Schede
Ai primi di giugno del 1918, sugli altipiani del Trentino erano schierate le armate austriache del Tirolo al comando del maresciallo Conrad, mentre sul fronte del Piave era in linea l'Isonzo Armèe al comando del feld-maresciallo Boroevic. Il piano accuratamente preparato dallo Stato Maggiore Austriaco, con l'approvazione del generale tedesco Ludendorff, prevedeva un grande attacco sull'altipiano dei Sette Comuni fiancheggiato da una azione secondaria sul Grappa ed un attacco sul Piave, con una azione diversiva sul Montello per distogliere parte delle nostre riserve dalla linea d'attacco principale. La notte del 15 giugno ebbe inizio l'offensiva austriaca (battaglia del solstizio), subito bloccata sugli altipiani dal tiro dei cannoni italiani tanto che a sera essa poteva dirsi conclusa; mentre sul Piave e sul Montello sarebbe durata fino al 23 giugno con iniziali successi. Il tratto del Piave da Valdobbiadene alle Grave di Papadopoli era difeso dalla nostra 8a armata, che comprendeva l'8° corpo d'armata con la 58° divisione in linea e la 48° di rincalzo ed il 27° corpo d'armata con la 66° e 51° divisione in linea. La notte tra il 14 e il 15 giugno la 58° divisione, che presidiava la zona sud del Montello, stava effettuando il cambio delle truppe in prima linea (brigate Tevere e Lucca) quando venne attaccata da due divisioni austriache e costretta a retrocedere alla linea di difesa estrema:
"la sera del 14 giugno il fronte era tranquillissimo; il nemico non dava segni di vita. Non si prevedeva una imminente offensiva. Il fuoco di contropreparazione eseguito sul Grappa dalla nostra artiglieria dalle ore 24 alle 3 del 15 giugno, ebbe una efficacia decisiva, ma mancò del tutto sul Montello. Mai come in quella notte su questo settore vi fu calma assoluta. Alcuni reggimenti di fanteria si davano il cambio, pare che il nemico lo sapesse e non ebbero il più piccolo fastidio. In tale situazione apparentemente normale alle ore 3 si scatenò l'inferno; la fanteria fu sorpresa, i comandi disorientati, mancavano ordini, all'alba tutte le comunicazioni erano interrotte. Nessuno sapeva che fosse già avvenuta l'infiltrazione nemica." (Dal diario di Oreste Battistella)
Dopo poche ore di violenti combattimenti erano messe a tacere anche le nostre batterie, così da poter permettere il passaggio del Piave alle restanti 4 divisioni austriache. L'attacco alle linee italiane si manifestò vigoroso verso il paese di Nervesa, dove però era già preparata a difesa la 48° divisione, schierata sull'argine della locale ferrovia; la lotta si accese furiosa per diversi giorni, la tenuta delle truppe della 48° divisione permise alla 58° di arrestare la ritirata, unendo le forze e dando vita ad un caposaldo nel paese di Nervesa. Sul fronte nord del Montello, a Casa Serena, gli austriaci cozzarono contro il 27° corpo d'armata e furono fermati. Ma era al caposaldo di Nervesa che la lotta continuava furiosa, per la necessità degli austriaci di sfondare e ricongiungersi con le restanti truppe che attaccavano nel basso Piave, verso le Grave di Papadopoli; finalmente la notte del 19 giugno entrarono in linea le riserve italiane di due corpi d'armata, il 26° con la 13a divisione ed il 30° con la 50a divisione poterono raggiungere Nervesa, cambiando a nostro favore le sorti della battaglia. Il 20 giugno, il gen. Boroeviç chiese l'invio di truppe all'armata del Tirolo di Conrad, che non poté concederle perché a sua volta costretto a parare il contrattacco italiano; la battaglia del Montello poteva dirsi conclusa e Boroeviç diede l'ordine della ritirata sulla sinistra Piave. Alle ore 12 del 21 giugno fu riconquistata la cresta del Montello ed a sera ritornava italiana anche la vecchia prima linea; il 23, tutte le sacche di resistenza avversaria nel paese di Nervesa erano eliminate.
Paolo Antolini