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San Giorgio di Piano (BO)

1919 | 1943

Insediamento

Schede

Il movimento socialista si iniziò verso la fine del secolo scorso per merito di pochi coraggiosi disposti a subire tutte le conseguenze morali ed economiche che derivano dall'essere "sovversivi".
Dopo quasi due decenni di azione politica e sociale, i socialisti, su scala comunale, conseguirono la maggioranza dei suffragi nelle elezioni politiche del 16 dicembre 1919.
Nelle elezioni amministrative del 3 ottobre 1920, i socialisti per la prima volta conseguirono la maggioranza ottenendo 941 voti su 986 elettori. Liberali e moderati non si presentarono neppure al confronto. Nella prima seduta del nuovo consiglio comunale venne eletto a sindaco Raffaele Ramponi.
La reazione padronale e fascista a quella vittoria fu quasi immediata.
L'11 gennaio 1921 si costituì il fascio locale di combattimento. Iniziarono da parte dagli squadristi azioni punitive in zona (bastonature, ingiurie e calunnie a danno del sindaco e di assessori, intimidazioni e assalti, piccoli e grandi incendi e infine anche uccisioni senza che mai le autorità procedessero all'arresto dei colpevoli) oltre alla partecipazione a quasi tutte le azioni in provincia e fuori a fianco degli squadristi bolognesi.
Una delle più gravi incursioni fu quella che compirono il 29 aprile 1921 contro i leghisti di S. Maria in Duno di Bentivoglio (v), uccidendo il capolega Amedeo Lipparini.
Il 15 maggio 1921 si svolsero le elezioni politiche. Le pressioni dei fascisti avevano indebolito il predominio dei socialisti, ciononostante su scala comunale il PSI conseguì 668 voti contro i 469 dei fascisti. Al PPI ne andarono 48; al PCI 11 ed un solo voto al Partito Repubblicano.
Un anno dopo, anche a San Giorgio si giunse all'assassinio. I fascisti ferraresi, in marcia verso Bologna per partecipare all'occupazione della città e alle manifestazioni contro il prefetto Cesare Mori, il 29 maggio 1922, sostarono in territorio di San Giorgio e si scatenarono contro gli amministratori comunali socialisti e le sedi delle organizzazioni di sinistra, tra cui la Casa del popolo che venne incendiata. Al Ponte Rosso, in frazione di Gherghenzano, tentarono di incendiare l'abitazione e la bottega di pizzicheria dei fratelli Forlani, socialisti.
Elmiro, affacciatosi ad una finestra per evitare l'incendio, venne ferito a morte da colpi di rivoltella.
Il 31 maggio 1922 il sindaco e i consiglieri socialisti, nell'impossibilità di reagire alle continue violenze, diedero le dimissioni.
Dopo la "marcia su Roma", l '1l novembre 1922, i fascisti attaccarono la Casa del popolo nella frazione di Cinquanta, bastonando il gestore Augusto Reggiani e costringendo l'intera famiglia ad abbandonare il luogo.
Il 10 dicembre 1922, in nuove elezioni amministrative, i fascisti che, con la coercizione, impedirono ai socialisti di presentare una loro lista, ottennero la maggioranza in consiglio comunale.
Trascorso un quinquennio si aprirà la fase dei Podestà.
Il 30 gennaio 1923, i due fascisti rinviati a giudizio per l'omicidio di Amedeo Lipparini (v), beneficiarono dell'amnistia concessa dal governo fascista il 22 dicembre, mentre gli altri sangiorgesi che avevano partecipato alla stessa aggressione, erano già stati prosciolti per "insufficienza di prove".
All'indomani dell'attentato a Mussolini, avvenuto a Bologna il 30 ottobre 1926, i fascisti aprirono la "caccia al comunista": a San Giorgio, Felice Vecchietti, passato da poco dal PSI al PCI, fu inseguito per essere percosso e solo per l'intervento dei carabinieri riuscì a sfuggire alla morte. L'8 novembre 1930 lo stesso Vecchietti fu arrestato, torturato, incarcerato a San Giovanni in Monte (Bologna) e, dopo 10 mesi, nel settembre 1931 condannato a 5 anni di confino scontati a Neghedu, in provincia di Sassari e poi nell'isola di Ventotene.
Durante gli anni del regime fascista, quattro nativi di San Giorgio furono deferiti, processati e condannati dal TS (Aula IV); altri quattro, oltre Vecchietti , subirono condanne al confino di polizia per atti d'opposizione (Confinati).
Quando in Spagna scoppiò la rivolta capeggiata dal generale Francisco Franco, Adelmo Arbizzani, nativo di San Giorgio, ma da diversi anni residente a Calderara di Reno (v), si arruolò nelle file degli antifascisti che accorsero in difesa di quella repubblica.
Alla caduta del fascismo, esplosero manifestazioni di esultanza: la folla abbatté i fasci littori che ornavano le fontane ai due capi dell'abitato del capoluogo; fu semidistrutta l'aquila imperiale che sovrastava l'ex edificio delle scuole comunali che stava per essere ristrutturato in casa del fascio (edificio ceduto dal Comune ai fascisti in cambio di una palazzina - che era stata casa del fascio - acquistata con i soldi realizzati dalla vendita dell'ex Casa del popolo socialista, quindi capitale cooperativo rubato dai fascisti ai legittimi soci azionisti).
Durante i "quarantacinque giorni" del governo Badoglio, ripresero contatti politici e forme partitiche. Tre sangiorgesi vennero arrestati dai carabinieri di San Pietro in Casale per avere abbattuto un cippo che ricordava un fascista vittima di uno scontro provocato da squadristi ai danni di socialisti.