Schede
“Chi non è insensato arde di vedere e di conoscere; la terra è piena di meraviglie”
Giacomo Leopardi, Lettera a Pietro Giordani,
30 aprile 1817
“I viaggiatori. Da tutte le parti cominciò già l’equinozio de’ viaggi; così dal settentrione, come dal ponente, i cavalli di posta sentono le carrozze che arrivano… mentre il postiglione allegro fa suonar la scurriada e fischia a fior di labbro. La calda auretta aleggia per la campagna, e intanto che la terra, senza darsi nessun pensiero, degli astri malefici che gli astronomi le suscitano tra i piedi, gira intorno al sole, il bel mondo gira a tondo il globo per acqua e per terra. … se molti sono i viaggiatori, molte pure sono le specie dei viaggi. Ha il viaggio malinconico, il viaggio mercantile, l’anacreontico, l’ideale. Chi va in traccia di qualche fuggitiva Euridice, e cammini facendo la perde di memoria; e chi studia i costumi dei popoli negli alberghi e ne’ ridotti. Altri vi sono, i quali trasmigrano la primavera, e tornan l’autunno, tutto lieti e contenti quando hanno raccolto tre o quattro vasi etruschi di fabbrica inglese. Alcuni calano in lontane regioni per far incetta di punti prospettici, di belle vedute, e piantano lor cavalletti in mezzo alle piazze, dando gratis spettacolo al popolo che gli accerchia. Vi sono viaggiatori teatrali, che corron le poste non con altro lodevole fine che assistere alle prime rappresentazioni di questo o quel teatro… Certo tutte queste specie di viaggiatori sono più o men singolari; ma la più strana di tutte è quella dei viaggiatori politici. Il viaggiatore politico è per lo più qualche gran personaggio caduto in disgrazia. In questi casi il consiglio di viaggiare gli viene dal medico: ei viaggia per sua salute, e va a prender le acque nel sito più lontano del globo”
In “La farfalla”, n.25, 18 giugno 1839
La passione per il viaggio, per la conoscenza di terre e uomini lontani, ha una storia millenaria: da Ulisse che veleggia verso le colonne d’Ercole ai turisti dei nostri giorni, questa passione (poi forse divenuta moda) produce sin dall’antichità relazioni di viaggio, diari, resoconti, letteratura, osservazioni scientifiche, memorie di guerra, osservazioni di popoli… Giulio Cesare con il De bello Gallico, o Plinio il vecchio con le sue osservazioni sull’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., Senofonte e la sua Anabasi o Marco Polo con Il Milione, o ancora i diari di viaggio di Cristoforo Colombo e di tutti i navigatori del Cinque-Seicento, e via via le relazioni di viaggiatori, naturalisti, esploratori che dal Settecento affollarono il globo… tutto contribuisce a creare piccoli squarci in quel velo che copre la conoscenza, quella conoscenza che per alcuni è più forte e più attraente di qualunque rischio e difficoltà. Anche nella Bologna pontificia il fascino del viaggio in terre lontane e tra popoli sconosciuti colpisce, nel corso del tempo, molti uomini. Tra questi ricordiamo alcuni interessanti personaggi: l’esploratore Ludovico de Varthema (1470-1517), il militare e diplomatico Luigi Ferdinando Marsili (1658-1730), che viaggiò a lungo in Medio Oriente, il pittore Giovanni Gherardini (1655-1729), che esplorò l’Asia, l’architetto Luigi Melchiorre Balugani (1737-1771), che fu in Africa.
Nell’Ottocento questa passione divenne una vera e propria mania collettiva: riviste scientifiche, giornali “ricreativi” e per il tempo libero presentavano relazioni di viaggi, o avevano apposite rubriche, dedicate alla traduzione di analoghe pagine presenti su riviste inglesi e francesi, o ad accogliere, quando possibile, veri e propri reportage. Tra queste pubblicazioni, ricordiamone alcune italiane: la più celebre, l’”Antologia” di Gian Pietro Viesseux, che negli anni ’20 dell’800 fece da apripista a tutte le altre, e poi “Il Museo di Famiglia” edito a Milano da Treves negli anni ’60, o il coevo “L’Emporio pittoresco”; tra i bolognesi “La Ricreazione” (1834-1835) e “La farfalla” (1839-1847). Tutte, con rubriche, articoli o illustrazioni, consentivano ai lettori di viaggiare almeno con la fantasia per tutto il mondo! Con le Esposizioni Universali, dal 1840 in poi, si aprirono altre possibilità: vedere direttamente spaccati di quei mondi lontani. E allora ecco mappe e mappamondi, disegni ed acquerelli, e anche “reperti”, veri e propri trofei di viaggio, o souvenir. Cominciano a venire esposti abiti e manufatti, rocce e piante, fino alla un po’ macabra abitudine di mostrare come oggetti curiosi anche gli uomini lontani. Sì, proprio uomini: ma d’altronde anche Colombo non aveva portato nativi americani in Europa, a dimostrazione della veridicità delle sue narrazioni?
