Schede
Nella notte fra il 9 e il 10 novembre 1917, lungo le sponde del Piave ci furono i primi scambi di fucilate. Nel tratto di fronte tenuto dal VIII Corpo un reparto di cavalleria germanica tentò il guado proteggendosi con le rovine del ponte della Priula, avvistato, fu rigettato dal fuoco di fucileria delle truppe italiane; su tutta la fronte del Piave iniziò a manifestarsi la pressione delle divisioni nemiche, le artiglierie predisposero il tiro di aggiustamento sugli obiettivi, le mitragliatrici inquadrarono il rispettivo campo di fuoco. All’alba del 12 novembre, nel punto di congiunzione dei Corpi XIII e XXIII nuclei nemici riuscirono a sorprendere i reparti italiani ponendo piede sulla sponda destra del Piave, dilagando poi nell’ansa che il fiume crea nei pressi di Zenson; la Brigata Acqui, prontamente intervenuta riuscì a contenere la testa di ponte austro-tedesca. Nel duro comunicato fatto pervenire dal Comando Supremo al comando della 3a Armata, il generale Diaz diede la colpa dell’avvenuta irruzione alla nostra prima linea troppo lontana dalla sponda del fiume e alla scarsa vigilanza delle pattuglie. Lo stesso Diaz, dubbioso della tenuta dell’esercito italiano sul Piave, nel comunicato nr. 5585 del 13 novembre ordinò che in caso di sfondamento la 3a Armata ripiegasse al Bacchiglione, protetta nel movimento dai Corpi d’armata della 2a Armata che si stavano ricostituendo nella zona di Padova. Il nemico cercò di approfittare della situazione: alle Grave di Papadopoli un battaglione guadò il Piave, reparti italiani del XI Corpo riuscirono a contenerne la spinta e a sera ci fu il ripiegamento sulla sponda sinistra dell’attaccante. A Zenson gli austro-tedeschi continuarono ad opporre ostinata resistenza, mantenendosi sulla sponda destra; quasi alla foce del fiume otto battaglioni nemici guadarono il Piave costringendo le truppe italiane del XXIII Corpo a ripiegare sino al fiume Sile. A Intestadura e nei pressi del ponte di San Donà l’attacco nemico fu stroncato e fallì. Nella notte fra il 13 e il 14 novembre, un tentativo di penetrazione nemica nei pressi di Salettuol sfruttando gli isolotti del Piave, fu prontamente ribattuto; sulla fronte del XIII Corpo la situazione a Zenson non mutò, le truppe italiane erano riuscite a bloccare l’allargamento della testa di ponte nemica, senza tuttavia eliminarla. Presso Noventa gli austro-tedeschi tentarono di espandere l’occupazione del basso Piave, all’alba del giorno 14 alcuni barconi carichi di truppe furono intercettati a metà di un ramo del Piave vecchio e affondati a colpi di mitragliatrice. Il Comando Supremo italiano si fece di nuovo sentire, Diaz ordinò che la linea occupata dalle truppe italiane fosse difesa ad oltranza, a preoccuparlo erano la testa di ponte nell’ansa di Zenson e il terreno perduto tra il Piave ed il Sile; il Comando Supremo ordinò che al XXIII Corpo fossero temporaneamente assegnati vari battaglioni di milizia territoriale, gruppi d’artiglieria costiera e reparti arditi, bisognava a tutti i costi riportare la linea di difesa alla sponda destra del Piave. Tuttavia il giorno 15 il gen. Diaz emanò anche le disposizioni per un eventuale ripiegamento della 3a Armata nel caso non si riuscisse a contenere il nemico sul basso Piave: l’arretramento prevedeva di raggiungere prima il Bacchiglione, poi l’Adige, quindi il Po. Il giorno 16 novembre si aprì con una brutta notizia, movimenti di truppe nemiche in Valsugana fecero temere un tentativo di sfondamento con direzione la pianura veneta, per richiamare le nostre riserve e alleggerire così la pressione sui reparti austro-tedeschi da più giorni in attacco sul basso Piave. In effetti, sulla fronte del VIII Corpo italiano il nemico passò il Piave tra Fagarè e Madonna della Sega; la lotta durò sino a sera, poi per il mancato arrivo dei rinforzi, gli austriaci ripiegarono sulla sinistra Piave. Di fronte al XI Corpo in due distinti momenti della giornata avvennero tentativi di sbarco fortunatamente bloccati; alle sei del mattino, fra Fagarè e San Bartolomeo, protetti dal fuoco dell’artiglieria, diversi battaglioni nemici passarono il Piave dilagando nella retrovia; il pronto accorrere delle riserve del XIII Corpo permise di contenere alla sponda destra del fiume l’irruzione. Il giorno 17 il nemico sviluppò violento fuoco d’artiglieria a protezione delle sue teste di ponte in sponda destra, particolarmente contro le posizioni italiane presso Intestadura, Zenson, Capo Sile; protetti dal fuoco nuclei nemici passano il Piave e occuparono caseggiati abbandonati presso Cavazuccherina (l’attuale Iesolo). Nei giorni 18 e 19 novembre, sulla fronte del basso Piave tenuto dalla 3a Armata ci furono solo duelli d’artiglieria; sia gli italiani che gli austro-tedeschi ne approfittarono per far rifiatare i soldati e ricomporre le scorte di viveri e munizioni. Ricognizioni di pattuglie italiane sugli isolotti del Piave rinvennero numerose armi abbandonate, corpi di soldati nemici furono pietosamente sotterrati.
