Schede
La politica estera italiana nel decennio successivo all'Unità (1860) si mosse lungo tre linee direttrici: il completamento dell'Unità, l'inserimento del nuovo Stato nel concerto delle potenze in modo da garantire il mantenimento dei risultati raggiunti, l'allacciamento di relazioni diplomatiche per far conoscere il nome dell'Italia anche oltre i confini europei. Il primo obiettivo venne parzialmente raggiunto nel decennio seguente: nel 1866 venne annesso il Veneto con Venezia e nel 1870 Roma e il Lazio. Dopo il 1870 le iniziative nel Mediterraneo e nei paesi extraeuropei assunsero un'importanza sempre crescente, preferendo mantenere una situazione di calma nel settore europeo.
I primi governi dell'Italia unita ritennero necessario un periodo di raccoglimento per far fronte alla situazione finanziaria e riuscire a favorire così lo sviluppo economico del Paese, molto più arretrato rispetto ad altri paesi dell'Europa occidentale. Le vecchie alleanze erano difficili da applicare ancora e ci si rese conto che, per evitare l'isolamento totale, era necessario avvicinarsi verso la nuova Germania unificata e aprire all'Austria. Tale apertura e l'allontanamento dall'influenza francese mirarono soprattutto a tenere l'Italia fuori da eventuali conflitti europei, ritenuti potenzialmente penalizzanti (fu per questo motivo che vennero abbandonate le istanze coloniali e le aspirazioni irredentistiche). Gli eventi che ebbero un ruolo fondamentale nell'avvicinamento dell'Italia agli Imperi centrali furono essenzialmente due: la creazione del protettorato francese in Tunisia e l'acuirsi della Questione romana.
In questo contesto la proposta di un'alleanza con la Germania e l'Austria fu effettivamente voluta dall'Italia. Una prima richiesta fu avanzata il 29 dicembre 1881 ma trovò il cancelliere Bismark indifferente: ciò che probabilmente lo convinse a prenderla in considerazione fu il timore che una crisi interna allo Stato italiano potesse mettere in pericolo l'istituto monarchico e portare, quindi, ad un'alleanza con la Francia repubblicana. Il trattato della Triplice Alleanza, con scadenza quinquennale, venne firmato nel maggio 1882 e vide l'Italia in una posizione nettamente subalterna rispetto agli altri due firmatari. La Triplice si presentava come un contratto a carattere difensivo: Germania e Austria si impegnavano a sostenere l'Italia in caso di attacco da parte della Francia (molto improbabile); lo stesso impegno valeva per tutti i firmatari nel caso di attacco da parte di una o più potenze esterne al patto, come nel caso di un'alleanza franco-russa (più probabile) in chiave antitedesca e antiaustriaca. Dalla Triplice l'Italia ottenne ben pochi vantaggi; quello forse più interessante fu l'eliminazione della Questione romana dalla politica internazionale. Molto più numerosi furono gli svantaggi e le concessioni fatte: assenza di ogni appoggio agli interessi italiani nel Mediterraneo e nei Balcani in relazione all'espansione austriaca e rinuncia ufficiale ad ogni azione politica in senso irredentista. La firma della Triplice Alleanza, ad ogni modo, costituì la fine del periodo d'isolamento in cui versava l'Italia da molti anni e aprì una fase del tutto nuova in campo internazionale. La posizione dell'Italia venne nettamente migliorando sia nei confronti degli alleati che degli avversari e dal 1885 la situazione internazionale permise di far valere la sua accresciuta potenza militare. Contemporaneamente la posizione degli Imperi centrali si fece più difficile sia sul fronte occidentale sia su quello orientale: ciò provocò il timore, da parte della Germania, di una concreta intesa franco-russa. L'Italia sfruttò la situazione e attese che la richiesta di rinnovo provenisse dagli alleati tedeschi, mostrando allo stesso tempo di apprezzare la politica di cordiale accomodamento che la Francia veniva conducendo a proposito degli interessi italiani nel Mediterraneo.
Il 20 febbraio 1887 venne rinnovato il trattato della Triplice e vennero firmati due trattati addizionali; da questi l'Italia riuscì ad ottenere tutto quello che non era riuscita a conquistare nel 1882: garanzia da ogni possibile colpo di mano francese nel Mediterraneo, apertura dei problemi relativi ai Balcani e all'Adriatico e potenziale ripresa delle speranze di rivendicazione delle terre irredente. In seguito, il trattato della Triplice venne di volta in volta riconfermato, spesso aggiungendo qualche clausola; tuttavia, nel corso degli anni i rapporti tra gli alleati cominciarono a deteriorarsi e a diventare sempre più tesi (soprattutto nei confronti dell'Austria). L'attentato di Sarajevo nel 1914 fu il banco di prova per l'Alleanza, prova da cui la Triplice uscì fortemente indebolita. In occasione dell'ultimatum austriaco inviato alla Serbia, l'Italia comunicò che il proprio Governo avrebbe ritenuto responsabile l'Austria per un eventuale allargamento del conflitto; tuttavia, aggiungeva che avrebbe potuto prendere in considerazione l'idea di entrare in guerra al fianco dell'alleata se ciò fosse corrisposto agli interessi italiani (si cercava di far pressione per la cessione del Trentino). Il susseguirsi frenetico degli eventi privò l'Italia del tempo necessario per riuscire ad ottenere l'appoggio di Berlino alla propria causa (la Germania si era spinta troppo in là nell'appoggiare l'Austria per poterla minacciare con un non-intervento). Quindi, in un primo momento, l'Italia decise di restare neutrale. Profittando dei successi militari dell'Intesa, l'Italia si convinse che probabilmente era opportuno voltare definitivamente le spalle ai vecchi alleati e cercarne di nuovi. Le trattative con Londra iniziarono pian piano finchè non si giunse ad un accordo vero e proprio, che venne firmato il 26 aprile 1915 tra l'Italia e le potenze dell'Intesa. Il 4 maggio la Triplice Alleanza venne denunciata dall'Italia che il 24 dello stesso mese entrò in guerra contro le sue ex-alleate.
Raffaella Dicuonzo