La letteratura costituisce un altro importante capitolo, quello forse più importante nella diffusione della passione per i viaggi. Al di là dei resoconti e delle memorie già citati, il romanzo di viaggio, spesso trasformato in puro e semplice romanzo d’avventure, si diffonde con sempre crescente successo a partire dal Settecento. E’ un genere molto amato, che non conosce tramonto: si pensi al Robinson Crusoe di Daniel Defoe, pubblicato nel 1719, che da allora conosce un ininterrotto successo editoriale; o a James Fenimore Cooper, che con le sue serie di racconti sulla frontiera americana, sui pionieri e le praterie, con il suo successo più grande, L’ultimo dei mohicani, fa conoscere a tutta Europa il “nuovo mondo” (e, in senso contrario, con le sue narrazioni dei propri viaggi in Europa porta a conoscenza dei coloni americani le novità e la vita “moderna” dell’Europa che essi hanno abbandonato spesso da decenni o più). E poi, passando ai “grandi” dell’Ottocento, come non pensare a Jules Verne e ad Emilio Salgari, veri e propri monumenti al romanzo di viaggio/avventura? Verne pubblica decine di romanzi, nei quali l’avventura e la sete di conoscenza non conoscono frontiere: avventure sui ghiacci, sopra e sotto i mari, intorno al mondo, nelle Indie, in Cina, nel Rio delle Amazzoni, nei Carpazi, sul Danubio, in Siberia… fino addirittura alla Luna! (e non dimentichiamo che il neonato cinema, a fine ‘800, lo predilige come fonte di ispirazione). E il nostro Salgari, assetato di avventure, intriso di cultura avventurosa appresa sui libri e dalla storia recente del paese (non dimentichiamo che quando Salgari comincia a scrivere e pubblicare, si è appena chiusa la gloriosa stagione del Risorgimento italiano, e che tanti, tantissimi dei protagonisti del Risorgimento ebbero modo di viaggiare nel mondo come esiliati/profughi, come soldati, come comandanti di navi, e che tanti di loro narravano le proprie imprese, e che soprattutto le imprese del più grande e amato di tutti, Garibaldi, erano pane quotidiano a quel tempo. Non a caso Sandokan sembra sbozzato, senza neanche troppi cammuffamenti, sull’Eroe dei due mondi!), pubblica anch’egli romanzi di viaggio e di scoperta di mondi “altri”.
Nell’accezione “viaggiatori” abbiamo compreso tipologie molto diverse di personaggi: esploratori veri e propri, navigatori, esuli con interessi antropologici/naturalistici/geografici, benestanti che viaggiavano per diletto e/o per moda, cacciatori, soldati in missione geografica/esplorativa/ coloniale, diplomatici, ecc. Sono stati considerati per una motivazione essenziale: il loro viaggiare ha lasciato traccia nella società bolognese e le loro spoglie sono presenti in Certosa. Sono stati inseriti anche alcuni personaggi veramente importanti e ricchi di testimonianze, che però non riposano nel Cimitero Comunale, per motivi diversi: Francesco Zambeccari e il figlio Livio, che sono stati “ospiti” della Certosa per un certo tempo , nel 1926 sono stati trasportati nella rinnovata e riconcessa sepoltura di famiglia all’interno di San Francesco, e Francesco Pizzardi, figlio del primo sindaco di Bologna unita all’Italia, e vero e proprio prototipo del giovanotto di buona famiglia, scapestrato, spendaccione, interessato solo alla bella vita (nella fattispecie al gioco ed alla caccia), che muore in un dorato “esilio” (Montecarlo), ma che qui in Certosa può contare sulla presenza della famiglia che tra l’altro, con la sua generazione, si estingue.
Mirtide Gavelli