Schede
Costruito nel XIII secolo, il Complesso era originariamente costituito dall’Ospedale e dalla Chiesa. A farli erigere fu Riniero Barcobini Fasani, un perugino che nel 1260 abbandona la sua città con alcuni seguaci per dirigersi a Bologna, ispirato alla missione dalla Vergine Maria. Giunto in città con ventimila persone al seguito, nel 1261 fonda la Confraternita dei Battuti Bianchi e istituisce un ospedale per la cura e l’assistenza di infermi e pellegrini. Nascono così l’Ospedale, la Chiesa e la Confraternita dedicate a Santa Maria della Vita, nel corso dei secoli divenuti importante luogo di cura e grandioso Santuario, arricchiti di splendide opere d’arte. Con le riforme napoleoniche del 1796 – 97, i beni della Confraternita vengono espropriati e diventano pubblici. A partire dal 1801 nel Grande Ospedale della Vita e della Morte confluiscono anche altri ospedali bolognesi, fino al 1814, anno in cui il complesso assume la nuova denominazione di Ospedale Maggiore, poi raso al suolo dai bombardamenti del 1943. Il Santuario e le sue pertinenze costituiscono il cuore del centro storico di Bologna, il cosiddetto Quadrilatero. La chiesa, con la cupola disegnata dal Bibiena e completata da Giuseppe Tubertini, è il più importante esempio di tardo Barocco bolognese; al suo interno custodisce il famoso Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dell’Arca, quell’ “urlo di pietra”, come lo ha definito Gabriele D’Annunzio, che tanto ha influenzato la storia della cultura italiana. Le bellissime Sibille eseguite da Luigi Acquisti, poste sui pennacchi della cupola, sono un capolavoro del primo classicismo di fine '700. L'altare maggiore viene eseguito su progetto di Angelo Venturoli, ornato sulla sommità da due angeli di Giacomo Rossi. La affacciata su via Clavature viene completata nel 1903 su progetto di Leonida Bertolazzi e decorata da due statue di Tullo Golfarelli.
L'immagine della "Madonna della Vita" posta sull'altare maggiore è stata variamente attribuita alla mano di Simone dei Crocifissi (documentato dal 1355 - 1399), o al nipote Lippo di Dalmasio. Secondo la tradizione un'immagine di Madonna con Bambino era affrescata sul muro ad est, verso via Pescherie, nella prima chiesa fatta costruire nel 1286 dalla Compagnia di Santa Maria della Vita. Con la ricostruzione del 1502, l'affresco, non ritenuto di particolare interesse, fu coperto da uno strato di intonaco. Il 10 settembre 1614 l'antica immagine fu riscoperta, ancora in buono stato di conservazione. Ritenuta miracolosa, divenne oggetto di particolare venerazione da parte della Confraternita, che la elesse a protettrice dell'adiacente Ospedale e dei malati. L'immagine fu ricollocata nel 1617 in un nuovo altare, e il pittore Ludovico Carracci disegnò come omaggio votivo un nuovo frontale da apporre sull'affresco. Nel crollo del 1686 l'affresco rimase illeso, e fu rimosso durante i lavori di ricostruzione della chiesa, al termine dei quali fu risistemato nell'attuale collocazione. Il 10 settembre, a memoria del ritrovamento della Madonna della Vita, si celebra la festa tradizionale del Santuario. In tale ricorrenza viene esposta sull'altare una preziosa miniatura del XVII secolo, contornata e coronata da una doppia fila di diamanti, con il ritratto su smalto del Re Sole. Il gioiello, attribuito a Jean Petitot (1607 - 1691), fu un dono dello stesso Luigi XIV al canonico Carlo Cesare Malvasia, che nel 1678 gli aveva dedicato la sua opera, "Felsina Pittrice". Lasciata per testamento alla chiesa di Santa Maria della Vita, la miniatura è oggi conservata nel Museo annesso all'Oratorio.
Accanto alla chiesa è posto l’Oratorio, in cui è possibile ammirare il gruppo scultoreo del Transito della Vergine di Alfonso Lombardi, e il Museo della Sanità e dell’Assistenza. Nel complesso ha sede anche la Schola Gregoriana Benedetto XVI, un progetto volto a promuovere la conoscenza e la diffusione del canto gregoriano. Il complesso monumentale di Santa Maria della Vita, dal 2006 affidato alla gestione della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, è stato riaperto al pubblico a maggio 2010 in seguito ai restauri, entrando a far parte del percorso Genus Bononiae.
In collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna