Schede
Nel 1867 il ministro Broglio sospese alcuni professori dell’Università di Bologna, tra cui Ceneri, Piazza, Carducci, a causa delle loro idee progressiste e repubblicane, come si ricordava sulla stampa dell’epoca(1): “Le opinioni più che democratiche dei tre professori sono notissime. Essi si trovarono sempre in mezzo alle associazioni meno benevole alle attuali forme di Governo, della qual cosa erano venute numerose e continue lagnanze al Ministero della Pubblica Istruzione”. Al riguardo appare quanto mai opportuno sottolineare la fermezza con cui il prof. Ceneri affrontò quella vicenda a testimonianza della sua fede per le idee democratiche e per le battaglie che con coerenza e determinazione aveva sempre portato avanti.
Il ministro Broglio, già nel dicembre 1867, aveva sollecitato il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione ad esprimersi su eventuali misure da adottare contro i professori Carducci, Piazza, Ceneri, tutti docenti dell'Università di Bologna, e contro il professor Filopanti (docente privato) che si erano “mostrati osteggiatori sistematici del governo con scandalo della popolazione e con danno della disciplina scolastica.”(2) Il Consiglio a sua volta sollecitava il ministro a prendere dei provvedimenti come previsto dalla “legge Casati” oltre che avviare un’inchiesta disciplinare sull’università di Bologna. Inizialmente quest’ultimo aveva istituito una commissione ad hoc nella speranza che bastasse qualche ammonimento amichevole nei loro confronti per sistemare la vicenda. Tuttavia, poi intervenne un fatto nuovo che aggravò le loro posizioni rendendo inevitabile l’azione disciplinare e la loro sospensione per due mesi: Il 9 febbraio 1868, infatti, gli stessi professori avevano partecipato ad un banchetto celebrativo in onore della Repubblica romana del 1849 – manifestazione di chiaro dissenso politico – sottoscrivendo degli indirizzi a Garibaldi e Mazzini; in quest’ultimo caso, inoltre, si auspicava, nel breve, anche per l’Italia, la conquista della Repubblica. Per solidarietà con i colleghi Filopanti interruppe le sue lezioni di meccanica(3). Il fatto ebbe un’immediata risonanza sia locale che nazionale; nel primo caso coinvolgeva i due schieramenti politici più influenti – con le loro posizioni in seno all’amministrazione cittadina e all’Università da cui provenivano i quadri economici e politici – quello moderato, guidato da Minghetti e quello democratico alla cui guida erano due dei protagonisti più influenti della vicenda: i professori Ceneri, presidente dell’Unione Democratica e Filopanti leader della società Operaia; nell’altro caso investiva comunque un aspetto fondamentale, quello della libertà di insegnamento, su cui impegnare il sistema culturale ed educativo del nuovo stato unitario. La polemica chiamava direttamente in causa la politica universitaria della destra e la funzione di pubblico ufficiale che la legge Casati assegnava ai professori. La questione fu accompagnata da un’ampia campagna d’informazione sia sulla stampa moderata che radicale, cui seguì anche un vivace dibattito parlamentare mentre in diverse città si organizzarono scioperi e blocchi studenteschi. Su «L’Amico del Popolo» si aprì una rubrica dal titolo significativo: “Questione universitaria” in cui si rimarcava l’importanza di una battaglia ancorchè giusta per la libertà di insegnamento ma quanto mai necessaria per il diritto di ognuno di manifestare il proprio pensiero. In una cronaca possiamo seguire alcuni passaggi significativi:
[…] "Il governo italiano ha provato ancora una volta ciò che valga realmente. Il governo del primo Napoleone lasciò l’Oriani all’Università di Pavia, ad onta delle sue opinioni politiche; il governo papale conservò all’Alessandrini la cattedra nella nostra Università, sebbene egli fosse notoriamente repubblicano, e il governo italiano invece più napoleonico di quello di Napoleone, più papale del governo del Papa, con grave danno della gioventù e della legge, a uomini che si chiamano Ceneri, Piazza e Carducci ha fatto ingiuria […] L’illustre professor Filopanti, benché di lui come libero insegnante non fosse stata decretata la sospensione, pure ha nobilmente dichiarato che non riassumerà di far lezione prima che agli altri tre non sia fatta giustizia"(4).
Alla sospensione seguì poi il procedimento del Consiglio della Pubblica Istruzione con gli esiti cui abbiamo accennato. Il Prof. Ceneri ebbe le conseguenze peggiori con uno stop dall’insegnamento di quattro mesi. Probabilmente a spingere il Consiglio verso una sentenza seppur mite ma comunque più pesante degli altri contribuì la sua ferma volontà di non disconoscere le personali convinzioni, come del resto i suoi atti che comunque ne facevano un professore modello ed una persona stimata per il suo impegno morale e sociale. In un articolo de «L’Amico del Popolo» il prof. Ceneri esprimeva la sua posizione in merito alla vicenda, in cui richiedeva la revoca del provvedimento, incompatibile, a parer suo, con la permanenza presso l’Accademia bolognese(5):
"il Governo intende di esigere dai Professori che trattino come si deve la scienza che insegnano? Che non si prevalgano della cattedra per farne teatro di discussioni politiche? Che in una parola siano nell’Università sacerdoti della sola scienza per esser fuori di quel recinto liberi cittadini retti soltanto dal diritto comune a tutti gli altri? Oppure intende di esigere dai Professori che fuori delle loro funzioni non possano fare ciò che altri può liberamente fare? Nel primo di questi due casi, una volta che venga revocato il Decreto in discorso, io potrò continuare a fare quello che per 15 anni con qualche onore ho fatto. Nel secondo, non crederei della mia dignità di uomo vendere la mia libertà politica di cittadino per conservare la cattedra."
Con queste parole Ceneri rispose alle accuse che gli venivano mosse dal Consiglio raccolte in due memorie difensive essendosi egli rifiutato di presenziare alle udienze. Nella prima “attaccando come illegale l'atto governativo con il quale venne sospeso, non negava d'aver partecipato al banchetto; sosteneva, giustamente, che fino a quando “dalla cattedra non insegna idee e principi sovversivi, il governo non ha il diritto di sindacare la vita di un professore come cittadino”. L’azione difensiva unita ad una certa determinazione del prof. Ceneri produsse complessivamente degli effetti positivi sia per i verdetti dei tre indagati che per la campagna d’opinione; quella stessa battaglia per l’allargamento degli spazi di libertà entro le istituzioni dello stato portò comunque i suoi frutti in quanto si affermò il principio dell’intangibilità del docente e del rispetto per le sue opinioni politiche tanto che in seguito non si verificarono più altri simili incidenti(6). Nello specifico la situazione del prof. Ceneri era quella maggiormente compromessa secondo i capi d’accusa che gli furono contestati, infatti, fu richiesta inizialmente una sospensione di un anno. Oltre agli indirizzi di saluto a Mazzini e Garibaldi anche le altre due imputazioni principali non avevano nessuna attinenza con la sua attività di docenza ma colpivano in modo arbitrario e strumentale i suoi diritti individuali di libero cittadino. La prima di queste contestava proprio la sua partecipazione al Congrès pacifista, in particolare il suo intervento da quella tribuna(7) e per la sua formulazione si prese come prova il resoconto sul Congresso che il prof. Ceneri fece nella riunione del 21 settembre 1867: “Crede il Consiglio che i passi del discorso del prof. Ceneri al congresso tenuto a Ginevra, quali furono letti al Consiglio, significhino principii e dottrine direttamente avverse alla monarchia costituzionale?”. L’altra, invece, lo accusava di aver ”preso parte principale ed efficace nella società dell'Unione democratica di Bologna”. Come sappiamo, la prima delle due ipotesi(8) fu respinta dal Consiglio mentre la seconda venne approvata condannandolo così ad una sospensione di quattro mesi. Nel clima già acceso a Bologna, a causa della reazione popolare montante contro la tassa sul macinato, l’attenzione delle autorità sulle questioni che rischiavano di innescare delle vivaci proteste antigovernative era massima; il carteggio del Ministro degli Interni in questo senso ce ne può offrire delle prove: in una lettera riservata(9) al Prefetto di Bologna Cornero, il ministro richiede la massima attenzione e disponibilità a “raccogliere tutti gli elementi che possano costituire una prova ad illuminare il più che sia possibile il Ministro dell’Istruzione Pubblica sulle imputazioni che stanno a carico di ciascheduno dei predetti professori sospesi”. In particolare poi il documento continuava, soffermandosi sulla richiesta di precise informazioni, in modo particolare circa il prof. Ceneri e il suo viaggio a Ginevra:
