Dettagli
La vera cucina italiana non è molto distinta ed eccessivamente tipica nelle varie regioni. I nostri maestri sono troppo orientati verso la cucina francese, che essi definiscono classica. lo ho avuto però occasione, nei miei soggiorni all’estero, di incontrami con colleghi francesi, che hanno ammesso che non siamo affatto inferiori a loro. Avvalendomi della mia esperienza ho creduto opportune riportare con fedeltà tutti i piatti e le confezioni tipiche delle varie regioni d’Italia che riscuotono anche dagli stranieri, grande apprezzamento. A conferma di quanto detto cito questo particolare: Mio fratello, cameriere su un transatlantico in rotta verso l’America, servendo a tavola il noto finanziere Wandderbil (Vanderbilt ndr.), raccolse il suo personale giudizio con le testuali parole: “In Italia si mangia bene, non nei grandi alberghi, ove si esercita spesso malamente, la cucina estera, ma nelle trattorie caratteristiche, specialmente nei sobborghi delle città, ed in particolare a Bologna”. E’ noto che i forestieri che visitano con interesse le nostre magnifiche città famose per l’arte e la cultura amano frequentare ambienti di colore locale quali trattorie ed anche semplici bettole. Ecco spiegato il pullulare dei molti locali aventi spesso per insegna il nome dei proprietari o delle massaie che li idearono e che ora li gestiscono.
CAPITOLO V - CUCINA EMILIANA
La lunga esperienza perfeziona la tecnica. Questa regione, ed in particolare Bologna, vanta il primato per la accoglienza delle sue specialità, non senza però discussione: chi ama la cucina pesante, grassa, si trova a suo agio appunto per questa caratteristica, al contrario di chi esige gusti raffinati e alimenti a base di verdura, poiché allora la cucina lombarda, toscana e ligure si trovano indiscutibilmente più aderenti a tale preferenza. Un fatto che si può notare è che in quasi tutti i centri turistici e città d’Italia si trovano locali con cucina bolognese e ciò con maggior frequenza di tutte le altre; molti locali, tra questi, esercitano però una cucina alquanto mistificata, cosa del resto che succede anche per le altre cucine; ciò sta a dimostrare la scarsa conoscenza che si ha delle cucine regionali che presentano ognuna caratteristica e fatture ben distinte tra loro.
LE MINESTRE | Nelle minestre risiede il segreto del meritato successo della cucina bolognese e più precisamente nei condimenti usati per le minestre asciutte: in questi molto, e certamente troppo, si elabora alla ricerca di una perfezione che esiste solo nella semplicità di fattura e composizione.
RAGU’ | E’ il tipico condimento; base di tutti gli altri che da esso derivano. Si prepara in tegame di terra, ciò che è appunto uno dei segreti professionali di quelle vecchie massaie di cui tuttora si trova qualche tipo; esse non intendono adottare gli arnesi più moderni e se le interrogate non vi dicono le ragioni: in verità però non saprebbero spiegarle, solo affermano ingenuamente che così il ragù riesce meglio ed è con sicurezza dimostrato. Sul fondo del tegame vanno messe le verdure odorose (sedano, cipolla, carota gialla o pestinaca) finemente tritate, si ponga immediatamente sopra la pancetta tritata poi il 70 % di carne di manzo tritata di qualità buona e succosa senza mescolare, con sale e pepe dosati, coprire bene e porre a fuoco lento; è solo quando inizia a soffriggere, cioè sprigiona la umidità e si restringe, che si inizia il lavoro col mestolo senza più abbandonarlo, sempre a fuoco lento e costante, fino ad ottenere un rosolamento omogeneo di tutti i componenti, indi unirvi una buona salsa di pomodoro diluito con acqua e non brodo, fino ad ottenere, a cottura completa, un sugo che veli le sostanze da condire. Nessun aroma viene richiesto all'infuori di quelli già citati: tutti gli altri consigli sono il frutto delle fantasie indagatrici oltre il limite necessario.
CON RIGAGLIE | Il sopra descritto ragù con incluso gli stomachi e fegatini di pollame in genere.
AL PASTICCIO | Come sopra detto, unendo anche ovaie, uova non nate, budelle rovesciate e ben pulite, ultimando il condimento con panna cotta o besciamella lenta.
