Schede
Bologna è una città geograficamente destinata ad essere il crocevia d’Italia, luogo d’incontro e confronto della cultura e dell’economia. Questo ruolo viene in parte perdendosi negli anni centrali del Risorgimento, ma con l’Unificazione Bologna torna a diventare uno dei centri vitali nazionali. Un'occasione importante per accreditare questo ruolo è certamente l’Esposizione Emiliana 1888, quando – sotto l’egida carducciana - di fatto si candida a capitale culturale della Terza Italia. Sede della più antica Università d’Europa, nel corso del Lungo Ottocento vede un fiorire di nuove istituzioni e circoli artistici che si affiancano all’Accademia Clementina (poi delle Belle Arti), fondata nel 1710. Il Collegio Venturoli inizia l’attività nel 1825 offrendo a studenti in difficoltà economica di accedere agli studi, mentre con la nascita della Società Protettrice delle Belle Arti (1853) e in seguito con la società Francesco Francia (1894) vengono organizzate mostre-mercato che avvicinano gli artisti a un pubblico borghese. In Accademia, ai Concorsi Curlandesi, riformati nel 1870, si affianca dal 1878 il Premio Baruzzi. Il Comitato per Bologna Storica e Artistica (1899) ed il movimento dell'Aemilia Ars, insieme ad altre gilde e cenacoli di minore durata sono tutte occasioni per sviluppare il gusto contemporaneo. Tutto questo fervore artistico si riflette in un grande numero di giornali e riviste d’arte e nella nascita di una delle più importanti tipografie italiane, la Litografia Chappuis.
Nel 2024 la città di Bologna ha dedicato alla pittura locale del Lungo Ottocento un'ampia mostra diffusa su diciotto sedi e più di 500 opere esposte: La Pittura a Bologna nel Lungo Ottocento | 1796 - 1915.
Bologna attraversa tra Otto e Novecento un periodo tumultuoso ed estremamente vario: dalla fase giacobina filo-francese alla Restaurazione del governo pontificio, dai moti risorgimentali all’adesione al Regno d’Italia, fino all’avvio dell’industrializzazione, alla mobilitazione sociale ed economica ed all’entrata in guerra nel 1915. Similmente agli altri centri urbani della nazione, questo susseguirsi di eventi si riflette anche nell’ambito della cultura e delle arti, favorendo un serrato confronto tra cultura d’accademia ed avanguardia.
Ancora oggi è forte la propensione a definire tout court la scuola artistica locale accademica, valutando solo l’influenza dell’istituto di via Belle Arti, senza però mai andare oltre questo pur importante, ma non unico, aspetto del problema. E ciò significa anche svalutare l’Accademia di Belle Arti stessa, che con i suoi premi Curlandese e Baruzzi è stata tra i principali crocevia del confronto artistico nazionale. Bologna, pur non essendo al pari dei grandi centri urbani italiani (Milano, Roma, Torino, Genova), era - ed è - crocevia geografico e culturale della penisola, come dimostrato, ad esempio, dal ruolo svolto da Carlo Bianconi o Pelagio Palagi all’interno dell’Accademia di Brera a Milano all’inizio del XIX secolo. Oltre alla trasformazione dell’Accademia Clementina in Accademia di Belle Arti, in questo lungo secolo hanno luogo altri eventi rilevanti.
Tra questi, ricordiamo il grande cantiere che prende avvio nel 1801, offrendo agli artisti spazi e mezzi del tutto nuovi: il cimitero monumentale della Certosa. Complesso di dimensioni urbanistiche, vede le famiglie gareggiare nel rivolgersi al meglio della scultura e dell’architettura locale, non disdegnando però le committenze ad alcuni artisti ‘forestieri’ quali Vincenzo Vela o Giovanni Duprè, consentendo in tal modo un confronto di altissimo livello. Nel corso dell’Ottocento in città si formano poi istituti quali il Collegio Venturoli (1825), associazioni come la Francesco Francia (1894) o il Comitato per Bologna Storica e Artistica (1899), altre gilde e cenacoli di breve e brevissima durata: tutte occasioni per poter declinare il gusto contemporaneo. La nascita della Società protettrice delle Belle Arti permette, con le esposizioni tenute nella seconda metà del XIX secolo, la vendita delle opere ai privati, non trascurabile incentivo per gli artisti a produrre opere meno accademiche, adatte ad un pubblico borghese e meno elitario.
Tutta questa ricchezza di intelletti si riflette anche in un impressionante numero di pubblicazioni periodiche e riviste d’arte, e aiuta lo sviluppo di una delle più importanti tipografie italiane dell’epoca - la Litografia Chappuis - con cui collaborano artisti del calibro di Marcello Dudovich. Il 1888 è l’anno della svolta economica e culturale della città: da una parte le celebrazioni per l’ottavo centenario dell’Università e dall’altra l’Esposizione Emiliana pongono Bologna al centro dell’attenzione nazionale, mostrando i progressi compiuti dalla città dopo l’Unità d’Italia. Per l’occasione, l’arte svolgerà un ruolo vitale, con il grandioso padiglione della Musica nei Giardini Margherita e con l’Esposizione delle Belle Arti in san Michele in Bosco.
Queste brevi considerazioni già aiutano a comprendere quanto siano ricche e variegate l’architettura, la pittura e la scultura nella Bologna tra Otto e Novecento - tutto meno che provinciali - anche se risulta difficile averne una visione complessiva ed esaustiva, dal momento che, in assenza di una sede museale dedicata, gran parte della produzione del tempo è collocata nei depositi. L’ultima occasione espositiva che ne ha consentito una visione d’insieme prima della mostra diffusa del 2024 risale al 1983, con l'esposizione dedicata alla pittura a Bologna prima e dopo l’Unità. Di scultura si parlò invece nel 1998 attraverso la lente del cimitero monumentale, nel volume Immortalità della memoria, e di architettura nel 2001 con la mostra (e relativo catalogo) Norma e arbitrio. Negli anni successivi sono fioriti moltissimi studi e pubblicazioni sul periodo di nostro interesse. L'opera editoriale dedicata alle collezioni otto-novecentesche della Pinacoteca Nazionale ha finalmente posto le basi per una corretta lettura della pittura locale (ma non della scultura e dell’architettura), anche se con una visione incompleta, in assenza di un analogo catalogo per le collezioni del Comune di Bologna e di un panorama generale delle numerose raccolte pubbliche e private.
Pensiamo infatti che sia arrivato il momento che a raccontare il Lungo Ottocento bolognese siano le opere stesse, con i loro colori e le loro forme.