Schede
Pelagio Palagi pittore. E non solo. Disegnatore, designer, architetto, erudito e collezionista. Una figura culturalmente ricchissima e difficilmente inquadrabile alla sola voce di pittore, appunto.
Tale è però il suo avvio artistico, coi pennelli. La sua prima commissione pubblica è un dipinto murale, la memoria eseguita nel 1801 per Odoardo Pepoli alla Certosa di Bologna, il cimitero cittadino appena inaugurato. I suoi primi esercizi pittorici ci testimoniano un percorso orientato intorno all'Accademia bolognese, influenzato dalla cultura illuministica e massonica ben presente in città e soprattutto a casa del nobile Carlo Filippo Aldrovandi, suo protettore e primo mecenate. Sono studi prospettici e fantasie scenografiche dedicate ad un 'antico' perduto, sognato o mai esistito, quando non ad imponenti architetture gotiche. Esercizi piranesiani per imparare a capire la prospettiva e l'inserimento della figura umana nello spazio. Troviamo così, sempre, correttezza compositiva e anatomica in tutto il corpus dell'artista.
Il catalogo che qui si propone rappresenta una ricca selezione delle opere di Palagi di proprietà del Comune di Bologna, ricevuti per via testamentaria dopo la morte di questi. Sono dipinti conosciuti, già studiati da Claudio Poppi negli ultimi venti anni ed esemplarmente catalogati nel 1998 dalla GAM - Galleria d'Arte Moderna e dall'IBC, l'Istituto per i Beni Culturali dell'Emilia Romagna.
Ci appare dunque un pittore sempre lento e meticoloso che giunge al risultato finale dopo infiniti pensieri grafici, prove su tela, abbozzi al naturale di particolari, studi complessivi. Logica conseguenza del suo fare pittorico è la quantità significativa di opere incompiute, rimaste nello studio del pittore, oppure di cartoni preparatori per affreschi, finiti fin nei minimi dettagli. La precisione del Palagi ha giocato a suo vantaggio: i cartoni con le Storie di Teseo ci documentano perfettamente gli affreschi eseguiti per Palazzo Torlonia a Roma, distrutti insieme all'edificio nel 1901.
Pur ricchissimo e altamente rappresentativo, al nucleo di dipinti di proprietà comunale mancano i grandi quadri storici e i ritratti commissionati dall'aristocrazia lombarda e piemontese dopo gli anni '20 del suo secolo. Completerebbero degnamente le sale bolognesi dedicate al nostro, dipinti come L'incontro di Carlo VIII e Gian Galeazzo Sforza a Pavia (1822), il delizioso disegno con Giulietta e Romeo (1823) e infine il ritratto di Cristina Archinto Trivulzio (1824), opere che segnano il passaggio di Palagi dalla cultura neoclassica a quella romantica.
Un ulteriore mutamento stilistico si compie dopo il definitivo trasferimento a Torino nel 1832, al servizio tout court dei Savoia. Ciò lo costrinse ad un progressivo allontanamento dall'attività pittorica, sempre più assegnata ai suoi allievi. Un passo verso un ulteriore ruolo secondario del pennello si ebbe a partire dal 1841, dopo un rapido calo della vista. Pur assumendo un ruolo egemone presso i Savoia, al Nostro non gli vengono necessariamente assegnate tutte le commissioni per le opere da allocare nel Palazzo Reale. A Torino arrivano così dipinti di suoi amici e rivali: il Giudizio di Salomone del Podesti (1841), la Sete patita dai Crociati a Gerusalemme di Hayez (1850), il Federico Barbarossa all'assedio di Alessandria dell'Arienti (1851). Un insieme ben rappresentativo delle varie cifre stilistiche allora in voga in Italia, sospese tra un verismo classicista di cultura romana e le novità scenografiche e teatrali portate da pittori stranieri quali Brjullov con il suo Ultimo giorno di Pompei, datato 1833.
In questo contesto appare attardata l'esecuzione del Trionfo di Apollo di Palagi per la Sala da Ballo, terminata nel 1858 dopo lunghi studi e ripensamenti duranti vent'anni. Un soggetto classico voluto dalla corte sabauda per le ovvie funzioni dell'ambiente e un altrettanto classico svolgimento eseguito dal Nostro, criticato dopo l'inaugurazione del gigantesco dipinto. Palagi si spegnerà, un po' in sordina, due anni più tardi nella sua città d'adozione, Torino. Pelagio Palagi viene spesso citato come uno degli artisti che ebbe un ruolo primario nello sviluppo del linguaggio neoclassico italiano, ma che però non poté (o non volle) aggiornarsi ai mutamenti culturali avvenuti nel corso della sua esistenza. A queste conclusioni ci si arriva spontaneamente se si scorre il solo catalogo pittorico. Sfogliando invece l'intero corpus palagiano (tutto mentale, urgerebbe un catalogo ragionato), ci si rende conto di come la pittura dopo gli anni '30 abbia svolto un ruolo via via sempre più secondario rispetto ai progetti architettonici e di arredo, dove invece troviamo sempre viva la linfa geniale, multiforme, raffinata e fantasiosa del grande artista bolognese.
Roberto Martorelli
Scheda in aggiornamento