AL PROSCIUTTO | Ragù più semplice non può esistere; si ottiene con prosciutto crudo, magro e grasso e delle parti secondarie, gambuccio, filetti, scarnature ecc. Separare il grasso tagliato a dadi minutissimi, posti in padella nera ben pulita, a fuoco vivace incalorirlo bene, indi aggiungere il magro anch’esso a dadi minutissimi e si completi l’incolorimento per brevissimo tempo, poscia aggiungervi buona salsa di pomodoro diluita in acqua e non brodo, od anche sugo di pomodoro fresco. Indi fare cuocere a lentissima ebollizione e a breve cottura, regolare il sale se necessario essendo il prosciutto solitamente sufficientemente salato; ad operazione ultimata la densità deve velare la vivanda da condire. Questi sono i condimenti che caratterizzano le minestre asciutte della cucina bolognese in specie.
BRODO | Nel brodo ha notevole influenza il materiale impiegato; in Emilia, regione eminente agricola, si ha abbondanza di carne, con spiccato rilievo del bue, che è il migliore produttore di brodo; si consideri anche che gli animali sono allevati con speciali cure, sono di mole considerevole rispetto alle altre regioni, e che pure buona è la produzione di pollame, galline e capponi che sono i materiali più indicati per questa vivanda. La cura che si richiede è semplice, ma importante, cioè ebollizione lenta e costante; l’interruzione specialmente nell’inizio è dannosa. Non è necessaria l’estrazione della schiuma, poiché essa asporta albume e con ciò anche sostanza e quindi restando è utile per la chiarificazione automatica, spesso richiesta. E' bene evitare l’aggiunta di acqua, specialmente sul finire; se ciò è necessario si usi sempre acqua fredda. La sgrassatura nella cucina bolognese è richiesta non totalmente; il brodo deve avere le cosidette stelle vaganti alla superficie; nessun odore estraneo è tollerato: unicamente si pone il sale ben dosato. Non si ammette il prosciutto, come si fa nel modenese, e tanto meno gli insaccati, come si usa nel mantovano o il castrato come nella romagna appenninica: forse è per ragioni economiche che questi gusti si affermano
LE PASTE | Anche questa è una specialità nella cucina emiliana. Si richiede con preferenza la sfoglia spianata a mano, detta con insistenza “fatta in casa”; definizione alquanto generica ed imprecisa, ma si intende impastata con sole uova; la differenza è unicamente nella resistenza richiesta alla pasta spianata a mano e necessariamente minore, perciò necessita maggiore quantità di uova: al contrario spianata a macchina richiede massima durezza e di conseguenza minore quantità di uova. Riesce evidente la differenza di qualità. Un tempo quando ancora le macchine non esistevano si aveva la disponibilità di personale specializzato per stirare le sfoglie ed a Bologna usavano anche fare le gare fra questi “spoiarini” e si richiedeva la massima uguaglianza nello spessore ed il tempo minimo possibile. Coll'introduzione della macchina a cilindri si è riusciti a perfezionare questo particolare, ma non sufficientemente dal lato della qualità. Economicamente è apparente la riuscita, poiché la resa del prodotto è adeguata alle materie impiegate, con economia non sempre consigliabile. Certamente la meccanica, se sollecitata, sarà presto in grado di fornire la possibilità di spianare la sfoglia col pastone della consistenza di quella che si spiana a mano: in altre parole sarà in grado di surrogare in tutto, l'operato a mano anche in questo campo perché richiesto come indispensabile. Vengono usate anche le altre paste commerciali, specialmente fresche e di semola ed anche impastato all'uovo poiché l'industria artigiana di questo articolo è abbastanza bene attrezzata nell'Emilia: sono anche confezionate con piccoli torchi domestici, specialmente nelle campagne.
