Schede
Al ritorno dall'inaugurazione del congresso scientifico tenuta all'Archiginnasio l'auto di Mussolini, un'Alfa Romeo rossa guidata da Leandro Arpinati, svoltando in via Indipendenza all'altezza del Canton dé Fiori, è fatta oggetto di alcuni colpi di pistola.
Il duce rimane illeso: un proiettile gli ha lacerato la fascia del Gran Cordone Mauriziano (rimarrà esposta a lungo, come un cimelio, nel negozio Old England dello squadrista Giuseppe Ambrosi) e si è conficcato nell'imbottitura dell'auto.
Un gruppo di fascisti si avventa immediatamente sul giovane Anteo Zamboni, studente bolognese di 16 anni, e lo massacra a colpi di pugnale. Saranno successivamente arrestati e condannati il padre, la madre e i fratelli di Anteo, tutti di fede anarchica.
Nel 1932 l'avvocato antifascista Roberto Vighi invierà a Mussolini un lungo memoriale a difesa del padre di Anteo, condannato a 30 anni di carcere con accuse superficiali e incongruenti. Le circostanze dell'attentato rimarranno in gran parte oscure, per ammissione dello stesso Mussolini.
Sarà messa in dubbio la paternità del gesto e si ipotizzerà una responsabilità dell'ala radicale del fascismo guidata da Farinacci e dello stesso accompagnatore del duce, Leandro Arpinati.
Proprio a seguito dell'attentato di Bologna saranno emessi una serie di provvedimenti eccezionali che sanciranno in Italia l'avvento di un regime dittatoriale, con la fine della libertà di pensiero e di stampa, lo scioglimento dei partiti antifascisti, l'istituzione di tribunali speciali per gli oppositori del regime e la reintroduzione della pena di morte.