Ma il 20 novembre riprese violenta la battaglia all’ansa di Zenson. Truppe della 14a Divisione italiana del XIII Corpo attaccarono all’alba protette dal fuoco d’artiglieria; in un primo momento il nemico retrocesse sino alla sponda del Piave, poi nel pomeriggio si rifece sotto e con il fuoco di numerose mitragliatrici ricacciò indietro i reparti italiani. In quei giorni arrivarono al fronte, nelle fila della 3a Armata, 36000 complementi buona parte composti dai giovani della classe 1899; nelle comunicazioni di Diaz tale innesto venne indicato come ottimo per la leva del ‘99 e scadentissimo per gli altri. Nei giorni seguenti le opposte artiglierie operarono tiri isolati sulle strade di comunicazione e raffiche sui concentramenti di truppe, bruciarono case abbandonate, qualche deposito di munizioni saltò in aria. All’ansa di Zenson e fra il Piave e il Sile il nemico consolidò la sua occupazione.
Ai primi di dicembre l’affluire a tergo della 3a Armata di truppe Inglesi rinfrancò il morale di Diaz, l’ordine per un eventuale ripiegamento venne in parte modificato, fu annullato il passaggio in sponda destra del Po. L’inverno si fece sentire anche lungo il basso Piave, pioggia e temperature rigide misero in evidenza la scarsa dotazione delle truppe italiane: solo alle sentinelle veniva dato il cappotto, i soldati in trincea potevano coprirsi con la mantellina e la coperta in dotazione; il rancio era definito pessimo e modesta la quantità, la distribuzione avveniva una sola volta al giorno alle 19 di sera.
Il 18 dicembre il nemico riprese i suoi tentativi di passare il Sile di fronte al XXIII Corpo, diverse barche poste in acqua sotto copertura d’artiglieria vennero intercettate e distrutte. Tuttavia di fronte a Palazzo Brazzà truppe austriache riuscirono a mettere piede sulla destra del fiume nell’ansa di Cà Lunga, dilagando poi nelle retrovie; l’intervento della artiglieria italiana e reparti di riserva ricacciò indietro l’attaccante senza però sloggiarlo dalla riva destra del Sile. Col nemico concentrato nelle operazione tra la foce del Piave e il fiume Sile, all’ansa di Zenson le cose non erano cambiate e i due schieramenti si fronteggiavano senza tentare attacchi in forze. A preoccupare il Comando Supremo italiano era il continuo tentativo nemico di porre in atto piccole teste di ponte sulla destra Piave oltre a quella di Zenson di novembre e sulla destra Sile di metà dicembre; il generale Diaz temeva che gli austro-tedeschi si preparassero per uno sforzo in grande stile teso a unire tutte le teste di ponte, in questo caso tutta la 3a Armata avrebbe dovuto ritirarsi abbandonando la linea del Piave. Il 24 dicembre durante la notte, il 64° battaglione Bersaglieri riuscì a sorprendere il nemico presso l’ansa di Cà Lunga, rioccupando per intero tutta la sponda destra del Sile. Per tutto il resto del mese di dicembre non vi furono attacchi in grande stile, durante il giorno i grossi calibri batterono le strade di collegamento e le retrovie, durante la notte le sponde del Piave videro azioni di pattuglie tese a fare prigionieri e distruggere avamposti sui tanti isolotti del fiume. Il 31 dicembre davanti al XIII° Corpo, l’artiglieria austriaca batté con tiro cadenzato i soliti obiettivi, la risposta italiana fu blanda; poi il tiro raddoppiò sconvolgendo le difese nemiche all’ansa di Zenson, truppe d’assalto del 3° Bersaglieri portatesi sotto, attaccarono gli austriaci che stavano ritirandosi dall’argine destro del Piave. La battaglia fu breve, gli austriaci opposero scarsa resistenza; l’ansa di Zenson tornò in mano italiana, la tanto temuta testa di ponte nemica era stata neutralizzata.
Agli austroungarici era però riuscito il passaggio in forze del fiume quasi alla foce, con l’occupazione del tratto di terreno tra il Piave e la sponda sinistra del Sile. Reparti italiani, risalendo con imbarcazioni la foce del Piave sbarcarono nei pressi di Cortellazzo, dando vita ad una testa di ponte rifornita grazie alla spola di naviglio leggero della marina. Tale testa di ponte venne tenuta dal nemico sotto bombardamento di artiglieria e aereo, perché operazioni terrestri in grande stile causa il terreno paludoso erano impossibili da effettuare.
Paolo Antolini
Bibliografia: Ministero della difesa, Stato maggiore dell'esercito, Ufficio storico, L'esercito italiano nella grande guerra, 1915-1918, Roma, Ufficio Storico SME, 1927-1980