"Per questo scopo il pregiato Ministero si è rivolto a questo dell’Interno interessandolo a fargli conoscere tutti i documenti che si riferiscono all’andata del Professor Ceneri al Congresso della Pace ed al discorso ivi tenuto dal medesimo, alla sua partecipazione all’ultima spedizione Garibaldina nel territorio Pontificio nonché alle deliberazioni ed agli atti di carattere politico dell’Unione Democratica presieduta dallo stesso professor Ceneri e frequentata come soci dai prof. Carducci, Piazza e Mantovani. Desidera inoltre lo stesso Ministero che gli siano fatti noti i principali incidenti ed i risultati della perquisizione fatta nei locali della detta società Democratica con indicazione precisa dei documenti che ivi si sarebbero rinvenuti relativi ad una cospirazione contro l’attuale ordine politico del Regno, tra cui una lettera autografa di Mazzini. Esprime infine il desiderio, che, oltre alle informazioni ed ai documenti su enunciati gli sieno fornite tutte quelle altre notizie che si abbiano sulla condotta politica dei tre Professori di cui si tratta. Il sottoscritto [...] tuttavia atteso l’interesse grandissimo che deve naturalmente annettere a questo affare, non può a meno di pregarla vivamente perché voglia continuare ad occuparsene con tutto lo zelo e la sagacia che la distinguono e, proseguendo nelle relative indagini con una cura tutta speciale, procurare di metterlo quanto più sia possibile, e con quella sollecitudine che il caso richiede, in grado di appagare appieno i desideri medesimi."
In conclusione e in considerazione del nostro tema specifico possiamo confermare la fermezza di spirito del prof. Ceneri con cui ha difeso il suo diritto di cittadino oltre che di docente ad esprimere liberamente le sue opinioni e svolgere le sue attività politiche rivendicando il rispetto per i propri come per gli altrui diritti. Nel fare ciò ribatteva alle accuse rispondendo “che come libero cittadino, era in diritto di agire come ha fatto; che come professore ha adempiuto ai propri obblighi con condotta irreprensibile”. Inoltre affermava “che egli non rinnegherà le idee ed i principi da lui propugnati nel Congresso della pace in Ginevra”(10). La vicenda si chiuse logicamente con le sue dimissioni come del resto aveva anticipato nella sua memoria difensiva con la quale ribadiva con grande determinazione il proprio pensiero(11): ”ove si voglia per i professori un diritto politico eccezionale, onde fuori della cattedra non sieno liberi cittadini retti dal solo diritto comune, non gli resterebbe altro partito a prendere per conservare la dignità d'uomo onesto, che di rassegnare le sue dimissioni dall'ufficio che occupa”. La “questione universitaria” fu in effetti un episodio importante per l’Italia del tempo, da tutte e due le parti i toni e gli atteggiamenti, come i provvedimenti presi, misero in evidenza i contrasti che animarono la vita politica e sociale del paese: un duro confronto tra l’Italia moderata filogovernativa e la sinistra cui partecipò in prima persona il ministro Broglio. In una sua relazione riservata al Prefetto di Bologna, ma probabilmente indirizzata al rettore dell’Università di Bologna possiamo scorgere gli avvertimenti per la ripresa delle lezioni in quell’ateneo(12):
"Che se contro l’aspettazione di questo Ministero, il giudizio or pronunziato a norma di legge dal Consiglio Superiore di pubblica istruzione sopra i tre professori ordinari di codesta Università già precedentemente sospesi per due mesi fosse un pretesto a taluno di nuova agitazione fra gli studenti e di nuovo tentativo per impedire la frequenza alle lezioni, oltre a prendere gli opportuni accordi coll’autorità politica sul da farsi per tutelare da ogni molestia e violenza i giovani che vogliono intervenire ai corsi rispettivi, bisognerà prevedere immediatamente e con rigore contro i colpevoli, anche applicando loro all’occorrenza la pena più grave nominata dal precitato articolo 38. del Regolamento n.4. Queste precauzioni ama lo scrivente determinare in prevenzione, sebbene ripeta d’aver argomenti d’aspettarsi un buon contegno da parte della scolaresca."
