Schede
L'arte ceramica a Bologna nel sec. XVIII ha raggiunto livelli qualitativi e quantitativi di formidabile portata che hanno indotto gli studiosi a riesaminare tutto il panorama della produzione fittile nella nostra regione durante il '700 e a rivalutare il ruolo avuto dalla nostra città. La feconda attività di manifatture come quelle di Colle Ameno, Finck, Rolandi e Aldrovandi, operanti fra la metà del secolo e i primi decenni dell' 800, pongono infatti Bologna fra i centri di maggiore e più raffinata produzione ceramica dell'epoca. I bolognesi che visitarono nel 1979 la mostra L'arte del Settecento in Emilia e in Romagna ammirarono in modo particolare un gruppo di maioliche di Colle Ameno. Qualcuno anzi si inorgoglì poiché, con la consacrazione derivante da una rassegna di tale importanza, Bologna entrava nel numero abbastanza ristretto dei centri che avevano prodotto la maiolica fine. A dire la verità non era la prima volta che tali maioliche venivano esposte: era già accaduto nel 1968 in una piccola mostra organizzata a Sasso Marconi dal comune della Pro Loco. In quella occasione furono presentati anche i rarissimi volumi usciti dalla stamperia dello stesso Colle Ameno, strumenti e documenti marconiani, reperti archeologici ed altre cose riguardanti la storia locale. Purtroppo la mancanza di tempo e di mezzi non permise la pubblicazione di un catalogo: peccato. Se le maioliche di Colle Ameno erano (e sono) fisicamente poco conosciute per via della loro assenza dai musei cittadini - ma dobbiamo dire che perfino il Museo Internazionale delle ceramiche di Faenza ne è sprovvisto - le vicende della loro produzione erano già note da tempo.
A Colle Ameno presso Pontecchio Marconi la famiglia senatoriale Ghisilieri edificò, nella prima metà del Settecento, una grande villa (di cui ben poco è rimasto dopo le distruzioni belliche) dove in precedenza sorgeva un casino di villeggiatura dei Davia. L'ampio complesso edilizio comprendeva una chiesa dedicata al famoso antenato di famiglia, papa Pio V Ghisilieri, un ospedale, un teatro, una stamperia (all'insegna dell' Iride), un borgo per una trentina di famiglie addette alle varie attività artigianali, commerciali ed agricole del luogo e la residenza padronale. In questi ambienti l'estroso marchese Carlo Filippo aveva allestito una storia di museo privato, che andava ben oltre la Wunderkammer, tanto di moda nelle case nobili del tempo, nel quale si potevano ammirare dipinti, sculture, medaglie, monete, vetrerie, porcellane, strumenti scientifici, collezioni di armi, libri ed altro. Insomma, approfittando della vastità dell'edificio, il marchese Filippo Carlo, come disse uno storico del Settecento, "quivi cercò di adunare tutto quello che poté a pro delle arti, dell'agricoltura, del commercio e dell'antiquarie".
Una produzione "perfettissima e nobilissima"
A qualche centinaio di metri dalla residenza era stata creata una specie di zona industriale con una fornace da mattoni, una fornace da calce e la fabbrica della maiolica, che comprendeva anche l'alloggio per i ceramisti. Tale officina era attiva nel 1759 quando tale Angelo Pedroni - un prestanome del Ghisilieri - adducendo il fatto di aver trovato - dopo molte e dispendiose ricerche, una certa terra sul bolognese nel comune di Pontecchio con cui si formavano perfetti lavori di maiolica - chiese al Senato una privativa per dieci anni. La concessione non venne tuttavia elargita perché identica richiesta era stata avanzata dal ceramista Bragaglia che teneva una fabbrica a porta S. Vitale in città. Nonostante ciò la fabbrica - sotto l'egida di Filippo Carlo Ghisilieri - raggiunse in pochi anni una produzione notevole e nel 1762 era in grado di consegnare ad un venditore di Ferrara una partita di mille pezzi di "perfettissime e nobilissime maioliche". L' improvvisa morte del marchese Filippo Carlo Ghisilieri, avvenuta nel 1765, veniva ad interrompere la feconda attività della fabbrica di Pontecchio; il figlio ed erede Francesco vendette le maioliche esistenti nei magazzini ed alcune attrezzature. Ma dopo pochi mesi la fornace si riaccese quando i celebri ceramisti Giuseppe Finck, Giovanni Antonio Rolandi ed il commerciante Adriano Ferrari decisero di prenderla in affitto e di riattivarla. Il Finck ed il Rolandi erano anche proprietari della ricordata fabbrica di porta S. Vitale, per cui ben presto si trovarono in difficoltà a sostenere l'impegno di due fabbriche, molto distanti l'una dall'altra. Così nel 1768 l'impresa ceramica di Colle Ameno cessò per sempre la sua produzione. La sua luminosa stagione durò quindi meno di dieci anni, ma lasciò un segno incisivo per la sua peculiarità culturale e perché da essa ebbe inizio quello straordinario periodo che vide la ceramica bolognese e raggiungere i vertici più alti della produzione europea. Pur nella sua breve vita, la fabbrica di Colle Ameno conserva ancora diversi segreti: mancano per esempio i nomi dei ceramisti che vi operarono dal 1759 al 1765 e non si conoscono alcuni tipi di maioliche che sono descritte nelle carte dell'epoca.
E' auspicabile che le ricerche in corso portino al ritrovamento di alcuni documenti e, specialmente, di alcuni pezzi significativi che vengano ad aggiungersi a quelli già noti. Perché ciò avvenga è necessario pescare nel - mare magnum - delle maioliche non ancora identificate e in quello, altrettanto vasto, delle maioliche con attribuzioni incerte ed errate. Ma anche se non emergerà nulla di nuovo, poco male: ciò non farà che donare alle belle maioliche di Colle Ameno un ulteriore motivo di fascino.
Giorgio Bertocchi
Tratto da BOLOGNA - MENSILE DEL COMUNE - Attualità. Cultura, economia e vita amministrativa - Anno di fondazione 1915 - Anno LXXIV N. 12 Dicembre 1988. Trascrizione a cura di Lorena Barchetti.