Schede
Il Real Colegio de Espana fu voluto nel 1364 dal cardinale Egidio Albornoz (1310 - 1367) per ospitare studenti fuori sede dello Studium bolognese. Fu costruito fra il 1365 e il 1367 sotto la direzione di Matteo Gattaponi da Gubbio grazie al suo lascito testamentario. Venne chiamato "spagnolo" più di un secolo prima della vera e propria unità della Spagna. Il titolo di "reale" gli fu concesso dall'imperatore Carlo V in occasione della sua incoronazione a Bologna nel 1530. All'inizio del XX secolo si trovava in gravi difficoltà economiche, tanto che la sua salvezza era a rischio. Fortunatamente l'istituto benefico fu salvato dal duca dell'Infantado e dal re Alfonso XIII. Nella seconda metà del Novecento tutto il complesso fu sottoposto a numerosi interventi di restauro, che riportarono alla luce strutture e decorazioni antiche parzialmente cancellate da aggiunte neogotiche. Il Collegio di Spagna possiede la più ricca raccolta privata al mondo di codici medievali. All'interno del complesso si trova la chiesa gotica di San Clemente che conserva sull'altare un polittico di Marco Zoppo e un affresco forse di Andrea de' Bartoli (1368). Il collegio fu preso a modello per quelli che vennero costruiti in seguito per svolgervi analoghe funzioni. Fra gli studenti di rilievo che l'edificio ha ospitato vi sono Antonio de Nebrija, Ignazio di Loyola, Pietro d'Arbués, e Miguel de Cervantes. Nel 1530 vi si trattenne per quattro mesi Carlo V d'Asburgo, in occasione della sua incoronazione a imperatore (avvenuta nella basilica di San Petronio). Il pregevole portale che si affaccia su via Collegio di Spagna risale al 1525 ed è opera di Andrea da Formigine. Sullo sfondo, un trompe l'oeil di inizio ottocento, accorgimento assai in uso per dare profondità ulteriore all'ambiente.
"Era tale la potenza dei veneziani nel trecento che ogni terra e ogni Principe temeva e ammirava “in modo che tutte le controversie che nascevano, il più delle volte erano arbitri”. Così Venezia intervenne nelle differenze nate fra i Principi collegati per quelle terre che fra loro si erano decise, e fece occupare da Visconti le città di Bergamo e Brescia. Ed i Visconti da Oleggio “cacciati dalla cupidità del dominare” presero Padova, Vicenza, Treviso, e di poi Verona, Bergamo, Brescia, e, in Romagna conquistarono molte città. Era Papa Benedetto XII in Avignone e temeva la perdita del possesso d'Italia, minacciato dall'imperatore Lodovico IV di Baviera, re dei Romani. Per farsi amici tutti coloro che avevano usurpato le terre, e restringerli alla difesa d'Italia in nome della Chiesa (che quelle terre ritenevano proprie, e proprie riteneva l'imperatore) investì i Principali di Lombardia della maggiore autorità. Morì Benedetto XII nel 1342 e gli successe Clemente VI, e vedendo l'imperatore – come bollò Machiavelli - “con quanta libertà il pontefice aveva donato le terre dell'imperio, per non essere ancora egli meno liberale delle cose d'altri che si fosse stato papa, donò a tutti quelli che nelle terre della Chiesa erano principi, le terre loro, accioché con l'autorità imperiale le possedessero”. E così i Malatesta divennero signori di Rimini, di Pesaro e di Fano, i Montefeltro della Marca e di Urbino, i Polenta di Ravenna, gli Ordelaffi di Forlì, i Manfredi di Faenza, gli Alidosi di Imola e i Visconti di Bologna. Roma, intanto, restaura l'antica repubblica richiamando su di sé le speranze delle romane province. Cola di Rienzo, acclamato tributo in campidoglio, pubblica ordinamenti diretti a restituire la sicurezza, costringe i nobili a rifugiarsi nei loro castelli, scrive ai Principi e alla città d'Italia, e chiede al Papa d'abbandonare Avignone. Poi, dopo sette mesi di governo, è costretto a fuggire e rifugiarsi a Praga, presso l'imperatore Carlo IV, che lo manda prigioniero al Papa. Il Petrarca, che aveva animato e incitato il tribuno ad Avignone e in una continua corrispondenza, lo rivide trascinato per le vie della città. Non può reprimere lo sdegno, e scrivere l'epistola “Sine titulo” al popolo romano, dove afferma il diritto eterno di Roma ad essere capo del mondo e sede del romano impero: “… si imperium Romanum non est, ubi, quaeso est?”. “Osate, almeno per onor vostro, ché niente è tanto indegno di un romano, quanto il timore: nil minus Romanum est quam timor”. Innocenzo VI, successo a Clemente Vi, restituisce Cola in libertà e lo affida al Cardinale Egidio Albornoz, Legato Ponteficio, per riordinare Roma; ma Cola di Rienzo, in una sommossa formentata dai nobili, è ucciso in Campidoglio e Albornoz combatte e vince ogni ribellione popolare e aristocratica. È un capitano d'arme, e un condottiero d'eserciti più che un Vescovo, Egidio Albornoz; Arcivescovo di Toledo, creato Cardinale-Prete da Clemente VI col titolo di S. Clemente, cacciato dalla Corte spagnola da Pietro IV (che fu chiamato il Crudele), il Castigliano Albornoz conquista in breve tempo Bologna, che da Giovanni Visconti da Oleggio Duca e Arcivescovo di Milano era occupata Costringe i romani ad accettare un Senatore forestiero, rinnovato ogni anno dal Papa abbatte Giovanni Acuto, il condottiero inglese Giovanni Hawkwod, che con quattromila uomini milita in Toscana in aiuto dei Ghibellini: rende così per tutt'Italia quella reputazione alla Chiesa che i Papi avevano perduta.
