Schede
L’episodio della Cena in casa di Simone è riportato nel Vangelo secondo Luca, alla fine del settimo capitolo: Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. (Lc 7,36-39).
La grande tela (cm. 450x350), fa parte del ciclo cristologico commissionato da don Daniele Granchio, priore della Certosa, che per questa impresa convoca tra il 1644 e il 1658 alcuni degli artisti di maggior rilievo nel panorama bolognese. L’importanza della commissione non viene sottovalutata dal Sirani che decide di firmare e datare l’opera a caratteri capitali in basso a destra “GIO. AND. SIRANI 1652”, una scelta inconsueta nel percorso artistico del pittore. Dalla morte di Guido Reni sono passati esattamente dieci anni e Sirani pur conservando quella linea di classicismo reniano, assume un linguaggio più maturo dai toni solenni e una tavolozza vivace in linea con un colorismo neoveneto in voga nel quinto decennio bolognese. In particolare Sirani guarda a Paolo Veronese per l’ambientazione architettonica aperta su diversi piani prospettici e per le tinte brillanti dei panneggi, che con delicata cromia si associa ad una raffinata resa nei volti. In particolare si noti il mantello riccamente decorato e il vigore cromatico nei capelli e nel volto della Maddalena, inginocchiata ai piedi di Cristo: figura di altissimo impatto emotivo che sembra rapire lo spettatore in un atto partecipativo, come filo conduttore tra l’osservatore e la figura del Cristo. Sirani resta fedele all’iconografia biblica rappresentando Gesù alla tavola del fariseo Simone, mentre la “peccatrice” bagna con le lacrime e asciuga con i capelli i piedi del Cristo e li cosparge con oli profumati. Intanto Simone e gli invitati, davanti ad una tavola riccamente imbandita, si interrogano sul motivo che spinge Cristo a farsi toccare dalla Maddalena. Accanto al piede del fanciullo che porta i piatti, sulla destra dell’opera, è dipinta un’aragosta: all’epoca non c’era ancora una vera e propria distinzione tra i vari crostacei e questo elemento potrebbe essere un omaggio che il Sirani fa in onore al committente don Daniele Granchio.
Dal restauro, eseguito dal Laboratorio degli Angeli, emergono dati tecnico artistici di particolare interesse su una superficie pittorica miracolosamente intatta. Sappiamo dalle biografie che Giovan Andrea prepara la sua tela con una imprimitura piuttosto spessa, mescolando gesso con terre rosso-brune, colla e olio, in misura tale da rendere l’impasto corposo e liscio. Come annota lo stesso Malvasia nei suoi appunti, il pittore prima di iniziare a dipingere lascia che il fondo sia ben asciutto per evitare che i colori scuri vengano assorbiti dalla mestica e perdano di consistenza e di vivacità. Infatti l’eliminazione dello spesso strato di sporco sul dipinto ha rivelato raffinati rapporti cromatici, anche se l'imprimitura spessa e l’impasto corposo hanno generato la naturale formazione della craquelure, dovuta all'invecchiamento delle vernici: soprattutto nel cielo, dove la grande campitura di colore è data con pennellate liquide e sovrapposte per velature, è visibile una "screpolatura" larga e pronunciata con andamento orizzontale. Dal restauro della tela emergono rari pentimenti, di cui uno però è significativo: il volto di Cristo in una prima versione era di profilo e durante l’esecuzione dell’opera il pittore ha invece deciso per una rappresentazione di tre quarti. Il cambiamento è visibile ad occhio nudo poiché durante l’asciugatura del colore le tinte chiare della prima versione del volto sono riaffiorate in superficie. Un’altra correzione è nelle ginocchia di Cristo e del fariseo, prima vicine e poi allontanate. Questa grande tela, come rilevato da Malvasia, sancisce la piena affermazione di Giovan Andrea Sirani nel contesto artistico del sesto decennio, in un rapporto volto ad integrare la cultura classicista di stampo reniano alle più innovative soluzioni barocche dei suoi contemporanei.
Benedetta Campo
Novembre 2011