Schede
Poichè le impellenti necessità del traffico e del movimento di Bologna nuova, hanno fatto crollare, come un vecchio e logoro scenario, tutto il lato sinistro di quel tratto di via Ugo Bassi che è compreso fra via Giacomo Venezian e via Gombruti, e poichè per effetto di tale demolizione e delle conseguenti ricostruzioni, la caratteristica arteria cittadina ha perduto nell'allargarsi, quel senso d'intimità provinciale che l'aveva, fino a pochi anni addietro, contraddistinta, non par disdicevole rivolgere per un attimo lo sguardo al passato e riandare le curiose vicende subite, nel corso dei secoli, da questa strada così schiettamente petroniana.
La via Ugo Bassi dunque, lunga come oggi noi la vediamo, risale agli ultimi anni del quattrocento. Prima di quel tempo essa non esisteva affatto come via di comunicazione fra le strade di San Felice e del Mercato di mezzo. Al contrario, essa svolgevasi per un solo tratto, incominciando dalla porta del secondo recinto, detta Stiera, situata in mezzo alla via, dirimpetto alle case del giureconsulto Rolandino de' Romanzi, trasformatesi poi nel Palazzo Ghisilieri (ora Hotel Brun), e giungeva fino alla Volta dei barberi, cioè all' imbocco della via Imperiale di San Prospero (ora Cesare Battisti) e della via del Poggiale (ora Nazario Sauro), prendendo nome dalla Chiesa e dal Monastero dei Santi Gervasio e Protasio esistenti nel luogo ove ora sorge il Mercato coperto. Dopo l'allargamento della terza cinta però, fu considerata come una continuazione di via San Felice, ed ebbe di notevole ai suoi lati, oltre il Palazzo e la Chiesa già ricordati, anche il Guasto dei Canetoli, all'angolo di via Gombruti, costituito dalle rovine delle case di Battista e Bettozzo Canetoli, distrutte nel 1445 dal furore popolare, dopo l'assassinio di Annibale Bentivoglio. Dalla Volta dei barberi poi, così chiamata perchè voltavano per la via Imperiale di San Prospero i cavalli barberi che correvano i Palii da porta San Felice alla piazza maggiore, l'area della strada attuale fino alla via del Mercato del Fieno e della Paglia (già del Carbone ed ora G. Venezian) era tutta occupata da edifici ed appena intersecata dalla continuazione della piccola via dei Maniscalchi (Calcavinazzi), mentre da Fieno e Paglia alla via delle Scudelle, assorbita in seguito dalla piazza del Nettuno, correva a fianco del Palazzo pubblico una strada che in certi punti aveva circa due metri di larghezza. È facile comprendere come nelle vicinanze del centro, una simile stradicciola riuscisse con l'andar del tempo più d'inciampo che di utilità, e poichè durante la signoria di Giovanni II Bentivoglio, molti abbellimenti e molte migliorie erano state apportate alla edilizia e alla viabilità cittadine, provvida apparve l'azione del Senato che, desideroso di rendere agevole in un luogo centrale la vendita delle erbe, delle uova e dei polli, decretò nel 1491 e fece eseguire nel 1496, l'apertura di una piazza presso le mura del Palazzo pubblico dal lato di settentrione, ordinando inoltre per maggior comodità dei bolognesi, le demolizioni necessarie per collegare direttamente la via Maggiore e il Mercato di mezzo con la via San Felice. Nacque così la odierna via Ugo Bassi, che però fino alla seconda metà dell'ottocento, e salvo un'unica eccezione, fu sempre divisa in tre parti distinte, aventi ciascuna il suo nome particolare.
