Schede
Questo autoritratto fu consegnato dall’artista al Collegio Artistico Venturoli di Bologna molto probabilmente entro il primo semestre del 1914, come saggio di studio annuale per il Pensionato Angiolini. Ad Aldo Boni infatti, benchè non incluso all’interno del gruppo di artisti vincitori del settimo ciclo del suddetto pensionato per il quadriennio 1912-1915, la Commissione giudicatrice concesse, con una delibera del 16 novembre 1911, una rendita mensile valida per il biennio 1912-1913 a titolo d’incoraggiamento e finalizzata a sopperire ai suoi bisogni. A seguito di questo riconoscimento quindi, anch’egli, come i suoi colleghi pensionati, era obbligato a consegnare annualmente un’opera a riprova dei progressi artistici ottenuti durante il periodo di sussidio. Tuttavia, nel corso del 1912 Boni fu chiamato ad assolvere agli obblighi di leva e, di conseguenza, chiese ed ottenne dall’amministrazione dell’Angiolini di spostare la validità dell’assegno al biennio 1914-1915; nell’agosto del ‘14 però l’artista fu nuovamente chiamato dall’esercito in vista del coinvolgimento italiano alla Grande Guerra e, nel mese di Novembre dell’anno successivo, mandato in zona di guerra con il grado di Tenente di artiglieria del VI° Corpo d’Armata (nel dicembre del 1917 Boni fu insignito della Medaglia d’argento al valore militare).
Da un punto di vista prettamente artistico, questo lavoro s’inserisce perfettamente all’interno di quelle correnti artistiche che, al principio del XX secolo, si stavano polemicamente emancipando sia dalle formule tardo ottocentesche d’impronta ancora vagamente realista o impressionista, sia da quelle moderniste proposte dal Simbolismo, per giungere a soluzioni più avanzate, incentrate sulla volontà di fare dell’opera d’arte una diretta e schietta espressione degli stati d’animo interiori, senza necessariamente ricorrere alla mediazione di confortanti allegorie. In altre parole, con questo autoritratto Boni dimostra di aderire a quella variante tipicamente nostrana dell’Espressionismo che, seppure piu “pacato” rispetto a quello più noto d’oltralpe, ne rappresenta, ciò non di meno, un perfetto equivalente di sicuro valore. Questa volontà di dare conto in maniera immediata a una realtà introspettiva senza scadere in accenti “romantici”, si riflette nel profondo studio psicologico effettuato da Boni sulla sua persona e si esprime, formalmente, attraverso l’impiego di una tavolozza magra e una pennellata veloce in grado, appunto, di “tirare fuori” le proprie disposizioni umorali. Non è pertanto un caso che il modo volutamente compendiario, ma allo stesso tempo potente di affrontare l’opera, in Boni si concentri in modo particolare nei lineamenti del volto accentuandone i tratti più significativi. L’intero ovale, infatti, e trattato in modo tale da enfatizzare in maniera decisa i tratti somatici “caricandoli” di una accentuata forza espressiva: grandi occhi incorniciati da archi sopracciliari prominenti, labbra di un colore rosso vivo serrate in una smorfia dura, zigomi e mascella pronunciati che suggeriscono una tensione acuta e profonda.
Giuseppe Virelli
Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina 19 aprile - 14 giugno 2015.