Schede
I dipinti murali del Chiostro Terzo della Certosa di Bologna sono caratterizzati dalla tendenza del periodo a realizzare pitture a bianco di calce o mezzofresco, anche se in alcuni casi le note fornite ai committenti indicano l’opera come eseguita a buon fresco. Come pittura a fresco si intende, com’è noto, dipingere con pigmenti sciolti in acqua sull’intonaco ancora umido, fissando così il colore unicamente tramite la carbonatazione dell’intonaco che lo ingloba fissandolo. Mentre per la pittura a secco i pigmenti sono mescolati con colle varie e calce e sono applicati su intonaco già asciutto. La differenza sta nella brillantezza e durata dell’affresco rispetto alla pittura a secco o tempera.
Osservando ed intervenendo, per restauro, sulle opere del Chiostro Terzo, si osservano alcune caratteristiche comuni. Quasi tutte le pitture sono eseguite su un intonaco preparatorio liscio sul quale, prima della completa essiccazione, è stato inciso lo schema architettonico e figurativo del soggetto da dipingere. Sull’intonaco inciso ed asciutto si applicava una o più mani di latte di calce a preparazione della pittura. I pigmenti erano preparati con calce e leganti tipo colle animali o caseina, quindi, dato il colore bianco della calce, era visivamente percepibile la più solida consistenza dei colori chiari o giocati sulle tonalità del bianco (statue in marmo dipinte, architetture monocrome, ecc.). Questo perché la calce contenuta in questi colori conferiva loro struttura e brillantezza, agganciandoli nel contempo alla mano di calce preparatoria. Per i colori più scuri, dove la calce non era presente, o lo era in quantità irrilevante, venivano adottati, come detto, leganti alternativi, che se da un lato donavano al colore un aspetto simile alla carbonatazione, non possedevano la stessa struttura e soprattutto la stessa durata. Si può infatti osservare, a distanza di due secoli, un diverso tipo di degrado tra le varie zone della stessa opera: gli incarnati o i monocromi a dominante chiara risultano più corposi e resistenti, mentre le zone scure, più fragili e con spessore visibilmente meno consistente, sono in molti casi sollevate o polverizzate a causa del naturale degrado del legante della pittura. La pittura a calce invece, se non è direttamente esposta alle intemperie o ad una massiccia risalita di umidità capillare, non si indebolisce con il passare del tempo, anzi, rafforza la sua resistenza aggiungendo ai colori l’intensità che li caratterizza.
William Lambertini