Schede
Il cimitero comunale della Certosa non è solo il luogo dell'eterno riposo o dove ammirare un enorme catalogo di scultura, architettura e pittura. E' stato anche vissuto dai suoi cittadini, infatti le cronache dei giornali ci riportano storie di amori tra le logge, fatti curiosi, riunioni segrete, screzi tra i dipendenti che abitavano con le loro famiglie nel cimitero. In diverse occasioni è stato anche teatro di tragici eventi criminali o di sangue.
Così il Giornale dell'Emilia di mercoledi 7 maggio 1947 segnala un luttuoso fatto: "Cronaca di Bologna. L’inventore del “Velocino” si è impiccato alla Certosa. Verso le 10,30 di ieri mattina il personale di custodia rinveniva impiccato con una corda all’inferriata dell’Ossario Comunale alla Certosa, il cinquantaseienne Ernesto Pettazzoni, fu Oreste, abitante in via Chiudare 4. Addosso al cadavere, in una borsa di pelle appesa alla cintola, è stato trovato un foglio con queste parole: Sono Ernesto Pettazzoni: non siano fatte spese per me, non portatemi in chiesa. Seppellitemi dove volete: se mai ho riposito paterno intestato ad Aristide Pettazzoni. Il rag. Pettazzoni era una figura molto nota nell’ambiente cittadino, soprattutto fra gli sportivi. Parecchi anni fa aveva un negozio in via D’Azeglio, di fronte all’Albergo Roma, nel quale vendeva biciclette e motocicli con motorino “Diana” offrendo ai clienti vantaggiose condizioni rateali. Tipo originale e d’ingegno, egli soleva fare sui giornali una spiritosa pubblicità ai suoi prodotti: lo “Slogan” più ricorrente era “il povero Pettazzoni si rovina per voi”. Tutti presero perciò a chiamarlo il “Povero Pettazzoni”. Ma il generoso commerciante a forza di vendere a rate, si rovinò davvero, e andò fallito. Chiuso il negozio aprì un’officina in via Chiudare. Studioso di meccanica applicata, inventò il “Velocino”, ossia quella bicicletta con la ruota anteriore piccolissima e il manubrio dietro il sedile, che per la verità non ebbe troppa fortuna. Visto il fallimento del suo nuovo tentativo, Pettazzoni partì per l’Africa, donde tornò pochi mesi or sono. Affezionatissimo alla moglie, rimase addolorato di non ritrovarla in buona salute come l’aveva lasciata. Una quindicina di giorni fa, durante una passeggiata in Velocino in compagnia del marito, la signora cadde e si ruppe un femore. La disgrazia impressionò fortemente il povero Pettazzoni, che più volte aveva avuto occasione di dire che se sua moglie fosse morta, si sarebbe impiccato. Il giorno precedente il suicidio egli aveva salutato gli amici in modo definitivo, dicendo “non ci vedremo più”; ma gli altri avevano creduto che scherzasse. Purtroppo doveva invece mantenere la parola.
Anche l'Avvenire d'Italia riportò la notizia, seppur in maniera molto più sintetica: “Atto insano”. Ieri, verso le 16,30 da alcuni custodi della Certosa è stato rinvenuto cadavere il cinquantaseienne Ernesto Pettazzoni fu Oreste, abitante in via Chiudare 4. Lo sciagurato si è tolto la vita impiccandosi all’angiporto dell’Ossario Comunale.
Si ringrazia Giovanni Paltrinieri per il materiale documentario e le informazioni ricevute.