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Feste civili e patriottiche dalla Rivoluzione alla Grande Guerra

1796 | 1915

Schede

Il 18 giugno del 1796, verso sera, le avanguardie dell’armata francese entrano a Bologna, provenienti dallo stradale di Crevalcore. Passano da Porta San Felice e attraversano tutto il centro cittadino, per recarsi in palazzo comunale e notificare l’arrivo dell’esercito al completo. Il centro della città è in festa, pieno di addobbi colorati, fiori e ghirlande: la contrada degli Orefici, infatti, sta celebrando la propria decennale eucaristica, la città è gremita di contadini provenienti da fuori porta e si celebra anche la grande festa del Corpus Domini. A tamburo battente, i 7.000 soldati del generale Augerau la attraversano, uscendo verso sud da Porta Maggiore, per accamparsi poi prima del ponte sul Savena. 1.000 uomini invece prendono possesso della piazza, collocando sentinelle nei punti cruciali ed alloggiando gli ufficiali nelle case private migliori, come d’uso a spese della cittadinanza. Nottetempo, anche il giovane Generale Bonaparte entra in città, senza farsi troppo notare. Questi episodi portano lo scompiglio in Bologna, sconvolgendo antichi equilibri ed usanze radicate, ed aprono la porta ad usi del tutto nuovi. Le tradizionali feste – religiose come Corpus Domini, San Petronio, Madonna di San Luca, ecc., o profane come la festa della porchetta, le sagre e le fiere di antica memoria – subiscono gravi “aggiornamenti”; di contro, vengono introdotte nuove celebrazioni, dedicate non a santi bensì a motivazioni laiche e politiche. Nascono così le feste giacobine: la festa intorno all’albero della libertà, simbolo principe del nuovo corso politico, il corteo del 6 gennaio 1798 che porta in trionfo l’urna dei primi martiri dell’Indipendenza italiana Luigi Zamboni e Giovanni De Rolandis, la festa della Riconoscenza, la Festa della Federazione, i banchetti patriottici… che saranno via via affiancate da feste più “tradizionali”, come quelle in onore di generali importanti o, nel 1805, addirittura di Napoleone ormai imperatore, ecc.. Luoghi deputati a feste e cerimonie erano già dal '700 i tanti teatri che erano sorti in Città. Non furono solo sede di concerti e spettacoli, ma anche di circhi, balli in maschera, cerimonie politiche, feste di beneficenza. Soprattutto in inverno ed ancor più per Carnevale erano i luoghi dove si concentravano la maggior parte degli eventi.

Le feste laiche sono accompagnate da rituali che si perpetueranno per tutto il secolo: sfilate militari al suono dei tamburi, illuminazioni notturne sfarzose, grandi giochi pirotecnici. In epoca di Restaurazione le cose non cambiarono poi di molto: ovviamente si tornò con grande sfarzo alle tradizionali feste religiose ed a quelle popolari, e si fece grande uso di Te Deum di ringraziamento, solenni funzioni religiose, accompagnate da ricchi apparati e concorso di autorità civili, militari, religiose e di popolo, abbondantemente proposti anche dopo l’Unificazione, quasi a segnalare al popolo la presenza della mano benevola di Dio sui dominatori politici del momento. Di questi anni, si possono senz’altro ricordare le grandi feste per l’amnistia per i prigionieri sia comuni che politici concessa da Pio IX al momento della sua salita al soglio pontificio (luglio 1846) o le grandi feste per la concessione delle Costituzioni, sempre a ridosso del 1848. La grazia che concesse Pio IX poco dopo essere salito al pontificato fu infatti fonte di innumerevoli feste. Oltre alle iniziative tenute dagli organi ufficiali, moltissime furono quelle da parte della popolazione. Enrico Bottrigari riporta fedelmente nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) le tante feste che si tennero, tra cui una nel luglio 1846 dagli abitanti della zona di Porta Maggiore che allestirono la strada "fatta più bella per una lunga ed ordinata fila di vasi d'aranci; tanto la detta via che l'adiacente portico che dalla Città si stende fino alla Chiesa degli Alemanni furono con molta eleganza illuminati, mentre che le militari musiche rallegravano coi loro concerti l'accorso affollatissimo popolo".