I TORTELLINI | Per i bolognesi i tortellini sono buoni solo se fatti in casa. Anche qui si usa la stessa generica affermazione, come se in casa si facessero sempre meglio che altrove: ritengo che in questo spesso si esagera attribuendo la massima perfezione ai tortellini casalinghi, anziché a quelli commerciali i quali, per ragioni pratiche più che tecniche, non possono farsi meglio, dato che il ripieno deve essere composto di materie che non consentono una conservazione prolungata senza alterarsi o per lo meno mantenere un gusto sufficientemente accettabile. Il ripieno consiste in una combinazione di materiali aventi dei gusti aderenti fra di loro perciò armonici; in qualche provincia si usa modificarlo con inclusioni diverse: nel modenese con la polpa di salsiccia e nel mantovano con la carne scura d'anitra. Bologna, che è la culla di questa vivanda, si usano unicamente materiali armonici: carne di pollame bianco, arrosto o in bianco non lessato di maiale o di vitello come detto, prosciutto crudo non affumicato, mortadella fina non fecolizzata, midollo di bue; escludere cervelle di qualsiasi specie ed animelle; aggiungere invece buon ed abbondante formaggio parmigiano grattugiato e non lodigiano o di altre qualità. Per le dosature ci si attiene al criterio dell’operante che deve necessariamente possedere un minimo di passione e criterio artistico per determinarne la confezione e avendo presente per ogni occasione di utilizzare quei materiali che gli si presentano più convenienti alla mano; anche l'aroma di noce moscata da molti viene usata esageratamente. La buona composizione si ottiene così: carne di pollame una parte, di vitello o maiale una parte, prosciutto mezza parte oppure mortadella mezza parte, midollo mezza parte, formaggio grattugiato una parte, uova intere una terza parte, lieve odore di noce moscata finemente grattugiata o pestata: il tutto tritato in modo finissimo al tritacarne per varie volte ed amalgamato ben lavorato, ottenendo una pasta omogenea e non un grigione, regolando bene il sale. La fattura. Con pasta sfoglia alquanto tenera, operando in luogo poco arieggiato, spianata a spessore non eccessivamente sottile, si tagliano con apposito stampo rotondo dei dischetti del diametro di c. 3-3 e mezzo e non più, ponendo al centro poco ripieno; ciò è possibile unicamente operando con le dita; rovesciando due lembi riunendoli accuratamente, si chiude il ripieno in mezzo alla pasta formando un raviolino a mezzo dischetto, indi sulla punta dell'indice sinistro lo si ferma trattenendo una punta del raviolino col pollice operando col pollice e indice destro si formi arcione con piccolo foro centrale a bordo allargato e ben formato, riunendo le due punte del raviolino in maniera fisso evitando eccessiva soprastruttura di spessore comprimendo: ciò donerebbe squilibrio alla cottura quindi digestione laboriosa. Questa minestra viene consumata più comunemente in brodo e se a ciò si destina, si usi lo stampo più piccolo; se asciutta non è male aumentare il diametro, però non esagerando.
TORTELLONI | Minestra asciutta di magro; con dischi di diametro fino a cm. 4-4 e mezzo, si confezionano dei tortellini con al centro un ripieno composto di ricotta pastorizia, in massima parte, col 10 % di prezzemoli freschi finemente tritati, 3 1/2 di uova intere, 10 % di formaggio grattugiato, odore di noce moscata, sale e pepe dosato. Vanno cotti in acqua abbondante dosata di sale ad ebollizione costante e conditi più usualmente con pomodoro burrato e formaggio parmigiano.
TAGLIATELLE VARIE | Dalla pasta sfoglia si ricavano le diverse misure e foggie destinate alle varie cotture e formazioni. Le tagliatelle per brodo si usano strettissime e di lunghezza minima, quelle asciutte sono di larghezza da 1/2 centimetro a l e l e mezzo circa, ciò a criterio e gusto dell'operante o del cliente. Si usano pure i quadretti per minestre in brodo; sezionata la pasta spinata a tagliatelle e poscia in senso trasversale si ottengono dei quadretti più o meno perfetti. Per asciutto si usano pure dei nastrini “strichetti” sezionata la pasta a quadri di circa tre centimetri, stringere da due lati paralleli formando una increspatura centrale lievemente stretta, evitando dannosa ingrossatura; vengono serviti con condimenti vari, ma di preferenza con pomodoro burrato e formaggio.
MACCHERONI AL PETTINE | Sono una tipica caratteristica romagnola; con quadretti di sfoglia di circa 5 cm, arrotondandola da due lati paralleli con apposito cannello, premendo sopra un pezzo di pettine da tessile si uniscono i lembi formando un cannellone, vanno poi cotti e conditi a piacere.
LASAGNETTE | Si fanno con composto all’uovo addizionato convenientemente con spinaci lessati mantenuti ben verdi, spremuti e passati allo staccio, ottenendo una pasta con colore omogeneo e perfettamente verde e non grigio-verde, come sovente accade di constatare; sezionate dei rettangoli obliqui con rotella dentata, lessati in acqua dosata di sale e lievemente raffreddati e stesi, si pongono in tegame da gratinare a strati ben stesi e non esattamente sovrapposti in nessuna loro parte; condite ogni strato con condimento pasticciato conveniente spessore e a tegame pieno passando al forno già descritto e buon formaggio grattugiato e ciò fino a conveniente spessore e a tegame pieno passando al forno si fa ben incolorire il tutto; servito ben caldo nel tegame stesso, oppure sezionando a razione. Questa minestra ghiotta deve essere ben condita; se disponibile si adattano anche i tartufi bianchi, mai i funghi.