Nominato Legato di Bologna in nome della Chiesa e di Papa Innocenzo VI, al mattino del 27 ottobre 1360, partendosi dal monastero di S. Michele in Bosco, entra l'Albornoz in città accolto con grandi feste dai Magistrati e dal popolo. Continuando la sua opera di Capitano d'armi, esce in guerra contro gli Alidosi spianando la rocca di Varignana e smantellando le mura del castello de' Britti. A Casalecchio ove la Bastia era occupata e impedita la defluenza delle acque del Reno, dà battaglia e costruisce poi una più forte Bastia al ponte Coloredo. Corregge il corso del fiume che prima flette dove ora è Cavaticcio, e fa costruire la Chiusa. Lasciato, dopo quattro anni, il governo a Balasco Fernando, suo parente, col nome di Rettore di Bologna, parte per Ancona a consegnare la Marca Anconitana ai Visconti, e così il biscione ingroppato, vomitante un fanciullo è cancellato da ogni arme di Bologna e posto l'arme della Chiesa. In Ancona, ai 29 settembre 1364, in un testamento approvato da Innocenzo VI, Albornoz dispone le proprie sostanze a favore di un Collegio da istituirsi in Bologna, ove siano ospiti signorilmente i giovani nobili di nazione spagnola, avviati agli studi, dai ventuno ai ventinove anni. L'uomo d'arme sente la potenza dello Studio bolognese e ripensa alla patria, beneficiandola. Utilizzate le case della famiglia Delfini, nella vasta area a forma triangolare limitata da tre strade, furono difese da un altro muro merlato. Il Collegio si aprì il 6 marzo 1365, poi sorsero le costruzioni disegnate da Matteo Gattaponi da Gubbio, via via ornate nello svolgersi dei tempi con maggior signorilità. Il bell'ornato della porta d'ingresso è attribuito ai Formigini; il portico fu costruito nel 1525; la prospettiva di fronte è di Luigi Cini; il severo e massiccio chiostro reca come decorazione, nei peducci degli archi del loggiato superiore, parecchi medaglioni dipinti da Annibale Carracci che effigiò Carlo V, Ferdinando II, Miguel Cervantes e Viriato. La chiesa, dedicata a S. Clemente, ora spogliata delle decorazioni barocche aggiunte nei restauri del 1702 (e vi erano pitture di Camillo Procaccini e Orazio Sammachini), ha ripreso il suo aspetto originale e caratteristico del secolo XIV. Nella parete interna, a sinistra, appaiono avanzi di pitture antiche di Andrea dei Bartoli, bolognese (1368), che rappresentano alcune storie della vita di Cristo. L'altra conserva un'antica ancona di Marco Zoppo, divisa in tre scomparti dorati, con la Vergine, il Putto, i S.s Clemente, Girolamo, Giacomo, Andrea e molte altre figure, con la firma: Opera del Zoppo da Bologna. Nella sagrestia si conserva il Martirio del B. Pietro d'Arbues – uno dei famosi collegiali – pittura di Giuseppe Maria Crespi, e una Madonna di Lippo Dalmasio, straccata da un muro esterno. Nel loggiato superiore un affresco rappresentante la Vergine col Bambino, S. Giuseppe, S. Elisabetta e un angelo che sparge fiori è attribuito a Bartolomeo da Bagnacavallo. La Biblioteca è ricca di manoscritti, codici incunabili della stampa assai preziosi, tra i quali le Epistole di Cicerone, la Farsaglia di Lucano, una Bibbia stampata a Magonza nel 1460 e le Pandette Egidiane. Non meno interessante è l'Archivio coi documenti del Collegio, della sua fondazione a tutt'oggi, e varie lettere autografe d'illustri personaggi. Morto l'Albornoz il 25 agosto 1367 a Viterbo, la Volontà del ferreo Cardinale si svolse nei secoli. Lo Studioso bolognese, che tanta gente straniera attraeva nel perfetto svolgimento del sapere e tanti collegi venivano a formare attorno a quei Dottori che privatamente insegnavano il Diritto e le Leggi, vide e vede prosperare un istituto, che Alfonso XIII re di Spagna, e De riviera suo Primo Ministro affascinati dallo spirito fascista che anima l'Italia, qui, il 25 novembre 1923 convennero ad onorare Bologna e la casa della patria loro." (Giulio Ricci, Il Collegio di Spagna, dalla rivista Il Comune di Bologna, aprile 1927, trascrizione a cura di Zilo Brati).
In collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.