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Antonio Fiacchi

1842 - 2 Maggio 1907

Scheda

Antonio Fiacchi (1842 - 1907), impiegato alle poste, autore delle prime commedie dialettali di Bologna, presenta Al dsgrazi ad Carlen al barbir nel 1864 all'Arena del Sole, successo che non si ripete nel 1871 al Teatro Contavalli con Al ciacher. Con il sgner Pirein Sbolenfi inventa il personaggio del tipico popolano bolognese antiquato, semplice e arguto. Fondatore del giornale Il piccolo Faust e di Ehi!, ch'al scusa, diventa una delle personalità culturali più interessanti della città. Le sue lettere e "divagazioni" sono pubblicate in numerosi giornali cittadini e conosceranno una fortunata edizione presso Zanichelli, con il titolo El sgner Pirein. Scritti scelti, editi ed inediti, a cura di Oreste Trebbi e con la prefazione di Lorenzo Stecchetti. Nel 1888 organizza un grandioso carnevale in Piazza dell'8 agosto 1848. Fiacchi è considerato all'epoca uno dei maggiori umoristi italiani. Dopo il suo trasferimento a Roma, non manca di mantenere i rapporti con Bologna. Nel 1898 Carlo Gaspare Sarti fonda il periodico umoristico "Bologna che dorme", al quale partecipano tutti i più noti scrittori locali. Fiacchi vi partecipa e manda alcune "divacazioni" filosofiche del sgner Pirein.

Un sintetico ritratto dell'artista ci viene consegnato da Mario Sandri: "Antonio Fiacchi - per fortuna nostra bolognesissimo – è nato all'ombra delle torri nel 1842, ha trascorsa un'infanzia tranquilla, senza capricci, senza sorprese e, compiuti gli studi, nel 1861, a diciannove anni, fonda un giornaletto da ragazzi: Il Pagliaccio, di cui è insieme direttore, redattore capo e strillone. Il giornale, manoscritto, folto di illustrazioni, di strofette e arricchito della rubrica enigmistica, apre la via a un foglio di mole assai maggiore: Il piccolo Faust, un periodico teatrale per la scena di prosa che il Fiacchi, con Alarico Lambertini, fonda nel 1875 e dirige, dalla tribuna modesta di via Garofalo, per lunghissimi anni, scrivendo – col nome di Piccolet – critiche acute e imparziali che gli procurano l'amicizia fedele di attori ed autori di grido, quali Giacinto Gallina e Achille Torelli, Adelaide Tessero ed Ermete Novelli, Virginia Marini e Cesare Rossi, Alamanno Morelli e Pierina Giagnoni. Ma la vita ha la sue grige esigenze, i suoi tormenti segreti e Fiacchi, che non può certo vivere soltanto di rosati sogni e di giovanili fantasie, ha dovuto pensare al suo avvenire e già da qualche anno, pur coltivando l'innata passione per il giornalismo, si è impiegato alla Direzione dei Telegrafi dello Stato, che allora sorgeva in uno spento palazzetto senza pretese in Piazza Malpighi. A mezzogiorno, quando esce dall'ufficio, il direttore del Piccolo Faust porta regolarmente alla tipografia le cartelle delle sue critiche serene – scritte talora di getto sul rovescio di moduli del telegrafo – poi, rincasato – spesso mentre attende che compaia in tavola la minestra, senza dare alcuna importanza a quello che fa, senza supporre la vitalità radiosa della sua creatura, talvolta sull'umile carta di un involto, Fiacchi accende il pirotecnico estro del Sgner Pirein e questo pover'uomo in 'ginasino' e in mezzi guanti, scettico ed educato, dolendosi e filosofeggiando bonario, passa da un infortunio all'altro, da una sciagura ad un trambusto, da una catastrofe ad una casalinga tragedia, seguito dalle risa trionfali di tutta la città.

Nel 1889 Antonio Fiacchi è trasferito a Roma dove va a coprire la carica di Segretario al Ministero della Poste e Telegrafi. Tristissimo distacco dalla scapigliata vita del giornalismo e del teatro, dal mondo felice dell'umorismo e della critica; ma la malinconia della partenza è attenuata da un dolce sogno d'amore che si conchiuderà dinanzi all'altare della città eterna. Dalle 'rive del Coliseo' èl Sgner Pirein continua i suoi desolati e comici sfoghi sull'Ehi! Ch'al scusa ed ogni pagina, ogni accenno, ogni burlesca allusione rinnovano le festose accoglienze di un tempo, quantunque nella vena del creatore già trapeli un po' di quella malinconica, accorata nostalgia che segnerà la fine del suo festosissimo protagonista. Triste, lontano, già assente dalla bella vita scapigliata, Fiacchi non resta insensibile al richiamo che gli giunge dalla sua Bologna e, quantunque l'infermità oramai lo attanagli, detta un ultimo nostalgico sfogo del suo protagonista, crepitando ancora di allegrezza, vivo come sempre, mentre il creatore, ridente e sereno, piano piano se ne va. Qualche mese dopo è la fine precipitosa. L'arteriosclerosi ha ragione della fibra gagliarda dell'umorista e, nella sua quieta casa di via Gaeta, Antonio Fiacchi, a sessantacinque anni, si spegne e Campo Verano accoglie le sue spoglie mortali mentre il mondo letterario bolognese si abbruna per la crudele dipartita di quest'uomo probo e modesto che ha saputo far sorridere e ridere come nessun altro mai".