TAGLIATELLE VERDI | Con la stessa pasta verde da lasagnette convenientemente asciugata, si sezionano le tagliatelle della larghezza voluta e si servono condite con condimenti a piacere anzi descritti. Per dare colore verde alla pasta si possono usare, oltre gli spinaci, anche le ortiche pungenti, erba selvaggia ben nota per la sua azione poco delicata, ma usando una conveniente precauzione anch’essa è docile e rende ottimo servizio, avendo avvertenza di afferrarla dalla parte inferiore delle foglie, evitando di toccare la superficie superiore che è appunto quella azionante la sua puntura offensiva. Cotta come gli spinaci fa ottima riuscita anche nelle minestre di verdura. Vi è inoltre il sistema di cottura per ottenere un colore verde efficace conferendo alla pasta migliore resistenza: a crudo si pestano queste verdure raccogliendone con cura il sugo e premendo bene il tutto, ponendolo in recipiente alto ed a bagno-maria si fa bollire vivamente; succede il fenomeno desiderato che la parte colorante e sostanziale della verdura si agglomera come le uova, separandosi dal liquido. Accuratamente raccolto si ha una sostanza immune da umidità che per questa destinazione ha il potere colorante aumentato. Con ciò la pasta aumenta la resistenza e la resa.
PASSATELLI | Impastare pane e formaggio grattugiato in parti uguali con uova intere una ogni due razioni, con odore di noce moscata, lasciando riposare il pastone che deve risultare sodo, per almeno mezz'ora. Indi coll'apposito stampo a siringa si pressi nel brodo in ebollizione ottenendo dei grossi vermicelli che devono restare uniti; servirli ben caldi qualche tempo dopo la cottura.
MINESTRE CON VERDURA | Questo genere di minestra si può dire che la cucina emiliana non ne annoveri affatto tra le sue creazioni a preferenza: si usano le diffuse confezioni provenienti dalle altre regioni; unica si può dire la minestra di fagioli popolare e di buon gusto, confezionata tipicamente col così detto “soffritto” che è composto di lardo finemente pestato unitamente ad altrettanto prezzemolo e poco aglio, in tegame di terra mettendovi anche un poco di olio. Si faccia soffriggere vivacemente fino a buon odore gradevole, il che è cosa delicata dato che ciò avviene a un determinato momento, può sfuggire se si oltrepassa e non riesce se non si attende al varco: indi si aggiunge buona salsa di pomodoro completandone la cottura. Questo serve per condire i fagioli cotti come d’uso in acqua ristretta, regolando la densità o del sale, la cottura e la passatura se si richiede che siano eliminate le bucce dei fagioli, facendo cuocere nello stesso brodo la pasta desiderata che può anche essere quella a quadretti di pasta sfoglia, od anche riso, zuppa con pane secco o crostini tostati ecc.
LA SFUOCATA “SFUGUME” | Consiste in una minestra popolare: pasta di qualsivoglia qualità cotta regolarmente in acqua dosata di sale ed in misura da servire da brodo, condita con una pestata semplice di pancetta piuttosto magra soffritta a fuoco vivace e brevemente, aggiungendovi poi buona salsa di pomodoro, il tutto in misura non superiore al 6 % del volume totale da condire.
MALFATTI “MANFATÈN” | Impastare due parti di farina e una di pane secco e grattugiato con uova e odore di noce moscata, ottenendo un pastone durissimo. Si ottengono in due modi; grattugiando il pastone a leggera pressione sulla grattugia o sezionando il pastone lasciando asciugare all'aria per qualche tempo, indi tritarlo col coltello ottenendo un tritume uniforme. I “malfatti” si servono cotti in brodo o sfocati.
LE PIETANZE | In questo campo la cucina emiliana non annovera gran che di suo vero e proprio, né lo si può attribuire di possedere attive elaborazioni, sia per le carni, che per le verdure; in compenso ha qualche dolce di preferenza confezionato in casa; come vedremo tra poco.
COTOLETTA ALLA BOLOGNESE | Si ottiene con fetta di vitello magro, spianata e foggiata a foglia di castagno con spessore regolare, leggermente salata e con poco pepe macinato fresco, senza altro condimento passata in uovo battuto e pane grattugiato, fritta in tegame con fondo pari con burro e buon strutto, solo tanto che venga assorbito cuocendo regolarmente. Sopra ponetevi una sottile fetta di prosciutto tanto da coprirle e buon formaggio grattugiato, ed a gusto artistico una goccia di pomodoro e qualche verdura verde (fagiolini o piselli); coperto il tegame dopo aver messo al fondo poca salsa di pomodoro diluita lunga, si fa incolorire provocando lo scioglimento del formaggio con l’azione del calore; va servita con contorno a piacere.
