Schede
A Praduro e Sasso (così era definito il comune fino al 1935, poi Sasso Bolognese e, infine nel 1938, Sasso Marconi) fin dai primi anni del novecento si delineò un movimento operaio che nel 1914 portò alla conquista del comune da parte dei socialisti.
Questa vittoria fu confermata nelle elezioni amministrative dell’autunno 1920 in seguito alle quali il 14 novembre venne eletto Sindaco il socialista Francesco Bonola. In seguito alle violenze squadriste rivolte contro gli antifascisti (sei cittadini di Sasso rimasero uccisi) e contro le loro organizzazioni, fra cui la cooperativa agricola, il Sindaco si dimise e il 12 giugno 1921 fu sostituito da Aristide Camozzi, socialista. Il 21 agosto l’intero Consiglio si dimise e dal settembre il Comune fu commissariato. Nelle elezioni del 1922 vi fu la vittoria della lista fascista, l’unica presente, e fu eletto sindaco Augusto Rizzi. Nel 1927 venne nominato Podestà Mario Fabriani.
Durante gli anni del regime fascista, sei nativi di Sasso furono condannati dal Tribunale Speciale, uno subì una condanna al confino poiché aveva partecipato alla lotta in difesa della repubblica in Spagna, così come atri due compaesani.
Dopo l’8 settembre la popolazione aiutò i soldati in fuga nascondendoli e donando loro abiti civili. Don Gabriele Mario Bonani, parroco delle Lagune, nascose soldati in fuga e prigionieri alleati subendo per questo perquisizioni in canonica e l’arresto.
Alcuni giovani di Sasso Marconi si aggregarono alle brigate operanti nella zona, la 63ª Garibaldi, la 9ª “Santa Justa” ed altri alla “Stella Rossa”.
La “Santa Justa” si era formata per iniziativa di Pino Nucci nella frazione di Ceretolo (Casalecchio di Reno), ebbe alcune basi in territorio sassese: nel Capoluogo, a Lagune, Badolo, Battedizzo, Ganzole, Monte Belvedere e Pieve del Pino.
I partigiani della “Santa Justa” compirono azioni di sabotaggio e il 14 agosto 1944 asportarono documenti dal distretto militare di Bologna che aveva sede a Casalecchio di Reno. Il 24 agosto i nazisti tedeschi catturarono alle Lagune Francesco Samoggia (Stampa) partigiano della “Santa Justa”, e, dopo un sommario interrogatorio, lo impiccarono ad un mandorlo nel cortile della sua abitazione in presenza della popolazione e dei familiari. La sua agonia finì solo quando un tedesco lo uccise con una pugnalata alla schiena. Il suo corpo rimase esposto per 15 giorni.
Sul territorio di Sasso Marconi era presente anche una SAP formata da ragazzi molto giovani che fecero azioni di vario tipo: di propaganda contro i fascisti e i nazisti attaccando volantini all’interno della Cartiera del Maglio, appendendo cartelli ai fili della luce, tracciando scritte sui muri; di sabotaggio e di appoggio ai partigiani per i quali cercavano di raccogliere armi e generi di prima necessità.
Gran parte della popolazione collaborò con i partigiani. Nutrì, nascose, vestì e curò i clandestini a rischio della propria vita e le donne furono anche le staffette che tenevano i collegamenti fra le varie squadre partigiane dislocate nelle basi sulle colline. Fu proprio grazie a questa collaborazione che i partigiani in armi ebbero la possibilità di sopravvivere.
L’8 settembre 1944 in località Rio Conco di Vizzano, dopo essere state costrette a scavarsi una fossa, furono uccise dai nazisti 15 persone a raffiche di mitraglia 7 erano di Rioveggio di Monzuno, 3 di San Benedetto Val di Sambro, 2 di Grizzana, 2 di Loiano e un toscano la cui identità è rimasta ignota. L’8 ottobre 1944, in località Rasiglio, un gruppo di partigiani della 63ª Brigata venne accerchiato a Ca’ Cavallaccio dai tedeschi e venne combattuta una aspra battaglia.
Alla Casa «Suore» in località Mongardino i militari nazisti delle SS avevano stabilito un Comando dove negli ultimi mesi del 1944 avvennero diverse uccisioni di civili e di partigiani. Nel borgo settecentesco di Colle Ameno, lungo la “Porrettana”, dal 6 ottobre al 23 dicembre del 1944, i nazisti insediarono un vero e proprio campo di prigionia.
Sasso Marconi fu centro di accoglienza per gli sfollati che da Bologna, dopo i bombardamenti aerei, cercavano sulle colline luoghi più sicuri. Nel 1944 erano 3.150 i profughi presenti nel comune. In realtà anche Sasso Marconi venne colpita dai bombardamenti alleati fin dal 27 novembre 1943 e, alla fine della guerra, l’abitato del Capoluogo risultò largamente distrutto. Nel novembre 1944 larga parte del territorio fu sottoposta dai tedeschi ad evacuazione obbligatoria e sia i rifugiati sia la popolazione residente fu costretta a scendere verso la città senza che le autorità, né militari né della repubblica sociale, avessero provveduto ad organizzare l’esodo. Le persone lasciarono le proprie abitazioni che furono saccheggiate e danneggiate da fascisti e nazisti che continuavano ad essere presenti sul territorio.
Il comune di Sasso Marconi fu liberato il 21 aprile 1945 e su designazione del CLN locale vennero insediati la Giunta comunale e il Sindaco Guido Bertacchi, socialista, che fu riconfermato dopo le elezioni del 1946. Al referendum del 2 giugno la repubblica ottenne l’86,64 % dei voti.
Testo a cura di Cinzia Venturoli