Salta al contenuto principale Skip to footer content

La Societa' del Casino

Sociale Dalla seconda meta' del Settecento fino ai giorni nostri

Schede

Nata in età napoleonica sulle ceneri e sull’esempio del settecentesco ritrovo aristocratico, la Società del Casino ebbe per tutta la prima metà dell’Ottocento una parte assai importante nella vita mondana, culturale e anche, poiché annoverava fra i suoi soci l’élite della nuova classe dirigente bolognese, politica di Bologna. Secondo gli statuti elaborati nel 1809, e riscritti senza sostanziali modifiche ad ogni rinnovo della società, gli “oggetti di trattenimento” comprendevano la lettura di giornali italiani e francesi e di riviste scientifiche, letterarie e di moda; giochi vari (lotto, biliardo, carte); concerti ed accademie di musica; accademie di poesia; esercizi e feste di ballo; esercizi di scherma.

Ogni attività era affidata alle cure di una commissione apposita e poteva contare su una parte degli introiti derivanti dalle quote mensili pagate dai soci. La vita quotidiana della Società (il Casino, a parte le occasioni straordinarie di feste o accademie, era aperto tutti i giorni da mezzogiorno a mezzanotte) si reggeva sul gioco e sulla semplice conversazione, ma aveva un momento importante nella possibilità di avere a disposizione una buona varietà di giornali politici, letterari e scientifici, fra cui le gazzette delle principali città italiane e alcune estere (Francoforte, Losanna, Vienna, Parigi), gli Opuscoli letterari e gli Annali di Agricoltura di Filippo Re.

Fra i trattenimenti straordinari, mentre gli esercizi di scherma, con l’organizzazione di “assalti” fra dilettanti soci o militari invitati, non godette mai di grande favore, la poesia prese nuova vita, nel 1819, con la costituzione di una società in parte autonoma (nel senso che poteva aggregare anche persone che non fossero iscritte al Casino), denominata Accademia Felsinea. L’Accademia Felsinea, che gestì da allora in poi gli incontri poetici della Società, può gloriarsi di aver avuto come ospite, fra oratori, improvvisatori e poeti in gran parte dimenticabili, anche Giacomo Leopardi: che, il 27 marzo 1826, “in presenza del Legato e del fiore della nobiltà bolognese, maschi e femmine” (come lui stesso vantò scrivendo al fratello Carlo), vi recitò l’Epistola al Conte Carlo Pepoli.

Altrettanto, se non maggiormente, curati furono i trattenimenti musicali. Tutte le domeniche, “dal mezzodì sino alle tre ore pomeridiane”, c’era un concerto al pianoforte con brani del repertorio operistico in voga (“Il y a de fort jolis concerts le dimanche matin au Casin”, scrive anche Stendhal) e, a cadenza variabile, concerti la sera con la presenza dell’orchestra. Artisti ospiti erano per lo più i cantanti delle compagnie che si trovavano ad agire nei teatri cittadini: con nomi importanti, quali Gertrude Righetti Giorgi, Isabella Colbran, Marietta Marcolini, Elisabetta Manfredini Guarmani, Adelaide Malanotte, Giovanni David, Claudio Bonoldi, Giovanni Battista Rubini. Fra gli strumentisti di fama che si esibirono al Casino spicca il nome di Nicolò Paganini, presente in quattro concerti negli anni 1811 e 1818, e quello di Felice Radicati, che ricoprì il ruolo di primo violino e direttore d’orchestra dal 1815 fino all’immatura morte (cadde da una carrozza in corsa) il 20 marzo 1815. All’attività musicale del Casino è legata in maniera indissolubile la figura di Francesco Giovanni Sampieri, compositore dilettante, pianista e mecenate, che per lunghi anni ricoprì l’incarico di Direttore della musica.

Brillanti, affollate (ogni socio aveva a disposizione un certo numero di inviti da distribuire) e particolarmente attese erano le feste di ballo, con maschera o senza, date durante il carnevale. Erano precedute da un concerto con orchestra, accompagnate da rinfreschi, e duravano anche fino alle prime ore dell’alba. Celebri rimasero le feste del carnevale del 1814, a cui partecipò un Gioacchino Murat intento a conquistare credito presso il ceto dominante bolognese.

Silvia Benati