COTOLETTA CON TARTUFI | Si ottiene come sopra descritto, ma anziché mettere il prosciutto si pongono tartufi tagliati a lamette sottili e ben distese, come per il prosciutto.
PETTI DI POLLO - TACCHINO | Si confezionano spianati e sagomati, cotti in tegame a fondo pari con poco burro senza colorire, dosati di sale mettervi sopra prosciutto o tartufi come per le cotolette sopra descritte, servendoli nel modo analogo, senza salsa di pomodoro.
TRIPPA DORATA | Prendere trippa scelta, ben cotta sezionata a quadretti, e farla bollire in acqua dosata di sale; scolata, metterla in tegame con sugo identico al condimento dei fagioli facendo asciugare bene; al momento di servirla, legatela con rosso d'uovo e formaggio grattugiato.
DOLCI
TORTA D'ADDOBBO | Nelle sagre decennali delle parrocchie gli amici si invitano a vicenda a casa loro offrendo questa torta che consiste nel riso cotto nel latte in ragione di gr. 200 in due litri di latte e scorza di limone. Ben cotto risulterà non troppo molle: unitevi gr. 300 di zucchero e 200 gr. di mandorle dolci e 25 amare pelate e finemente tritate; quando è raffreddato unite, lavorando bene, 6 uova intere, poscia questo impasto steso in tegame largo a bordo grosso chiamato appunto tortiera. Si cuoce al forno lento, indi si taglia a quadretti obliqui, servendo con stuzzicadente per ogni pezzo.
ZUPPA BOLOGNESE (GIÀ DETTA INGLESE) | Due sono i sistemi o meglio le confezioni: in terrina a strati di savoiardi di Castel S. Pietro (specialità locale) cioè biscotti leggeri che si inzuppano bene, bagnati con liquore, in prevalenza alchermes, con crema pasticcera composta di 5 rossi d' uovo ben lavorati in casseruola con 5 cucchiai di zucchero, odore di vaniglia o scorza di limone, poscia unirvi. lavorando bene, 3 cucchiai di farina bianca; indi versarvi a poco per volta un litro di latte in ebollizione, fare cuocere lentamente per almeno 15 minuti lavorando bene onde non ottenere dei grumi; ancora calda versare sui biscotti fino a riempire la terrina di cristallo e sopra formare decorazione con biscotti spruzzando liquori; va servita fredda. Secondo sistema: coi medesimi biscotti foderare uno stampo di misura richiesta, formando un gioco decorativo al fondo ed alle pareti; bagnando con liquori come sopra detto e versando poi la crema (in cui però avete messo anziché tre cucchiai di farina, 4 onde averla più densa) intercalare coi biscotti a pezzi ed inzuppati fino a riempire lo stampo; si serve sformando quando è fredda.
FRITTELLE CARNEVALESCHE | Fate cuocere gr. 150 di riso in un litro di latte fino a sciogliere il riso; ancora in ebollizione unitevi gr. 50 di zucchero e 300 gr. Di mele ben mondate e finemente tritate e gr. 50 di uva sultana. Raffreddato, unitevi 2 uova intere; dopo avere ben lavorato questo composto fatelo cadere in una padella nera avente strutto di maiale in buona caloria, a fiocchi con cucchiaio: essi si allargano ed assodano rimanendo delicati; trarli dalla padella e buon calore da ambo le parti, scolarli ancora caldi, spolverare di zucchero vanigliato: sono buone calde ad anche fredde.
FRAPPE DI CARNEVALE | Impastate un chilo di farina con gr. 50 di burro e 25 gr. di zucchero e latte quanto basta per ottenere una pasta come per le tagliatelle; dopo avere lavorato, stirate a conveniente spessore (meno di 1/2 cm.), tagliate con rotella dentata a striscie larghe 2, 2 1/2 cm. e lunghe 10 cm. facendo un nodo e si facciano cadere in strutto di maiale a buona caloria, facendole cuocere a colore chiaro finché siano croccanti, scolate bene, spolverate di zucchero vaniglia quando sono ancora calde.
È classico il “Ragù alla bolognese”, condimento apprezzato e sempre con successo presentato. “Per quale ragione?”. La sua caratteristica formazione ci viene tramandata da varie generazioni; essa, certamente, ha subito varie deformazioni variatamente interpretate da singoli artisti, sovente contrastanti, rimanendo ottimo l'effetto solo quando riesce gradito ed apprezzato dal commensale.
Testo tratto da: Rinaldo Nanni, "Le classiche cucine delle varie regioni italiane - esperienze acquisite dall'autore nel cinquantennio delle peregrinazioni nelle varie regioni italiane", Tipografia Compositori, Bologna, 1957.