Schede
Nel 1915 il confine italiano correva lungo la catena delle Alpi Carniche, il fronte andava dal monte Peralba al monte Canino per uno sviluppo di 25 chilometri in linea d'aria più che raddoppiato sul terreno. Il settore era comandato dal Gen. Clemente Lequio, con quartier generale a Tolmezzo. Nella zona Carnia erano dislocate 2 brigate di fanteria e 16 battaglioni alpini, l'Austria aveva in linea la 92° divisione comandata dal Gen. Rohr. La zona Carnia si divideva in 2 sottosettori: But-Degano a ovest e Fella a est, alla testata della valle del torrente But, lungo la strada che da Timau (italiana) porta a Mauthen (austriaca) si trova il passo di Monte Croce Carnico-mt. 1360-. Durante il periodo di neutralità dell'Italia, l'Austria aveva potenziato il suo sistema difensivo attorno al passo, occupando le cime del Pal Piccolo-mt. 1886-e Pal Grande-mt. 1809-a destra del passo e la Creta di Collinetta-mt. 2188-, che si erge alla sua sinistra; dalla quota 1829 della Creta di Collinetta, un robusto trincerone blindato ed in parte coperto, protetto da reticolati e cavernette con mitragliatrici e cannoncini da trincea, si collegava alla linea difensiva sul Pal Piccolo comprendente i 2 cocuzzoli a quota 1859 e 1866, per finire alla cima del Pal Grande. Da parte italiana si era provveduto a rendere impraticabile la strada ed i sentieri di collegamento delle malghe e casere con Timau, perché la zona, aspra e dirupata, non permetteva grossi lavori difensivi. Il 24 maggio 1915 a difesa del passo di M. Croce Carnico si sistemò il II° battaglione del 3° reggimento fanteria, mentre a sinistra - Creta di Collinetta - e destra - Pal Piccolo e Pal Grande - erano schierati il battaglione alpini Tolmezzo e due compagnie del Val Tagliamento. Lo sbarramento stradale austriaco sul passo risultò da subito inattaccabile, pertanto fu sulle ali che si concentrò lo sforzo italiano. La notte del 25 maggio, la 12° compagnia del Tolmezzo piomba di sorpresa nelle ridotte austriache della linea di quota 1859 - 1866 del Pal Piccolo, riuscendo a cacciarne i difensori; i rumori della battaglia allertano però gli austriaci sul Pal Grande, così che la 6° compagnia viene intercettata allo scoperto e praticamente distrutta. Il giorno 27, un battaglione delle Regie Guardie di Finanza sostituisce al passo i fanti del 3° reggimento, che vengono inviati a rinforzo degli alpini della 6° compagnia ancora bloccata sotto i reticolati austriaci del Pal Grande: solamente all'alba del 28 e grazie all'intervento della 52° batteria da montagna riesce l'occupazione delle difese avversarie. Dopo l'attacco italiano la linea passo di M. Croce-Pal Piccolo-Pal Grande è quasi per intero in nostro possesso, restano però austriache la Creta di Collinetta e il Cuelat, vera spina sul fianco per il dominio che esercitava sul sistema di rifornimento che da Timau saliva alle casere. In risposta dell'attacco italiano, le artiglierie austriache tenevano sotto costante tiro tutta la zona del passo e le retrovie, la stessa Timau era battuta e incendiata, la difficoltà dei rifornimenti rendeva precaria la nostra occupazione. Il Cuelat, ancora austriaco, formando una sella a quota 1629 incuneata tra il Pal Piccolo ed il Pal Grande, non permetteva neppure il collegamento tra i reparti italiani, così che più che una linea si avevano due isole di occupazione. All'alba del 5 giugno riprende il nostro attacco, una azione dimostrativa verso il vicino passo del Cavallo e la Creta di Collinetta distoglie l'attenzione austriaca dal vero obiettivo: la sella del Cuelat. L'esito ci è favorevole e 2 plotoni del Val Tagliamento occupano di sorpresa le difese di quota 1629, facendo prigionieri e discreto bottino di armi e munizioni. La reazione avversaria non si fa attendere, sostenuta da violento concentramento di fuoco d'artiglieria, la fanteria austriaca contrattacca su tutta la linea della nostra occupazione; da parte italiana si risponde con tiratori scelti disposti a macchia di leopardo e nascosti nelle asperità naturali del terreno, mentre la restante truppa provvede a migliorare le difese. Il 14 giugno, gli austriaci sferrano un potente attacco di fanterie sorrette da squadre di mitragliatrici, in breve il Cuelat e le quote 1866 e 1859 del Pal Piccolo sono riconquistate, la nostra retrovia si trova in grave pericolo. Muovono da Timau e Paluzza le compagnie alpine di riserva, dal vicino monte Tierz la nostra artiglieria prende d'infilata gli austriaci che scendono i fianchi del Pal Piccolo, a sera la situazione è ristabilita e la nostra occupazione torna ad essere la stessa precedente l'attacco avversario, rimangono in loro possesso