Schede
Traendo origini dal "Battaglione RR. Cacciatori a piedi" istituito in Toscana nell'aprile 1815, il 35° fanteria ebbe l'attuale denominazione con il decreto di formazione del 17 gennaio 1860, e stanza a Livorno.
Nello stesso anno partecipò alla Campagna delle Marche che si concluse con l'annessione delle Marche e dell'Umbria al Regno d'Italia; nel 1861 all'espugnazione della cittadella di Messina e dal 1862 al 1864 alla repressione del brigantaggio nel meridione.
Nel 1866 partecipò alla terza Guerra d'Indipendenza e nel 1870 alla presa di Roma. (Le memorie Storiche del 35° Reggimento Fanteria indicano in questo reggimento, non nei bersaglieri, le prime truppe italiane entrate in Roma).
Cambiando spesso la sede di guarnigione (dalla Liguria alla Toscana, dalle Marche alla Sicilia) il 35° fanteria giunse nel 1905 a Bologna.
Erano già diversi anni quindi che il reggimento era fermo a Bologna quando nel 1911 scoppiò la guerra Italo-Turca ed il legame che si era instaurato con la città divenne ben evidente, come di frequente testimoniano le pagine del Resto del Carlino.
Con il reggimento gemello, il 36°, costituiva la Brigata Pistoia e fu fra le prime truppe ad entrare in azione dissanguandosi sulle pendici del Podgora ed elencando fra i propri caduti molti nomi di bolognesi.
Sanzio Campanini
Sedi ordinarie in tempo di pace erano Bologna per il 35° e Modena per il 36° reggimento, che vennero lasciate già il 13 maggio 1915 per raggiungere la zona di guerra nei pressi di Udine, alle dipendenze della 11° divisione.
Iniziatesi le ostilità, la Brigata si diresse verso la testa di ponte austriaca del Podgora, di fronte a Gorizia; il 10 giugno l'attacco del 35° reggimento, senza una adeguata preparazione di artiglieria, si risolse in un disastro e tra i reticolati nemici rimasero quasi 700 soldati. Alla bandiera del reggimento venne conferita la medaglia d'argento al valor militare.
Riusciti vani altri tentativi di sfondamento, la Brigata ricevette l'ordine di avanzare in modo metodico, cioè pochi metri per volta, verso la linea presidiata dall'avversario. Durante la I° Battaglia dell'Isonzo (23 giugno-7 luglio 1915), fu il 36° con un battaglione del 35° a tentare l'assalto al Podgora; ma anche in questa occasione la dura reazione del nemico costrinse i fanti italiani al ripiegamento verso le trincee di partenza con forti perdite.
A metà luglio, II° Battaglia dell'Isonzo (18 luglio-3 agosto 1915), la Brigata Pistoia appoggiò l'attacco alla quota 240 del Podgora di un reggimento dei Reali Carabinieri: le perdite furono pari al valore dimostrato pur senza apprezzabili risultati sul campo.
I sacrifici ed il sangue profuso dai soldati italiani sulle pendici del monte avevano però accorciato la distanza tra gli opposti schieramenti, così che durante la III° Battaglia dell'Isonzo (18 ottobre-4 novembre 1915), attacchi alla baionetta compiuti dal 35° fanteria permisero più volte la conquista temporanea della linea Calvario-Cappelletta-quota 240, anche se al nemico riuscì sempre la riconquista del terreno perduto.
Le rilevanti le perdite subite dalla Brigata, oltre 2000 uomini fuori combattimento, consigliarono al nostro Comando Supremo di ordinare nuovamente l'avvicinamento metodico al nemico.
Tuttavia durante la IV° Battaglia dell'Isonzo (10 novembre-2 dicembre 1915), si dovettero contare altri 1500 caduti contro l'inviolabile linea nemica del Podgora e finalmente la Brigata venne inviata a riposo nella zona di Pradis. Rientrata in linea ai primi di gennaio 1916 nel settore di Oslavia, la Pistoia concorse ad arrestare l'attacco austriaco del 14-16 gennaio contro le quote 188 (valico di Oslavia) e 133.
Tuttavia, nonostante gli sforzi, all'avversario riuscì la riconquista di tutto il terreno perso in vari mesi di guerra. Per l'improvvisa offensiva austriaca sul Trentino, la Strafexpedition (15 maggio-18 giugno 1916), la Brigata venne inviata nel settore del monte Cengio, dove concorse ad arrestare una pericolosa infiltrazione austriaca mirante ad occupare Thiene, nella pianura Veneta.
