi e Mauri erano esclusivamente interessati a una rivista artistico-letteraria, mentre Falzone non poteva accettare che la rivista della GIL non svolgesse attivamente un ruolo politico e di propaganda a sostegno del Fascismo, in un periodo cruciale, anche dal punto di vista militare, per le sorti del Regime.
Del resto Falzone nel primo numero de «Il Setaccio», nell'articolo introduttivo Il setaccio politico. Rassegna di giovinezza, dove ricostruisce le varie fasi che portarono alla nascita della rivista, scrive minaccioso: "La nostra fede e il nostro intuito ci dicono che l'esperimento val la pena di essere tentato; anche perché noi stessi- Consulente in testa [ItaloCinti]- possiamo essere i Minosse inesorabili, i «correttori» di ogni esuberanza malsana e di ogni espressione non ortodossa."
La redazione fu costretta a continui compromessi, come ben evidenziato dalla lunga lettera che Pasolini invia a Fabio Luca Cavazza nel febbraio del 1943:
"Ho pensato a lungo sul da farsi; e mi son convinto di questo, che non dobbiamo cedere. […] Ci resta ancora un tentativo da fare, e cioè di scendere al compromesso con nobiltà."
In questa lettera, in cui risalta il ruolo di Pasolini come leader della redazione, si possono cogliere tutti i limiti del progetto de «Il Setaccio» e intuire la complessità dei problemi che comportava l’uscita di ogni nuovo numero della rivista. Ancora nell’agosto del 1943, quando ormai «Il Setaccio» ha cessato le pubblicazioni, Pasolini scrive all’amico Cavazza:
"Per il Setaccio. Ho sentito che in seguito a non so che specie di domanda i giornali del Guf e della Gil, possono continuare. Informati bene, ti prego Luca, perché ho intenzione di fare del Setaccio una cosa meravigliosa, e, finalmente nostra."
Riecheggia in queste parole il progetto sognato nel giugno del 1941 da Pasolini, Serra, Leonetti e Roversi di una rivista dal titolo «Eredi», che non vide mai la luce.
Ma l’8 settembre e l’occupazione tedesca dell’Italia sono alle porte, e anche il gruppo de «Il Setaccio» verrà disperso dalle vicende della guerra.

Fonte: Biblioteca Digitale dell'Archiginnasio di Bologna