solo le trincee di quota 1866 sul Pal Piccolo. Lo scampato pericolo fece raddoppiare, nei mesi successivi, gli sforzi per il potenziamento delle difese in roccia e si costruirono altri ordini di trincee alle spalle della prima linea, inoltre fu notevolmente aumentata la forza delle truppe nel settore del passo M. Croce Carnico. Alla fine d'agosto, ritenendo sufficienti i preparativi fatti, il comando italiano ordina la riconquista di quota 1866. Anche l'avversario aveva provveduto a rafforzarsi a difesa, le compagnie italiane d'assalto furono fatte avvicinare sino ai reticolati intatti e poi prese d'infilata dal tiro di fucileria e mitragliatrici; dopo poche ore il nostro Comando diede l'ordine di sospendere l'attacco e rientrare alle posizioni di partenza. L'inverno 1915 - 1916 portò abbondanti nevicate, valanghe quasi giornaliere bloccarono sui due fronti ogni tentativo di nuove occupazioni, solo piccole pattuglie mantenevano l'occupazione delle creste. Il 26 marzo 1916, scavando numerose gallerie nella neve alta una decina di metri, gli austriaci irrompono di sorpresa nelle posizioni di quota 1859 del Pal Piccolo, conquistandole; il nostro immediato contrattacco è frustrato dalla nebbia e dalla neve che riducono a zero la visibilità. All'alba del giorno 27 riprende la lotta che, durissima, si protrae sino a sera, quando le posizioni di quota 1859 sono di nuovo in nostre mani; centinaia di soldati italiani e austriaci, morti o feriti, giacciono nella neve, il rastrellamento del campo di battaglia dura per 3 giorni interi. Dopo questo attacco, il fronte Creta di Collinetta-passo M.Croce Carnico-Pal Piccolo-Pal Grande, fu sistemato a difesa con opere tali che sconsigliarono entrambi gli schieramenti a tentare ulteriori conquiste. La densità delle truppe era di circa un uomo ogni 1,5 metri di fronte. Tutti questi soldati per vivere e combattere, dovevano essere vettovagliati ogni giorno e riforniti di munizioni, medicinali, materiali di rafforzamento delle postazioni, attrezzi vari e così via. Dal fondo valle, dove erano dislocati magazzini e depositi militari, sino alla linea del fronte, non esistevano rotabili o carrarecce che consentissero il transito di automezzi e di carri a traino animale. Si potevano seguire a piedi sentieri e qualche mulattiera. Ogni rifornimento dei reparti schierati a difesa del confine doveva perciò avvenire con il trasporto a spalla, per effettuarlo non si potevano però sottrarre militari alla prima linea senza recare pregiudizio alla efficienza operativa delle varie unità. Le salmerie dei battaglioni non bastavano e d’inverno non erano impiegabili, il Comando Logistico della zona e quello del Genio, furono costretti a chiedere il concorso della popolazione, ma gli uomini validi erano tutti alle armi e nelle case erano rimasti solo gli anziani, i bambini e le donne. E le donne di Paluzza e Timau, avvertendo la gravità di quella situazione, non esitarono ad aderire al pressante invito che con toni drammatici veniva loro rivolto e si misero subito a disposizione dei Comandi Militari per trasportare a spalla quanto occorreva agli uomini della prima linea. Alcune di loro erano quindicenni. L’opera e il sacrificio di queste donne, sono stati così descritti dal Gen. Costantino De Franceschi di Paluzza: “Aduse da secoli ad una atavica pesante fatica a causa della estrema povertà della loro terra, quelle donne indossarono la gerla di casa – che potrebbe rappresentare il simbolo della loro vita – per portarla questa volta al servizio del Paese in guerra”. Solo che invece di riempirla di granturco, patate, fieno e di altri generi necessari alla casa e alla stalla, esse si apprestarono con generoso slancio a caricarla di granate, cartucce, viveri e altro materiale, col peso di 30, 40 chili e oltre. In breve tempo si costituì un vero e proprio Corpo di Ausiliarie formato da donne giovani e meno giovani, dai 15 ai 60 anni di età, dalla forza pari ad un battaglione di 1000 soldati. Fatto il carico nella gerla, partivano a gruppi di 15 – 20 senza apposite guide, imponendosi esse stesse una disciplina di marcia. Giunte a destinazione con il cuore in gola, curve sotto il peso della gerla in una così disumana fatica, specie d’inverno quando per avanzare affondavano nella neve fino alle ginocchia, scaricavano il materiale, sostavano qualche minuto per riposare, per far sapere agli alpini di reclutamento locale le novità del paese e magari per riconsegnare loro la biancheria fresca di bucato ritirata, da lavare, nei viaggi precedenti. L’indomani all’alba si ricominciava daccapo con nuova lena. Era il Corpo delle famose Portatrici Carniche.
Paolo Antolini