Schede
Iniziatasi nel luglio 1915 la seconda battaglia dell’Isonzo, il Comando Supremo italiano ordinò che contro le posizioni nemiche di Plezzo si procedesse con azioni portate da truppe mobili, supportate da adeguato fuoco di artiglieria. Il 28 luglio a Udine Cadorna convocò i comandanti del IV° Corpo d’armata e del gruppo Carnia per concordare il piano d’attacco, il giorno fissato fu il 12 agosto.
La linea nemica nella conca di Plezzo era molto potente nelle sue difese principali e posta in modo da bloccare l’avanzata italiana contro le difese austriache del settore Tarvisio – Predil, il cui possesso era necessario per lo sbocco in Austria attraverso i passi alpini.
La disposizione delle forze italiane prevedeva truppe della 24° divisione per Val Raccolana e Sella Nevea quale ala sinistra; al centro una colonna comandata dal generale Giardina con rinforzo parte della divisione Bersaglieri che si trovava nei pressi di Saga; ala destra il resto della divisione Bersaglieri e parte della 33° divisione disposta tra lo Slatenik e lo Javorcek. La disposizione della artiglieria si dispiegava su di un ampio arco dalla Sella Prevala al monte Vrata; vi erano due batterie da montagna (38° e 51°) tra detta Sella e il rifugio monte Canino, alla stretta di Saga una batteria da campagna; sul Polonik, attorno allo Jama Planina il 1° gruppo someggiato, sotto la sella di quota 1270 una batteria da montagna e tre da campagna, al Vrata due batterie da montagna; poi i medi e grossi calibri da Saga a Caporetto, oltre alle artiglierie leggere delle divisioni 8°-33°-7°.
La preparazione d’artiglieria iniziò il giorno 12 agosto e si protrasse sino al 14, poi attaccarono le fanterie ottenendo importanti successi nella conca di Plezzo verso la planina-Gozdic e Podturo; nei giorni seguenti le operazioni mirarono a rafforzare il terreno guadagnato e si protrassero sino al 20 agosto. Dopo una sosta necessaria per il ricambio delle truppe e le scorte di munizioni, il 23 agosto riprese la battaglia; quel giorno l’abitato di Plezzo fu preso e superato dai bersaglieri dell’11° reggimento, mentre sull’orlo occidentale della conca gli alpini espugnarono il monte Cukla, sotto la vetta del Rombon, così che le ultime difese austriache della importante cima furono strette d’assedio da sud (m. Cukla) e da ovest (m. Palica). Il fallito attacco contemporaneo verso Tolmino, impose un rallentamento delle operazioni anche nella conca di Plezzo, ne approfittò il generale Giardina per organizzare la conquista del monte Rombon, dove l’avversario si era nel frattempo rinforzato. Il giorno 26 agosto le batterie italiane mantennero la cima della montagna sotto violento fuoco d’artiglieria, all’alba del 27 gli alpini iniziarono la scalata delle rocce a picco; ben presto raffiche di mitragliatrice e fuoco di fucileria frammentarono le forze assalitrici, tuttavia nuclei di alpini riuscirono a penetrare le difese del 4° reggimento Schutzen arrivando sino alla vetta del Rombon dove furono attaccati dai rincalzi nemici e costretti a ripiegare. A fine agosto la dislocazione delle truppe italiane nella conca di Plezzo andava da detto paese al monte Cukla, sul Rombon gli austriaci continuavano a resistere ad oltranza. Il Comando Supremo italiano ai primi di settembre ordinò la ripresa delle operazioni con l’intenzione di continuare l’avanzata oltre Plezzo e di conquistare la linea Rombon - Javorcek; la disposizione delle forze vedeva a sinistra tre battaglioni alpini (Rombon), a destra il 157° fanteria e l’11° Bersaglieri, al centro truppe del 6° fanteria e bersaglieri del 9° e 6° reggimento. Nel pomeriggio del giorno 11 settembre gli alpini del Ceva arrivarono a 300 metri dalla cima del Rombon, poi dovettero sostare per il mancato sostegno dei rinforzi, bloccati ad una quota più bassa. Il mattino seguente l’attacco riprese, ancora una volta la lotta si accese drammatica a poche decine di metri dalla cima, poi le truppe italiane furono costrette a ripiegare sino al gradino di roccia a metà strada tra il Cukla ed il Rombon dove si rafforzarono. Nel frattempo le operazioni contro lo Javorcek continuarono. Quando le truppe furono spinte avanti, si scontrarono con le difese passive nemiche non intaccate dal tiro della artiglieria; il caposaldo nemico sul Ravnilaz attaccato dal 6° fanteria e quello sul Ravelnik (6° bersaglieri), ressero agli urti della fanteria che subì gravi perdite; anche i successivi tentativi non ebbero esito favorevole. Il 12 settembre cessarono le operazioni contro la linea nemica Rombon – Javorcek, continuarono solo piccoli attacchi per migliorare le posizioni raggiunte
Paolo Antolini
Bibliografia: L’esercito Italiano nella Grande Guerra 1915-1918, volume II narrazione 1915