Schede
Dopo gli sconvolgimenti del biennio rivoluzionario (1848-1849) nel corso degli anni Cinquanta nello Stato Pontificio la situazione sembrò tranquillizzarsi poco alla volta, tanto che nel 1857 il cardinale Antonelli, Segretario di Stato, convinse Pio IX ad effettuare un lungo viaggio nei territori dello Stato, allo scopo di dimostrare alle potenze straniere che le affermazioni fatte da Cavour al Congresso di Parigi (1856), tese a dimostrare che negli stati del Papa ci fossero forti disagi e scontentezza da parte della popolazione, erano false, che le domande di riforme erano inutili, e che i sudditi amavano profondamente il loro sovrano.
Il viaggio, una volta annunciato, suscitò grandi speranze nel coté liberale e moderato: forse si pensava che il Papa, prendendo atto di persona della ben diversa realtà, avrebbe finalmente messo mano alle riforme. I moderati discussero a lungo su quale atteggiamento tenere con il Pontefice, e decisero di essere possibilisti: ogni riforma sarebbe stata meglio di un rivolgimento, e prepararono un indirizzo a Pio IX, sottoscritto da centinaia di rappresentanti di ogni classe sociale.
A Bologna però il Senatore Davia, ovvero il Sindaco, non ebbe neppure il coraggio di presentare al Pontefice tale indirizzo, ritenendolo già in sé un atto rivoluzionario. Inoltre, l'entourage del Papa premeva in senso contrario a queste speranze, deciso a non concedere alcuna possibilità, e il Papa stesso temeva ancora il verificarsi di situazioni che ricordassero il '48-'49. In questo clima di chiusura a nulla valsero i colloqui che Pio IX ebbe con i moderati. Marco Minghetti, che già era stato Ministro pontificio nel 1847-1848 (prima di dimettersi per partecipare alla Prima Guerra di Indipendenza), ebbe col Papa un lungo colloquio, che gli suscitò amare considerazioni:
“Il Papa m'era apparso come l'uomo infastidito d'ogni novità, reluttante ad ogni riforma, deciso a seguir la sua via imperturbabilmente contraria all'idea italiana. Io m'era sforzato di fargli comprendere, con una insistenza che poteva persino parer tracotanza, come il suo viaggio fosse l'ultima occasione che si offriva al Governo pontificio di rendersi bene accetto ai sudditi, e come perduta questa, il Piemonte sarebbe stato unico erede delle speranze italiane, e spinto per necessità a fare una politica più ardita, troverebbe i popoli disposti a seguirlo come la colonna di fuoco nel deserto. Per quanto le mille volte ripensando io mi fossi persuaso che il Governo pontificio era troppo remoto dalle istituzioni della civiltà moderna, per sperare che le accogliesse volenteroso, tuttavia mi ritornavano alla mente gli eventi del 1847, la parte che aveva avuto allora io stesso nel Governo, la buona volontà di Pio IX, le speranze concepite anche dai più circospetti, l'entusiasmo universale, la fiducia di amicare la religione colla libertà e sentiva ora come un ultimo strappo da tutto questo passato. Indi, necessità quasi fatale, prendeva con più risolutezza il cammino che guidava all'abolizione del potere temporale dei Pontefici”.
A Bologna dal 13 giugno risiede nella Villa Legatizia di San Michele in Bosco. Durante la permanenza visita chiese e palazzi, inaugura la 'Mostra industriale' nelle sale della Borsa a Palazzo Cataldi, posa la prima pietra del ponte ferroviario sul fiume Reno, riceve politici e personalità locali e il Granduca di Toscana e i Duchi di Modena e Parma, visita la fabbrica di tessuti Manservisi e lo studio dello scultore Cincinnato Baruzzi. Il viaggio di Pio IX produsse dunque l'effetto opposto a quello pensato dal cardinale Antonelli, tanto che il ministro del Regno di Sardegna Boncompagni, in visita a Bologna in quei giorni, scrisse che esso poteva veramente considerarsi “come il funerale del Pio IX primo, sepolto sino al dì del giudizio”