La nuova piazza che ne costituì la prima parte, e che dal Canton de' Fiori (inizio di via Indipendenza), raggiunse Fieno e Paglia e via Oleari, vide sorgere lungo il suo lato destro un ampio portico, sostenuto da colonne fino al vicolo Ghirlanda e da mezze colonne sovrapposte a pilastri fino a via Oleari. E questo portico che in un primo tempo offri asilo ai venditori di pollame, si chiamò Volte dei pollaroli e diede il nome anche alla piazza, la quale fu pure detta Piazza nuova degli ortolani, allorchè nel 1499 vi furono segnati con terrafitti di macigno i posti dei rivenditori di ortaglie ed erbaggi. In seguito, il trasporto degli uffici della Dogana, dal vecchio e ristretto locale in via Castiglione a tergo del Palazzo Sampieri, nel nuovo edificio eretto da Domenico Tibaldi (1573-1575) lungo la via Oleari e con ingresso e facciata verso la nuova piazza, fece si che questa fosse ribattezzata Piazza della Dogana nuova, mentre il mercato dei porci che vi fu periodicamente tenuto fino ad oltre la metà del secolo XVII, le valse il nome poco edificante di Piazza porcina. Accanto ai mercati, la Dogana contribui naturalmente a concentrare in un sol luogo gran parte dell'attività commerciale di Bologna, e come dalle necessità degli ortolani e dei treccoli, trasse forse origine la bella fontana del Laureti edificata nel 1565 sul fianco del Palazzo pubblico, in onore di Pio IV, così nel 1679, per le richieste dei bottegai e dei mercanti furono, con biasimevole intendimento, addossate allo stesso fianco alcune botteghe posticcie che rimasero poi fino a circa cinquant'anni fa, a testimoniare del pessimo gusto di coloro che ne ordinarono la costruzione. La nuova Dogana aveva di fronte, per strano contrasto, le tetre prigioni del Torrone all'angolo della via Fieno e Paglia e per quanto il suo edificio non venisse mai ultimato, era tuttavia di tale ampiezza da rivaleggiare con le Dogane più importanti d'Italia. Oltre a vasti magazzini e agli uffici dei sette Senatori assunti e dei dodici Dottori sindaci, essa comprendeva anche una Cappella votiva, ornata d'un pregevole dipinto di Bartolomeo Passarotti. La sua permanenza nella nuova sede, durò fino al 1801, fino a quando cioè venne trasportata nell'ex convento di S. Francesco. Nei pressi della Dogana, e precisamente nel vicolo Ghirlanda, ebbero stanza, per lungo tempo i corrieri di Roma e di Venezia, che effettuavano anche il servizio della posta delle lettere per ogni parte d'Italia, e nella contigua via Pietrafitta (ora Montegrappa), risiedevano i carrettieri e mulattieri che assumevano i trasporti delle mercanzie e delle derrate. Il movimento dei viaggiatori e dei forestieri, in certi periodi dell'anno assai intenso, era quasi tutto concentrato invece nel tratto intermedio della via Ugo Bassi che va da via Oleari a via Nazario Sauro. Aperto, come si è detto, nel 1496 e chiamato Via nuova di San Felice, questo tratto fu presto popolato di stalle, di rimesse e di osterie. Chiunque poteva cercarvi alloggio o mezzi di trasporto per compiere viaggi in Italia ed in Europa e perciò ad ogni ora vi stazionavano sensali e vetturini, e il crocevia in prossimità della Dogana dicevasi appunto Crociale dei noleggiatori. Per questa ragione il popolo battezzò la nuova strada col nome di Via dei Vetturini, e tale denominazione giunse può dirsi fino a noi, soverchiando l'altra di Via della Zecca che le era stata imposta dopo l'erezione dell'austero Palazzo della Zecca, avvenuta negli ami 1578-1580 su disegno, di Scipione Dattari.
