Schede
Popolarmente chiamata "guerra dei gas", la guerra chimica viene tecnicamente definita come "aspetto delle operazioni militari che comportano l'impiego di munizionamento caricato con agenti chimici". Durante la Grande Guerra tutte le nazioni belligeranti fecero largo uso di sostanze gassose per creare cortine fumogene, nebbiogene, incendiarie, per accecare osservatori nemici, creare il panico nelle trincee da conquistare: un bombardamento a gas, mirato su luoghi ristretti come valli, gole montane, caverne, fortini, poteva avere effetti devastanti.
Gli Italiani utilizzarono un composto a base di acido solforico per creare barriere fumogene, mentre Tedeschi ed Austriaci usarono una miscela a base di anidride solforica. Vennero utilizzati tre tipi di gas aggressivi: Gas volatili (cloro, fosgene, bromo): usati per azioni d'attacco, dovevano essere altamente tossici, espandersi velocemente senza però persistere eccessivamente a lungo nella zona d'impiego, per evitare effetti dannosi anche agli attaccanti. Gas persistenti (iprite, cloruri, bromuri): usati per azioni difensive, inibivano al nemico l'avvicinamento alle proprie difese; si fissavano al terreno ed alle cose rendendole tossiche per alcuni giorni. Gas molto persistenti (iprite e prodotti nebbiogeni e fumogeni): rendevano inagibile per molti giorni le zone contaminate; erano utilizzati per ritirate con spostamenti di grosse masse di uomini e mezzi. La difesa contro questi aggressivi chimici venne affidata alle maschere antigas. Già nel luglio del 1915 venne istituita in Italia la Commissione Chimica per lo studio dei gas asfissianti e mezzi di difesa, perché i tamponi di garza imbevuti di carbonato di calcio in dotazione al nostro esercito si rivelarono di scarsa efficacia. Furono dati in dotazione alle truppe vari modelli di maschera antigas di derivazione soprattutto francese, mentre la miglior maschera antigas fu il respiratore inglese, che gli italiani adottarono solo dopo Caporetto. Il primo impiego di sostanze chimiche nella Grande Guerra risale all'ottobre del 1914, quando l'esercito imperiale tedesco utilizzò sostanze lacrimogene sul fronte orientale e al gennaio 1915 sul fronte occidentale. Entrambi i due attacchi però, causa le sfavorevoli condizioni climatiche, non ebbero il risultato sperato: infatti il freddo inibì il gas non facendolo così evaporare. Ma il 22 aprile 1915 a Ypres, sul fronte occidentale, nuvole bianche alte due metri avanzarono come un’onda verso le trincee occupate dalla 45a divisione algerina e dall'87a territoriale francese, invadendole. Più di 15.000 soldati furono colpiti dai gas, e 5.000 morirono tra atroci sofferenze, causate dall'emissione nell'aria di cloro. Da allora l'uso dei gas tossici ebbe una diffusione vastissima su tutti i fronti. Sul fronte italiano il gas fu utilizzato per la prima volta durante la battaglia del Monte San Michele il 29 giugno 1916, quando l'esercito austro-ungarico impiegò il cloro-fosgene per annientare le truppe italiane; in un fronte lungo circa 7 chilometri , da Peteano a San Martino del Carso e al Bosco Cappuccio, si contarono migliaia morti. L’attacco con i gas attuato dalle truppe austro-tedesche nella conca di Plezzo nell'ottobre del 1917 fu una delle concause della rotta di Caporetto.
Paolo Antolini
Bibliografia: M. Gilbert, La Grande storia della prima guerra mondiale, Milano, Mondadori, 2002; http.//www.cimetrincee.it/antigas.htm, e http://www.grandeguerrasulpasubio.net/gas/introd_gas.htm consultati nell’ottobre 2004.