Schede
Al centro del grandioso Chiostro VI della Certosa di Bologna, il 28 ottobre 1932 venne inaugurato il monumento ai martiri della rivoluzione fascista, progettato dall’architetto Giulio Ulisse Arata (1881-1962), e con sculture di Ercole Drei (1886-1973).
Il chiostro VI venne realizzato a partire dal 1901 e venne terminato negli anni venti del secolo; l'area centrale inizialmente era adibita alla normale inumazione a terra con lapidi a stele, e quindi è plausibile che nel progetto originario non fosse previsto la presenza 'ingombrante' di altri complessi monumentali.
Il fascismo bolognese volle celebrare la marcia su Roma con la solenne traslazione, nel nuovo sacrario della Certosa, delle salme dei caduti per la causa del fascismo.
Il sacrario si presenta come un vasto ipogeo sovrastato dall'Ara dei Caduti. La struttura architettonica povera di decorazioni e dai volumi semplici e dall'aspetto monolitico fu tra i progetti che l'architetto Arata ritenne tra i più riusciti del suo ampio catalogo di opere. Particolarmente felice è la collaborazione con lo scultore Ercole Drei, che seppe inserirsi armonicamente con le due grandiose allegorie della Forza (a sinistra) e della Gloria (a destra).
La struttura fu costruita grazie ad una sottoscrizione pubblica ed è interamente eseguita in travertino di forte spessore, quando non monolitico. Nel corso del tempo il monumento non ha subito nessuna modifica ad eccezione dell'epigrafe a rilievo che si trovava sulla facciata principale, con tutta probabilità distrutta immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Il testo era: CADUTI PER IL FASCISMO / BOLOGNA MEMORE QUI LI RACCOGLIE / E LI ONORA IN ETERNO.
Il monumento ai martiri del fascismo non venne collocato casualmente al centro del Chiostro VI: qui si trovavano già moltissime memorie dedicate ad alcune glorie recenti della storia locale: Edoardo Brizio, Vittorio Puntoni, Augusto Righi, Giovanni Capellini e quindi sarà parso naturale voler creare una sorta di Pantheon della storia cittadina. Questo aspetto trova conferma nella successiva traslazione del premio Nobel Giosue Carducci - il cantore dell'Unità d'Italia - nel campo di fronte al Chiostro VI nel 1935; e di Ugo Bassi - martire del Risorgimento italiano - all'interno del Monumento ai caduti della Grande Guerra nel 1940.
Tutti questi avvenimenti volevano idealmente proporre alla popolazione una ideale prosecuzione delle dolorose tappe che portarono l'Italia all'unificazione con l'ambizione imperiale del fascismo.
Nel 1925 risultavano 45 morti e 285 feriti per la causa fascista, mentre nel 1933 risultava che la MVSN aveva avuto oltre quattrocento morti oltre a migliaia di mutilati e feriti per la causa fascista dalla sua fondazione nel 1923. I familiari dei caduti, i mutilati e i feriti erano membri di diritto dell’Associazione fascista delle famiglie dei caduti, dei mutilati e dei feriti per la Rivoluzione.
Durante il Regime venne detto che la Rivoluzione fascista era costata tremila morti, ma è stato un numero enfatizzato dalla stessa propaganda.
Nel Monumento alla Certosa di Bologna sono riportati i nomi di 53 salme.