Schede
Il bellissimo pastello ritrae una sensuale ragazza che si mostra con naturalezza in tutta la sua nudità. Senza alcuna pretesa di essere un ritratto, Farpi Vignoli aggiorna al gusto contemporaneo modelli notissimi quali le veneri di Tiziano, Velazquez, Goya o Manet. Rinnovamento che il giovane scultore poteva proporre grazie agli esempi che a Bologna venivano dipinti dai più maturi Alfredo Protti e Giovanni Romagnoli, ambedue veri campioni di sensualità. In questo nudo riconosciamo alcune caratteristiche tipiche dell’artista, soprattutto nell’esecuzione sommaria ma mai banale, nella scarsa attenzione ai dettagli, nel non curarsi di lasciare a vista i pentimenti.
Quest’ultima caratteristica sarà a volte letale per alcune opere che venivano conservate nello studio: a distanza di anni potevano subire improvvise e furiose modifiche a colpi di scalpello, raspe e sgorbie, sfigurando volti e corpi in cerca di una sintesi volutamente impossibile da raggiungere. Questo aspetto era già presente da giovanissimo. Il Professore Paolo Barbieri il 31 gennaio 1922 osserva come Farpi Vignoli in Collegio sia un allievo “mediocre quanto a bontà e disciplina; e il primo, secondo me, quanto a ingegno; ma studia a sbalzi; senza ordine; in italiano idee e osservazioni buone, ma disordinate e frammiste a molte oscure e strane, come e il suo carattere”. Il voto dell’anno e un 6- su 10, piuttosto buono per la media data ai colleghi. Chi farà peggio è l’amico Mazzoli, anche lui scultore, modello per alcune delle opere di Vignoli. Il voto concesso è un misero 2 e mezzo. Nello steso anno anche il Rettore Augusto Bassi ne segnala il carattere strano: “Due soli sono ancora un pò restii alla disciplina; Vignoli e Beghelli; questi più per la sua nervosità che per cattiveria; l’altro tipo chiuso e singolare azzarderei che è proprio insofferente di disciplina; non sente e non capisce cosa voglia dire la vita di Collegio, non dispero però nemmeno di questi due”.
Nel cortile del Collegio è collocata una copia autografa del Guidatore di Sulky donata dallo stesso Vignoli, scultura che gli meritò una precoce ed inaspettata fama mondiale. Esposto e premiato nel 1935 alla II Quadriennale di Roma, nell’anno successivo ottiene la medaglia d’oro per la scultura alle Olimpiadi di Berlino, valendogli la nomina di “scultore olimpico”. Oltre all’esemplare conservato a Bologna ne vennero realizzati almeno altri quattro: il primo e proprietà del Museo d’Arte Contemporanea di Tokyo, il secondo della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il terzo in collezione privata, mentre del quarto purtroppo si sono perse le tracce. Nel corso della lunga attività artistica la produzione plastica di Vignoli sarà sempre affiancata da quella pittorica, particolarmente di quella all’acquerello, che gli consentì una fama duratura a livello locale e - fatto non secondario - la sicurezza economica.
Roberto Martorelli
Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.