Come accennato in alcune città come Bologna e Napoli, gli studenti manifestarono e bloccarono le attività accademiche. Qui, il rettore, che aveva deciso la chiusura temporanea dell’ateneo, in seguito alla riapertura decisa dal governo, presentò le proprie dimissioni che il ministro Broglio si affrettò a respingere rinnovandogli comunque la fiducia e la stima.(13) In una relazione sull’ateneo napoletano, allegata al fascicolo “Università”, viene descritta una situazione rassicurante, di calma ritrovata; si sottolinea la partecipazione di una “studentesca” tranquilla che “si prepara agli esami e non si occupa di politica”. Tuttavia non può nascondersi la presenza di qualche elemento che già in passato aveva cercato di formare un’associazione democratica universitaria e che in quei giorni presentava un encomio per il prof. Ceneri per il contegno dimostrato nella vicenda, del quale ci sembra utile riprendere qualche passo significativo(14):
"A Giuseppe Ceneri. Gli studenti dell’Università di Napoli. Accogliete una parola di affetto e di reverenza, di gratitudine da noi giovani che non vinti e corrotti dalla fatale dottrina dell’egoismo sappiamo trovare nel nostro cuore un palpito per le grandi virtù, per gli uomini grandi. Nel momento in cui l’ira cieca e partigiana di coloro che usurpano in Italia i titoli e le funzioni di governo si scaglia contro di voi, vi riesca gradito questo saluto di giovani che pensano, che studiano, che amano e che non ancora avvolti nel turbine degli interessi, hanno serbata pura la virtù del sentimento. Agli uomini della vostra tempra basta per fermo la coscienza del dovere compiuto, della vita immacolata, e queste nostre parole non hanno la stolta pretensione di premiare la vostra nobile condotta, noi ci lusinghiamo bensì che esse abbiano la potenza di lenire nell’animo vostro l’amarezza prodotta dall’inerzia con cui l’Italia si lascia guidare da suoi reggitori sulla via della ruina economica e morale."
Nel nostro caso la considerazione riservata a questa particolare vicenda ci ha permesso di conoscere oltre ai suoi particolari anche i modi in cui alcuni dei protagonisti nostrani del Congresso affrontarono quella esperienza. Insieme alla posizione intransigente del Ceneri abbiamo accennato a Filopanti che per solidarietà con gli altri docenti preferì sospendere le sue lezioni; una considerazione diversa, per il modo in cui è stata affrontata, andrebbe fatta per Carducci, coinvolto, seppur in maniera minore nella vicenda, per la sua partecipazione al banchetto in onore della Repubblica romana. Nella sua memoria difensiva indirizzata al Ministro il poeta si mostra meravigliato e preoccupato per le accuse che lo riguardano, nonchè rammaricato per aver procurato un dispiacere alle autorità. La sua difesa – diversamente dal Ceneri – si attesta su un piano giustificativo tendente a minimizzare il suo coinvolgimento politico nella realtà bolognese, dimostrando con ciò un minore vigore morale rispetto al giurista. Probabilmente, le sue premure per la professione accademica e per le sue attività letterarie lo condizionarono al punto da spingerlo ad annunciare al ministro un suo immediato disimpegno dalle attività politiche e sociali preferendo di gran lunga una vita semplice e tranquilla dedicata agli studi:
"Da onest'uomo – continua il resoconto della lettera difensiva – non gli pesa nulla il promettere che d'ora in poi si raccoglierebbe intieramente ne' suoi studi: lo che gli è necessario fare per dovere d'insegnante e per gl'impegni che ha con qualche editore”. Aggiunge che ciò gli è anche grato, perché, che possano aver detto, egli ama la solitudine e la vita di famiglia. E termina con osservare che lo aveva già deliberato, tanto è vero che, sono oramai tre settimane, egli dette le sue dimissioni dal comitato direttivo di una società politica."