Il 25 giugno, avendo gli austriaci iniziato il ripiegamento, reparti del 35° parteciparono alla rioccupazione del pianoro del Cengio, poi, causa le pesanti perdite, tutta la Brigata ottenne un periodo di meritato riposo. Ritornata il 26 luglio in prima linea, partecipò con azioni dimostrative in Val d'Astico a bloccare il tentativo austriaco di riconquista del monte Cimone di Tonezza; nei mesi successivi rimase nello stesso settore, alternando turni di riposo ed in linea e contribuendo con proprie pattuglie a colpi di mano anche sul vicino Pasubio.
Nella primavera del 1917 la Pistoia tornò in Carso, destinata al settore di Monfalcone nel tratto di fronte Flondar-quota 145; durante la X° Battaglia dell'Isonzo (12 - 28 maggio 1917) i due reggimenti attaccarono l'Hermada, senza fortuna e con gravi perdite; il giorno 26 maggio il nemico, conscio della crisi dei reparti italiani, uscì dalle proprie linee tentando di infiltrarsi nel settore di Flondar: solo il sacrificio dei battaglioni del 36° fanteria permise di bloccare questa minaccia. Nei giorni 28-29 maggio la Brigata si slanciò ancora contro l'Hermada, subendo di nuovo gravi decimazioni per il tiro ravvicinato delle mitragliatrici nemiche; la battaglia ormai in fase di stanca si trascinò ancora per qualche giorno con azioni locali tese a migliorare la linea raggiunta, poi si spense e la Pistoia rientrò in seconda linea dove attese i nuovi complementi.
L'XI° Battaglia dell'Isonzo (17-31 agosto 1917), vide la Pistoia in linea a Hudi Log dove rimase sino a metà settembre sostenendo aspri scontri ravvicinati col nemico che causarono gravi vuoti tra le sue fila; venne poi trasferita in Carnia nel settore della Val Resia e qui fu sorpresa dallo sfondamento della XIV° Armata austro-tedesca.
Nella XII° Battaglia dell'Isonzo (24 ottobre-10 novembre 1917), iniziata con lo sfondamento delle linee a Caporetto, i due reggimenti della Brigata ricevettero l'ordine di proteggere il ripiegamento delle divisioni 36° e 63°, rimanendo a stretto contatto con l'avversario; durante la ritirata la Pistoia fece saltare alle sue spalle ponti e nodi ferroviari, raggiungendo il Tagliamento il 30 ottobre e sistemandosi a difesa sulla sponda destra (durante il tentativo di resistenza sul Tagliamento operato dal Corpo Speciale di retroguardia, i resti della 36° divisione occuparono le pendici del monte Simeone, mt.1506 presso Cavazzo Carnico, bloccando per due giorni la 50° divisione austriaca).
Per le truppe nemiche il Tagliamento costituì un intoppo di breve durata e l'inseguimento riprese l'1 novembre. Il giorno 5 il 36° reggimento fu circondato presso il paese di Tramonti di Sopra e annientato; il 35° reggimento riuscì a sfuggire all'accerchiamento, ma il giorno dopo, intercettato dal nemico sulla mulattiera che da Tramonti scende in Val Meduna, subì la stessa sorte del reggimento gemello.
Il 24 novembre 1917 la Brigata Pistoia ricomposta con elementi della Brigata Venezia, nuovi complementi e soldati dei reparti mitraglieri Fiat, intraprese un lungo periodo di addestramento a Parma, ritornando in linea solo il 26 aprile 1918 nel settore monte Baldo- Riva del Garda. Su queste posizioni resistette durante l'ultima grande offensiva austriaca, la Battaglia del Solstizio (15-25 giugno 1918); a Dosso Casina (monte Baldo) una compagnia del 36° fanteria venne sorpresa da preponderanti forze nemiche e distrutta, e solo col concorso di reparti del 35° la situazione poté essere ristabilita. Fino ad ottobre la Brigata svolse azioni di pattuglie lungo il tratto di fronte assegnatole, i reticolati nemici profondi e percorsi da corrente elettrica non permisero mai manovre in grande stile.
Il 27 ottobre 1918, sul fronte del Grappa e Piave era in corso la Battaglia di Vittorio Veneto, la Pistoia attaccò in Val d'Adige verso Rovereto, il nemico ancora forte ed in posizioni dominanti costrinse i reparti italiani a rientrare sulle posizioni di partenza. Gli assalti del 35° vennero reiterati nei giorni seguenti ottenendo un parziale successo il giorno 2 novembre con l'occupazione del paese di Mori; il 3 novembre reparti del 36°, terminato il rastrellamento di Mori, inseguirono il nemico in ritirata fino alle porte di Trento ed il giorno 4 entrarono finalmente in città: la guerra era finita.
Paolo Antolini