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Paliotto ricamato

prima metà del XVIII sec.

Schede

Il piccolo paliotto è parte di un corredo di tre pezzi, composto da un altro di dimensioni analoghe e da uno grande (cm. 98,5x307,5); è probabile che originariamente i due pannelli ricamati più piccoli fossero destinati a coprire i fianchi di un altare. Il ricamo, il cui soggetto è analogo nei tre pezzi, è eseguito su un taffetas color avorio operato, a formare un motivo di piccoli fiori inseriti in una cornice di archetti. Per il ricamo dei fiori, della frutta e degli uccelli sono stati utilizzati fili di seta colorati a punto pittura senza imbottitura e a punto erba.

Gli elementi decorativi a volute e larghe foglie di acanto sono ottenuti con fili di argento di tre tipi differenti, ma in origine completamente dorati, in modo da ottenere un efficace effetto chiaroscurale e da adeguare l’ornato alla variazione del disegno. È stato usato un tipo di filo di argento molto sottile, avvolto in modo compatto attorno ad un’anima di seta gialla; un altro in cui il filo d’argento attorcigliato alla seta è leggermente arricciato; uno costituito da un sottile nastro d’argento posato su una leggera imbottitura in modo da formare serie di scacchetti disposti in file sfalsate tra di loro. Tutti i diversi tipi di filo d’argento sono posati con la tecnica dell’“or nué” (nota anche come ‘punto Bologna’), ovvero fissati al tessuto con dei sottili fili di seta gialla che formano un motivo decorativo, un tempo mimetizzato dalla doratura del filo metallico. I contorni della decorazione in argento dorato sono definiti da una canutiglia dello stesso materiale. Le foglie di acanto dorate sono arricchite da fili di seta colorati ricamati a punto pittura in ocra e, nella parte superiore dei paliotti, nelle tonalità dell’azzurro e del blu su cui sono state fissate delle paillettes ovali in lamina di metallo blu. Successivamente i tre ricami sono stati foderati con una tela di cotone e fissati a telai di legno; davanti ad essi sono state apposte cornici in legno intagliato e dorato. Il tessuto di fondo e i confronti stilistici permettono di datare i manufatti alla prima metà del Settecento. Va rilevata l’alta qualità dell’esecuzione del ricamo, in cui vengono abbinati con gusto diversi tipi di materiali preziosi nella realizzazione di un disegno armonioso e complesso, in cui anche le parti colorate sono rese con grande efficacia pittorica grazie all’abile utilizzo di numerosissime sfumature di colore. Alquanto inusuale è la scelta di ricamare su un tessuto di fondo già operato, soluzione nota alle stesse date solo in pochi altri esemplari e che ha lo scopo di conferire ulteriore ricchezza al manufatto.

È particolarmente suggestiva l’ipotesi che questa sapienza artigianale si debba proprio alle suore domenicane della chiesa di Santa Maria Nuova, da cui le fonti dicono provenire il corredo. Esso infatti è descritto nei fascicoli titolati Inventario dei mobili ed arredi sacri esistenti nella chiesa, cappelle interne, sagrestia di San Girolamo della Certosa di Bologna, redatti in date diverse a seguito di visite pastorali e conservati nel faldone “Amministrazione ecclesiastica del cimitero di Bologna. Inventari S. visite pastorali” (Archivio Arcivescovile di Bologna). In particolare nell’inventario del 1845 si legge: “In sagrestia si ritrova un palio ricamato a seta ed oro per l’altare maggiore con due altri simili palii per la credenza, acquistato dalla casa Lambertini, e proveniente dalla già chiesa delle monache di santa Maria Nuova, e di proprietà della Congregazione dei Suffraganti”.

Si può ipotizzare che il cardinale Prospero Lambertini, divenuto poi papa Benedetto XIV, abbia fatto fabbricare i paliotti per la chiesa di Santa Maria Nuova di Bologna in occasione dell’entrata nell’attiguo monastero della nipote Imelda Lucrezia Lambertini. Infatti, questo fatto storico e la parentela tra i due personaggi vengono confermati dalla copia del libretto di monacazione, conservato presso la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, che tratta dell’entrata in convento della nobile giovane presso le domenicane di Santa Maria Nuova. Il volumetto Applausi poetici alla nobildonna la signora marchesa Imelda Lucrezia Lambertini. In occasione di prender l’abito di s. Domenico. Nel cospicuo monastero delle mm.rr. madri di santa Maria Nuova, assumendo i nomi di suor Maria Imelda Prospera Lambertini è datato 1735. Nelle prime pagine vi è un’introduzione scritta a mano dalla superiora del convento, verso la fine della quale si legge: “A giuso dell’antica vostra beata Imelda egli vi riguarda, e perché come nel nome, così nell’esercizio delle virtù le fate sembianza, oh quali e quante grazie vi ispira! […] Voi dovete ne divini vostri colloqui pregarlo, che lunga vita e felice conceda all’eminentissimo vostro zio signor Cardinal Prospero Lambertini, il quale si degnamente fu da lui prescelto alla cura delle anime nostre…” È quindi probabile che il paliotto sia stato donato come dote dal Cardinale alla nipote nel momento del suo ingresso nel ricco e prestigioso monastero (di cui si conservano i resti di alcune decorazioni architettoniche rinascimentali presso il Museo Civico Medievale).

La prima citazione dei paliotti di San Girolamo si trova nell’inventario del 1817. Prima di questa data è possibile che l’opera fosse stata ritirata dalla famiglia Lambertini dopo la morte della monaca o comunque resa disponibile in seguito alla soppressione del convento di Santa Maria Nuova avvenuta nel 1799. I pezzi ricamati non sono citati nel Demaniale dell’Archivio di Stato, che comprende i fondi certosini dove si trovano documentazioni precedenti la soppressione della Certosa, mentre nell’inventario del 1845 si fa riferimento al fatto che i paliotti erano di proprietà della Congregazione dei Suffraganti, che si riunivano a pregare nella chiesa di San Girolamo della Certosa. Varie notizie su questi devoti si trovano presso la Biblioteca dell’Archiginnasio: nel libretto Statuti riformati della pia unione dei suffraganti eretta nella chiesa di San Girolamo del cimitero comunale (Bologna 1857) si trova il regolamento della congregazione e viene messo in evidenza come quest’ultima fosse dedita ad arricchire la chiesa con preziosi apparati. Questi attori sociali, probabilmente, si procurarono i paliotti da casa Lambertini o dal mercato antiquario per sistemarli nel luogo dove si radunavano. Al momento dello scioglimento della congregazione i tre paliotti sono rimasti nella sagrestia di San Girolamo, dove tuttora si trovano.

Silvia Battistini, Cecilia Degiovanni

Luglio 2012. Bibliografia: Abiti e lavori delle monache di Bologna in una serie di disegni del secolo 18, presentazione di Mario Fanti, Bologna, Tamari, 1972. Testo tratto da: R. Martorelli (a cura di), La Certosa di Bologna - Un libro aperto sulla storia, catalogo della mostra, Tipografia Moderna, Bologna, 2009.