Schede
In origine in termine ambulanza stava ad indicare una formazione militare, composta da personale sanitario, che costituiva solitamente un ospedale da campo al seguito dell'esercito di appartenenza.
L'utilizzo del termine per indicare un mezzo finalizzato al soccorso ed al trasporto dei feriti, entrò in uso più o meno in epoca napoleonica, grazie al barone Larrey (1766-1842) che, con l'introduzione della sua ambulanza volante, capì per primo l'importanza di un trattamento immediato, seguito da un trasporto appropriato del ferito in un vero ospedale o altro luogo attrezzato.
Nel giugno 1915, al momento dell'entrata in guerra, la struttura sanitaria dell'esercito italiano, che disponeva di 24.000 posti letto al fronte e di oltre 100.000 nelle retrovie e nel resto del paese, con un migliaio di medici, in gran parte in servizio effettivo, si rivelò del tutto inadeguata, tanto da richiedere, immediatamente, enormi sforzi di potenziamento, soprattutto nello sgombero di feriti e malati verso le retrovie, dove fu creata un'imponente rete di ospedali e di convalescenziari (più di un migliaio), in piccola parte utilizzando la struttura sanitaria civile, e in parte maggiore con la requisizione di caserme, scuole, collegi, seminari, alberghi.
Alla fine del conflitto, al fronte c'erano 96 sezioni sanità, 234 ospedali da 50 letti, 167 da 100 letti, 46 da 200 letti, 9 ambulanze chirurgiche e 17 radiologiche, 38 sezioni di disinfezione; nel paese, in totale, i posti letto si erano quasi quintuplicati rispetto a tre anni prima, avvicinandosi al mezzo milione.
Le ambulanze chirurgiche svolsero, in questo ambito, un ruolo essenziale: veri e propri reparti di chirurgia “volante”, gestite in genere da chirurghi di fama e dai loro assistenti, seguivano la linea del fronte.
Tra questi chirurghi si può ricordare Bartolo Nigrisoli, ravennate, che proprio in virtù dell'enorme esperienza accumulata con l'ambulanza chirurgica prima in Montenegro (guerra italo-turca) e poi nella Prima Guerra Mondiale, ottenne, nel 1919, la cattedra di Clinica Chirurgica generale presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Bologna.
Nell’ “Albo d’Oro dei Militari Caduti nella guerra nazionale 1915 – 1918” e nel volume compilato dall’Ufficio Notizie “I morti della provincia di Bologna nella guerra MCMXV – MCMXVII” è possibile trovare indicazioni sul numero dell’unità sanitaria presso la quale il militare decedette.
Schematicamente le unità sanitarie erano identificate con la seguente numerazione univoca (www.sanitagrandeguerra.it):
OSPEDALI DI GUERRA DELLA CROCE ROSSA ITALIANA: dal n.1 al n. 87
AMBULANZE:
- Ambulanze da montagna della Croce Rossa Italiana: nn. 3, 7, 8, 9, 10, 15, 20, 22, 24, da 29, 30, 31, 32, 33, 37, 40, 45, 48, 49, 50, 59, 60, 67, 73, 75, 77, 82, 83, 85, 87, 88
- Ambulanze chirurgiche o ospedali chirurgici da campo: dal n. 1 al n. 7 e nn. I, II, III (mobilitate dalla CRI) e l’ospedale chirurgico CRI "Città di Milano"
OSPEDALI DA CAMPO:
- Ospedaletti da campo da 50 letti: dal n. 1 al n. 199 e dal n. 300 al n. 334
- Ospedali da campo da 100 letti: dal n. 001 al n. 0180
- Ospedale da campo da 200 letti: dal n. 201 al n. 250
SEZIONI SANITÁ: dalla n. 1 alla n. 89.
- Ciascuna sezione di sanità aveva alle dipendenze:
- un reparto carreggiato: stesso numero della sezione di sanità
- due reparti someggiati: numerazione espressa in centinaia, con il numero della sezione nelle unità (poi decine) e il progressivo nelle centinaia. Per le prime 9 sezioni era presente un terzo reparto someggiato aggiunto ad un Gruppo Alpino.
Esempio:
1a Sezione Sanità
1 reparto carreggiato
101 reparto someggiato
201 reparto someggiato
301 reparto someggiato
2a Sezione Sanità
2 reparto carreggiato
102 reparto someggiato
202 reparto someggiato
302 reparto someggiato