Carducci era stato membro, insieme a Ceneri e Piazza, della Commissione provvisoria dell'Unione Democratica di Bologna, nell'aprile 1867; probabilmente questa sorta di “abiura” nasceva da particolari moti interiori del poeta che in qualche modo appartenevano al suo modo di essere e di affrontare le diverse fasi della vita personale e del paese, aderendo ad esse con una scarsa forza di carattere, se pensiamo al fatto che proprio in quel periodo, il suo maggior interesse per la politica prendeva spazio anche nella sua poetica attraverso la pubblicazione delle rime “Giambi ed Epodi” che caratterizzarono poi negli anni seguenti la sua produzione, definita dai critici come periodo giambico. Durante questa fase il poeta non era più impegnato a celebrare l’unità nazionale dei Savoia – dai quali aveva preso le distanze, già dal 1862, in seguito ad Aspromonte – bensì a sostenere le istanze risorgimentali proprie del partito garibaldino e delle forze democraticorepubblicane. Tuttavia nella vicenda specifica la sua decisione è sembrata piuttosto conciliare i contrasti con le autorità ministeriali per timore di un provvedimento che avrebbe potuto mettere a rischio oltre alla sua carriera accademica, cui in parte doveva il proprio prestigio, anche la sua sicurezza economica.
Fabrizio Fabrizi, gennaio 2022
NOTE. 1) La notizia ripresa da Il Pungolo di Milano è pubblicata da Il Monitore di Bologna, 25 marzo 1868; 2) Archivio Centrale dello Stato.(ACS), Fonti per la storia della scuola II, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, 1847-1928, a cura di Gabriella Ciampi e Claudio Santangeli; Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 1994; p. 210, in particolare vedasi nota 2. 3) cfr. R. Parisini, Giuseppe Ceneri e la Questione universitaria, http://storiaefuturo.eu/. Queste riunioni più o meno private con finalità politiche erano piuttosto frequenti nel periodo e appartengono ad una prassi consolidata durante il periodo risorgimentale. In realtà i partecipanti conoscevano bene le norme a cui attenersi limitandosi a proporre brindisi in onore di Mazzini e Garibaldi, evitando accuratamente di fare riferimenti diretti alla Repubblica. Un anno prima su «L’Amico del Popolo» si pubblicava una relazione sulla festa popolare di Villa Baruzzi cui intervenne Filopanti con un suo discorso in onore dei due eroi nazionali. Cfr. «L’Amico del Popolo», 25 marzo 1867. 4) «L’Amico del Popolo», 22 marzo 1868, cfr. R. Parisini, Giuseppe Ceneri e la Questione universitaria, op. cit., http://storiaefuturo.eu/ 5) «L’Amico del Popolo», 27 marzo 1868. 6) S. Polenghi, La politica universitaria italiana nell’età della Destra storica 1848-1876, La Scuola, Brescia 1993, p. 363. 7) Archivio Centrale dello Stato. Fonti per la storia della scuola II, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, 1847-1928, op. cit., p. 222. 8)Etats-Unis d’Europe, 27 avril 1867, n. 18, 3 maggio 1867, p. 1. 9) A.S.B., Gabinetto della Prefettura, busta 151. il documento è datato Firenze 3 aprile 1868, oggetto: circa i tre Professori sospesi di codesta Università. In una nota indirizzata ai Prefetti di Palermo e Napoli del 17 aprile si rileva la chiusura “delle società democratiche operaie e dei tipografi per manifesto appoggio dato ai tumulti dei giorni scorsi”; il documento continua segnalando l’arresto dei “capi istigativi fra cui i professori Ceneri e Filopanti. Conclude poi confermando la pace ristabilita:”città perfettamente tranquilla, botteghe aperte. Provincie notizie tranquillantissime”. Nei giorni seguenti altri documenti della prefettura e della Questura di Napoli riporteranno le vicende bolognesi. Archivio di Stato di Napoli (A.S.N.) Prefettura, busta n. 808. 10) Archivio Centrale dello Stato. Fonti per la storia della scuola II, il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, 1847-1928, op. cit., p. 216. 11) La citazione si riferisce alle lettere difensive del Ceneri che abbiamo citato in nota 191. Per questa versione cfr. Ivi, p. 216. 12) A.S.B., Gabinetto della Questura, busta 53. 13) Lettera del ministro a Fortunato Padula, Rettore dell’Università di Napoli. Firenze 1 giugno 1868. Oggetto: disordini dell’Università, A.S.N. Prefettura, busta n. 808. In altro documento del 2 giugno il prefetto avvertiva il ministro circa una raccolta di firme presso studenti e professori per chiedere il ritiro delle dimissioni del Rettore Padula, il quale, con il consenso del ministro sarebbe rimasto al suo posto. Il documento e la lettera sono raccolti nella busta 808. Ibidem. 14) La relazione, senza data ne luogo, reca sul lato una indicazione: Riunirsi al fascicolo Università, ibidem.