Quanto alle osterie della via dei Vetturini, esse furono quasi tutte rinomátissime e non meritarono il nome volgare con cui venivano contrassegnate, giacchè ebbero aspetto e sostanza di ottime locande e di eccellenti alberghi. Fra di esse, quella del Pellegrino, conservò sempre un notevole primato, mentre allo stesso lato della strada brillò l'insegna del Cavalletto, ed al lato opposto trascorsero una vita lunga e prosperosa quelle di San Giorgio, dell'Angelo e di San Marco. Queste ultime due anzi furono spesso, con l'altra del Pellegrino, segnalate dalle Guide. Ciascuna di queste osterie, o meglio di questi alberghi, vantò in ogni tempo ospiti illustri: sovrani, principi, diplomatici, alti prelati, artisti, poeti ai quali non è qui possibile accennare particolarmente. Basterà tuttavia ricordare, ad esempio, che al Pellegrino scese, in forma privata, la sera del 16 dicembre 1783, l'Imperatore d'Austria Giuseppe II col finto nome di Conte di Falkenstein, e che subito sotto le finestre dell'albergo suonarono quattro orbini i quali, alcuni anni innanzi, erano stati a Vienna, Londra e Parigi... Ciò saputo, il sovrano volle vederli e ascoltare le loro melodie nel suo appartamento ed avendoli riconosciuti, li regalò di denari e di una medaglia d'argento col suo ritratto. Pure al Pellegrino prese stanza nel 1818 il grande poeta inglese Giorgio Byron e l'avvenimento fu poi ricordato in una lapide, con epigrafe di Giosuè Carducci, che si conserva ancora nella casa segnata col n. 7, antichissima sede dell'albergo da pochi anni scomparso. Per il San Marco, già situato all'angolo di via Vetturini con via della Zecca (ora allargata), si può di sfuggita segnalare che, fra i tanti, vi alloggiarono lo Stendhal, nel 1811, e Giuseppe Garibaldi. Il finissimo letterato francese però, nonostante fosse soddisfatto del trattamento usatogli, scrisse nel suo Journal che gli italiani erano barbari per ciò che riguardava le comodità interne delle case, e che la porta della sua camera d'albergo era senza saliscendi e doveva perciò tenerla o chiusa a chiave o aperta. La tradizione orale vuole invece che il generale Garibaldi, quando gli avveniva di recarsi a Bologna, passasse, sia pure per breve ora, al San Marco per salutarne i proprietari, che erano parenti di Ugo Bassi, e per rivedere le stanze ove il glorioso martire aveva trovato amorevole ricetto sia negli anni giovanili, sia in quelli fortunosi del Risorgimento. E a proposito delle frequenti soste dell'eroico frate nell'Albergo della via dei Vetturini, è lecito supporre che esse suggerissero nel 1868, a Quirico Filopanti, la proposta d'intitolare la via stessa al di lui nome, unificandola col tratto delle Volte dei pollaroli e con Paltro che, come già s'è visto, prolungavasi fino all'imbocco di via San Felice.
L'idea di una simile unificazione non era però del tutto nuova, giacchè fin dal 1531 il Senato bolognese aveva decretato che le tre strade dovessero chiamarsi con l'unico nome di Via Imperiale, a ricordo dell'imperatore Carlo V, che l'anno precedente, durante la sua permanenza nella nostra città, per la solenne incoronazione, s'era compiaciuto di passeggiarvi con particolare predilezione. Ma il battesimo ufficiale non ebbe allora durevole fortuna, mentre il nome di Ugo Bassi è ormai entrato nella consuetudine e certamente continuerà a sussistere nell'avvenire, anche quando nuove trasformazioni al lato destro della via, avranno distrutte le ultime traccie di una delle località più caratteristiche della vecchia Bologna.
BIBLIOGRAFIA. GALEATI D. M.: Diario o siano notizie varie di Bologna dal 1550 al 1796. Vol. 120 ms. nella Biblioteca dell'Archiginnasio. GUIDICINI GIUSEPPE: Cose notabili della Città di Bologna. Vol. 4° e 5º. Bologna, 1868-73. SCALIGERI DALLA FRATTA CAMILLO (A. BANGHIERI): Origine delle Porte, Strade, Borghi, Contrade, Vie, Viazzoli, Piazzole, Salicate, Piazze e Trebbi dell'illustrissima città di Bologna, ecc. Ivi, 1635 c 1712. STENDHAL: Journal. Vol. 4°. Paris, 1934 ZANTI GIOVANNI: Nomi et coguerai di tutte le strade, contrade et borghi di Bologna. Ivi, 1583. Testo tratto da: 'Le vicende di via Ugo Bassi', in Oreste Trebbi, 'Cronache della vecchia Bologna', Compositori, Bologna, 1937.