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Ritratto di Angelo Venturoli

Schede

Il ritratto a mezzobusto che si trova esposto stabilmente nella saletta del Museo Civico di Medicina dedicata a lavori degli architetti medicinesi Angelo Venturoli e Francesco Saverio Fabri, è un calco in gesso ricavato dall’opera originale in marmo realizzata dallo scultore bolognese Giacomo De Maria (1762 - 1838) per essere posta, intorno alla metà degli anni ’20 dell’Ottocento, nel Pantheon destinato agli “Uomini illustri bolognesi” nel cimitero monumentale della Certosa. Nel 1927 il Comune di Bologna stabilì di trasferire gli oltre sessanta busti degli illustri cittadini benemeriti, scolpiti e collocati nel Pantheon lungo un secolo, nella Sala d’Ercole del Palazzo comunale; ma qualche anno più tardi, nel 1935, fu deliberato di disporli all’esterno al fine di ornare e nobilitare i viali del parco della Montagnola. In quello spazio aperto al pubblico le opere dei maggiori scultori ritrattisti del tempo - sette delle quali scolpite da Giacomo De Maria - furono presto oggetto di rovinosi vandalismi per cui fu inevitabile ritirarle e porle nei depositi comunali dove purtroppo ancora giacciono in attesa di un restauro e di una definitiva degna sistemazione.
Il busto del presente gesso costituisce un dono particolarmente significativo: un omaggio offerto nel 1980 alla comunità di origine dell’insigne e benemerito architetto di Medicina da parte degli amministratori del Collegio Artistico Venturoli, fondato a Bologna nel 1821 (e inaugurato nel 1825) per volontà testamentaria dallo stesso Venturoli, al fine di accogliere e formare giovani aspiranti artisti in condizioni di necessità. Dai documenti d’archivio consultati, non è emerso quando e da chi sia stato eseguito il calco col quale sono stati formati i diversi gessi presenti presso i locali del Collegio, compreso quello donato a Medicina. Non risulta che il De Maria abbia messo a disposizione un calco di tale soggetto, e non c’è neppure traccia di un busto del Venturoli tra i vari gessi di lavori da lui eseguiti che lo scultore dona al Collegio nel 1826 in favore dell’ «istruzione della gioventù». Non è invece improbabile che lo stampo sull’originale possa essere stato predisposto dallo scultore Federico Monti, ex allievo del Collegio dal 1849 al 1856, quando nel 1862 gli fu affidata dagli amministratori la commissione di scolpire in marmo una copia del busto originale del benemerito fondatore. L’opera fu eseguita in tutto conforme a quella del De Maria, confrontandosi con ogni probabilità non direttamente con il marmo della Certosa, ma con una copia in gesso da esso ricavato appositamente.

Il busto scolpito dal Monti fu solennemente posto sopra la lapide dedicata al Venturoli nella sala della biblioteca storica dell’istituto, mentre la copia-modello può essere stata successivamente utilizzata per ottenere altri esemplari dello stesso ritratto, tra i quali quello donato a Medicina. Nel ritrarre i lineamenti somatici e soprattutto nel tradurre in concreto le qualità umane e morali del personaggio Venturoli, il già affermato Giacomo De Maria non può essersi avvalso soltanto delle immagini giovanili del soggetto a quel tempo note: il ritratto eseguito dal pittore Pietro Fancelli in occasione dell’elezione del nostro architetto a membro effettivo dell’Accademia Clementina (ora non rintracciabile) e l’altro dipinto di autore ancora ignoto, esposto in questa ricorrenza. Tra l’architetto e il più giovane scultore si era manifestata una solida sintonia di indirizzi culturali ed estetici orientati ad neoclassicismo che aveva determinato una lunga ed efficace collaborazione in opere di grande prestigio e successo quali - a brevissimo esempio - il celebrato monumento al duca di Curlandia, le opere scultoree per palazzo Tanari, l’insieme di statue nello scalone progettato dal Venturoli nel palazzo di città del principe Hercolani e nella ristrutturazione del presbiterio della parrocchiale di Minerbio. Un artista dello spessore di De Maria non aveva certo esclusiva necessità di disporre di precisi riferimenti iconografici per scolpire un’immagine di Angelo Venturoli; la lunga frequentazione avuta con lo stimatissimo compianto architetto doveva sicuramente avere lasciato un forte segno nella memoria del sensibile scultore di figura particolarmente felice nel formare volti di illustri trapassati. In questo busto lo scultore sa cogliere efficacemente le riconosciute qualità fondamentali del personaggio espresse da chi, come il suo primo biografo e autorevole collaboratore, Antonio Bolognini Amorini, poteva indicare: «La sua piacevolezza di tratto […] la ingenua equabilità di tratto nell’intrattenere le persone […] lo rendevano caro ed accetto ad ogni classe di persone».
L’interiore serenità unita a una limpida consapevole non ostentata intelligenza anche in questo busto di gesso, che mostra un Venturoli sulla soglia dell’anzianità, trova immutata conferma di quanto esprima l’inedito ritratto pittorico giovanile esposto in questa mostra.


Luigi Samoggia

Testo tratto dal catalogo della mostra "Angelo Venturoli - Una eredità lunga 190 anni", Medicina (Bo), aprile-giugno 2015.