Schede
"...Vi sono in Italia altri fiumi viventi ? Non voglio ricordarmene. Soldati, ricordatevi che solo quest'acqua è per noi l'acqua della vita, rigeneratrice come l'acqua del battesimo… Avete inteso? Questo fiume è la vena maestra della vostra vita, la vena profonda nel cuore della patria. Se si spezza il cuore s'arresta."
Gabriele D'Annunzio
Nel corso della Grande Guerra il Piave fu sempre un fiume di confine; le sue sorgenti sul monte Peralba erano nel 1915 proprio alle spalle della linea che divideva l'Italia dall'Austria-Ungheria, mentre nel novembre del 1917 dalla metà del suo corso, quando, in vista del Grappa devia con un ampia curva verso l'Adriatico, diventava nuova frontiera e fronte. Sulle sue sponde si riorganizzò la condotta politica e militare del conflitto con l'Austria Ungheria e furono combattute le tre ultime battaglie della Grande Guerra. Tutto cominciò con una sconfitta. E che sconfitta: il 24 ottobre 1917 vi era stato in due punti lo sfondamento del fronte che correva tra Plezzo e Tolmino. La sorpresa aveva ingigantito i risultati raggiunti dagli austro-tedeschi. Allentatisi i vincoli della disciplina per lo sbandamento dei comandanti, in centinaia di migliaia di soldati era prevalsa la stanchezza fisica e morale accumulata, lo scoraggiamento ed il panico, si era creata una unica idea: "tornare a casa." In pochi giorni ci furono 10.000 morti, 300.000 prigionieri; altri 400.000 soldati con 600.000 profughi in fuga dal nemico, si riversarono verso i ponti sul Piave. La larghezza dell'alveo, che andava dai 400 ai 2.500 metri vicino a Valdobbiadene, ai 150-200 metri della foce, rispetto all’angusta prospettiva del Carso ridiede respiro ai soldati influenzandoli positivamente. La terra di nessuno divenne una massa d'acqua purificatrice in movimento; spariva finalmente l'odore del camminamento fatto di cadaveri putrefatti, fango, escrementi, polvere da sparo. E infine al di là del Piave non vi era terra sconosciuta ma terra propria; poco dietro le sponde della riva destra era pure possibile vedere immagini di vita vera, di paesi e campi dove figure di contadini cercavano ancora di lavorare pur nel limite delle condizioni imposte dalla guerra.
Il Piave segna il confine tra due modi di fare la guerra: da attaccanti diventiamo difensori. Al generale Luigi Cadorna subentra il generale Armando Diaz; inizia la battaglia d'arresto ( 10 novembre - 25 dicembre 1917 ).
Tra il 10 ed il 13 novembre la linea Grappa - Piave viene investita dalle armate austro-tedesche, tre giorni dopo che quelle Italiane avevano rotto il contatto ed uno appena dopo che erano stati fatti saltare gli ultimi ponti. In un mese di combattimenti solo per 8 giorni si combatté sulla riva destra; ai reduci della travolta II° armata si affiancarono i complementi delle classi 1898 e 1899, la linea di difesa, unica ed approntata frettolosamente, resse.
Con la fine dell'inverno e l'arrivo della primavera del 1918, l'attesa di una nuova offensiva austriaca si fece sempre più trepida. Intanto si realizzarono nuove sistemazioni difensive, fu ricostituita la dotazione di artiglierie ed armi automatiche, al fronte arrivarono altri 150.000 soldati delle liste dei riformati, mentre si volle risparmiare per un eventuale sforzo finale nel 1919, la classe del 1900.
A giugno scatta la temuta offensiva: è la "Battaglia del Solstizio” (15 - 24 giugno). Agli eserciti, difensore ed attaccante, si aggiunse un altro protagonista: il fiume, talmente impetuoso da rendere precaria ogni passerella gittata dagli austriaci. Le tre teste di ponte costituite sulla nostra riva, Salettuol - Fagaré - Musile , impossibilitate ad essere rifornite si tramutarono ben presto in una trappola per coloro che erano passati; la furiosa piena del Piave fu la chiave di volta della nostra vittoria. Il 19 giugno, effettuando un mitragliamento a bassa quota, precipitava sul Montello Francesco Baracca, l'asso della nostra aviazione. Nella notte tra il 23 ed il 24 giugno, a Napoli, E. A. Mario, compositore, scriveva di getto la canzone simbolo della Grande Guerra, la "Leggenda del Piave".
Militarmente però non vi possono essere dubbi, l'Imperial Regio Esercito austro-ungarico era stato sconfitto nella battaglia d'arresto alla fine del 1917 e nella battaglia del solstizio di giugno del 1918. Quella per Vittorio Veneto e Feltre ( 24 ottobre - 3 novembre ), anche se costò 7.000 morti e 30.000 feriti, fu una battaglia contro un nemico morente. Il forzamento del Piave in condizioni difficili, il recupero della manovra offensiva, la ritrovata potenzialità delle armi italiane, convinsero i nostri nemici a desistere da ogni ulteriore piano di guerra. A Villa Giusti, il 4 novembre si concluse, per l’Italia, la Grande Guerra.
Paolo Antolini