Schede
Pur essendo alleata dell'Italia, l'Austria aveva da tempo iniziato a fortificare una lunga linea montana. Anche il settore di Riva del Garda, campo trincerato, non fu da meno, e strategica divenne pure la Val di Ledro per il suo sbocco sulle Giudicarie.
I lavori difensivi vennero concentrati su una serie di monti dominanti: il Nozzolo, il Cadria, monte Vies in Val di Ledro, mentre tutte le montagne Rivane furono riempite di bunker, caverne, appostamenti per artiglieria e mitragliatrici. Da parte italiana v'era ben poco oltre ai sentieri per la caccia ai contrabbandieri (la Finanza aveva infatti una caserma al passo Nota); trinceramenti, strade, baracche, villaggi militari vennero costruiti a guerra in corso.
A Peschiera si insediò il Comando di settore di cui fu il primo capo il colonnello Maglietta del Genio, Sirmione fu sede di un Comando della Regia Marina, affidato al comandante Grixoni, che sequestrò i battelli in servizio civile sul lago, armandoli poi con cannoncini e qualche mitragliatrice.
Per risparmiare mezzi e uomini, gli austriaci decisero di accorciare il fronte disponendo le truppe su posizioni "vantaggiosamente difendibili", ritirandosi cioè molto più a nord del confine di stato, dislocandosi su una linea alla sinistra della Val di Ledro che andava dal monte Palone al Nozzolo, al Cadria (mt.2254) al Laroda, alla Gavardina, scendeva alla Bocca del Trat e, attraversando la Rocchetta, si congiungeva alla piazzaforte di Riva del Garda.
Fu lasciata una testa di ponte sulla destra, il Nodice sopra il paese di Pregasina. Di fronte gli italiani del III° Corpo d'Armata comandato dal Tenente Generale Vittorio di Camerana, con la 5° e 6° divisione.
Dichiarata la guerra, le truppe italiane iniziarono un lento avvicinamento occupando i passi e la linea di montagne alla destra della Val di Ledro sino al lago di Garda. Le prime scaramucce si ebbero solamente in giugno, con alcuni morti e feriti da entrambe le parti. La prima incursione aerea italiana avvenne il 23 luglio 1915, quando due idroplani volarono su Riva sganciando 18 granate sulla stazione ferroviaria.
In luglio il battaglione Alpini Vestone, pur senza armamento pesante, coadiuvato da reparti della Guardia di Finanza, attaccò la roccaforte del Nodice senza alcun risultato. L'azione fu ritentata a metà ottobre con l'aiuto dei cannoni del monte Baldo, che sottoposero a bombardamento la cima per due giorni interi. Il 15 fu tentato l'assalto, coronato da successo solo il giorno 22 ottobre; come conseguenza fu aperta la strada per scendere a Molina, Legos, Mezzolago, sulle sponde del lago di Ledro, mentre gli austriaci si ritirarono definitivamente sulle cime a sinistra del solco della Val di Ledro.
Il primo inverno di guerra 1915-1916 arrivò inaspettato, le azioni belliche calarono di intensità perché lo sforzo fu diretto a garantire condizioni di vita accettabili ai soldati. La 6° divisione italiana schierava la Brigata Sicilia, due reggimenti alpini il Vestone e Val Chiese, il 7° reggimento ed il XLV° battaglione Bersaglieri, complessivamente erano in linea 106 cannoni. Nel 1916, alla ripresa primaverile delle ostilità, con colpi di mano della fanteria furono conquistate alcune linee sulla sinistra della Val di Ledro e sulla Rocchetta di Riva; caddero in mano italiana le trincee del bastione di San Giovanni, Grotta Dazi, fu attaccato il Cadria e conquistato il vicino monte Vies.
Per gli abitanti dei numerosi paesi e contrade attorno al lago, il 1916 fu un anno piuttosto triste, perché molti dovettero essere evacuati, gli italiani verso Verona, gli austriaci verso Bolzano. La Strafexpedition (15 maggio-18 giugno 1916) non cambiò di molto la situazione militare nella zona, i battelli armati che controllavano il lago furono fermati nel porto di Salò e uomini ed armi inviati sul monte Altissimo di Nago, catena del Baldo.
Le operazioni belliche furono affidate ai cannoni dei rispettivi eserciti, d'altro canto il piano generale di guerra dell'esercito italiano prevedeva per il Trentino una azione difensiva, concedendo solo misure atte a migliorare tale difesa. Tuttavia anche nel settore Ledro-Riva non mancarono tra i soldati italiani casi di simulazione di malattie, disobbedienza, insubordinazione e diserzione; il 26 maggio 1917 a passo Nota fu insediato un tribunale militare di guerra per processare una cinquantina di militari rei di "non aver fatto resistenza". Per tre mesi furono sospese le licenze per la Sicilia e la Sardegna: troppi erano i disertori. In seguito alla disfatta di Caporetto del 24 ottobre 1917, le truppe italiane furono potenziate con il 17° reparto d'assalto, altre batterie del 16° artiglieria campale oltre a reparti mitragliatrici e genio zappatori, perché era forte il timore di un attacco austriaco verso la pianura veronese.
Aumentarono le protezioni in roccia, caverne per la truppa e piazzole dei cannoni, il reggimento alpini monte Adamello fu mandato in Val di Ledro di rinforzo, il 234° reggimento della Brigata Lario fino alla fine dell'anno scavò trincee e camminamenti nel settore di passo Nota. Si aggravò ancora l'economia dei paesi vicini al fronte, Limone, già sfollata a settembre del 1916, venne presidiata dai carabinieri.
Purtroppo il continuo transito di truppe provocò molti casi di manomissioni, appartamenti e ville isolate vennero depredate del mobilio, altre case requisite dal Comando militare risultarono danneggiate dai soldati in esse alloggiati. Incursioni aeree quasi giornaliere bloccarono anche i contadini che avevano il permesso di recarsi nei campi, le colture di olivi e agrumi furono di fatto abbandonate. A pesare su una situazione così precaria si aggiunse l'invio di profughi del Veneto invaso: a Tremosine ne arrivarono circa 200. Furono chiuse le scuole perché i bambini più piccoli, sfollati lontano, non potevano frequentare le lezioni.
Nel 1918, con le truppe italiane impegnate sul Grappa e Piave, il settore fu potenziato ancora con le divisioni 21° e 22° schierate in linea e la 20° di riserva. Sostanzialmente la linea del fronte rimase però quella della primavera del 1916.
Il 24 ottobre 1918, con la battaglia di Vittorio Veneto in corso, notizie rassicuranti sulla fine della guerra si sparsero sul Lago di Garda; da Riva un giovane animoso, nottetempo, fuggì a Limone con una piccola barca per sollecitare uno sbarco italiano: non fu creduto ed arrestato.
Finalmente il 3 novembre un M.A.S. attraccò nel porto di Riva, sbarcando una pattuglia di 22 soldati armati di mitragliatrici; trovò la cittadina quasi sgombra da truppe austriache ormai in ritirata verso Trento e Bolzano. La Grande Guerra era così terminata anche in quei luoghi.
Paolo Antolini