Il biennio di fuoco 1848-1849 riporta in auge rituali “rivoluzionari”: si torna ad erigere alberi della libertà, intorno ad essi si balla e si canta, si festeggiano le truppe volontarie che partono per la guerra… ancora un momento di feste più laiche, ma spesso accompagnate dalla presenza di sacerdoti “amici”. Così Enrico Bottrigari nella sua Cronaca di Bologna (Zanichelli, 1960) ricorda la festa per la proclamazione della Repubblica romana del 9 febbraio 1849: "suonano le pubbliche campane e sul meriggio 101 colpi di cannone annunziano anche ai lontani la proclamazione (...) Nella sera però la Città fu riccamente illuminata (...) il maggiore teatro e quello del Corso brillarono di luminarie a cera: a questi recossi il popolo in folla e non pochi evviva s'udirono alla Repubblica. (...) Il maggior palco e gli altri delle autorità civili e militari vidersi con isquisito gusto parati con drappi tricolori". L’anno 1860 si apre a Bologna con un grande numero di occasioni mondane: il clima nuovo che si respira in città dopo la fine della Seconda Guerra di Indipendenza e l’adesione della città al nuovo Governo provvisorio – il cardinal Legato e le residue truppe austriache avevano abbandonato in tutta fretta, e nottetempo, la città nella notte tra l’11 e il 12 giugno del 1859, consci dello sfascio che stava per loro giungendo, e si attendeva la piena adesione ad un nuovo stato italiano, in quei mesi non ancora definito – invitano le classi più agiate a godere di ogni possibilità di divertimento. Come d’uso, l’avvento del carnevale apre la stagione dei balli, ed il “Corriere dell’Emilia”, giornale di area liberale, annota che "Mentre a Roma e nei felici domini rimasti al Papa con gli eccidi di Perugia i teatri son chiusi non v’è un divertimento, qui fra noi si balla si è allegrissimi né succede il minimo disordine" (Corriere dell’Emilia, 1 febbraio 1860). Puntualmente, vengono dati i resoconti delle feste più importanti: "Brillantissima fu questa notte la festa da ballo dall’Intendente conte Ranuzzi. Non ostante il pessimo tempo, e la neve che fioccava v’intervenne un numero straordinario di persone, talmente che le vaste sale eran ristrette per la grande folla. Vi erano circa 120 delle più eleganti signore, tutte abigliate riccamente e con gusto, e ricche di gioie. Le danze cominciarono alla mezzanotte, e si protrassero fino a giorno. L’allegria traspariva dagli sguardi, e dal sorriso universale… Notavansi oltre le nostre prime dame, il colonnello inglese Godican, il generale Menabrea e moltissimi militari ed ufficiali della Guardia Nazionale, che con la varietà delle loro divise rendevano più brillante la festa…" (Corriere dell’Emilia, 2 febbraio 1860)

Spessissimo tali feste avevano intenti benefici: unire lo svago e placare la coscienza era evidentemente in gran voga! Ad esempio "Brillante ed allegra fu questa notte la festa da ballo a favore degli Asili Infantili che ebbe luogo nella Casa del marchese Gioacchino Napoleone Pepoli che prestò ed illuminò generosamente il ricco suo appartamento dove concorsero non moltissime ma assai eleganti Signore. Si distinsero molto le signore patronesse avendo dati meglio che 800 biglietti. Le danze principiate alle 10 finirono alle 7 del mattino" (Corriere dell’Emilia, 6 febbraio 1860). Il frequente resoconto di feste e balli e suscita evidentemente qualche critica, tanto che i redattori del quotidiano bolognese, dando notizia di una grande festa da ballo prevista a Modena nei giorni seguenti si sentono in dovere di giustificare le proprie scelte con queste parole: "Si potrebbe altrimenti maravigliare a sentirci parlare di balli e divertimenti, mentre i nostri fratelli gemono ancora sotto il giogo dell’Austria e del Papa e del Borbone di Napoli. Ma la parte d’Italia libera mostra in tal modo all’Europa intera come è tranquilla e contenta di sua posizione, e fa meglio notare la differenza che passa fra queste provincie, e quelle tenute ancora in schiavitù. D’altronde si balla, ma si arma, si organizza, e si prepara a più grandi cose" (Corriere dell’Emilia, 7 febbraio 1860). Al contempo, questa girandola di balli e feste mette in campo problemi organizzativi: "Speriamo che cessi la neve che fiocca ostinatamente da ieri e così vi sarà gran concorso di nostri concittadini, sapendo che furono diramati moltissimi inviti per la festa di ballo che quegli Ufficiali daranno la sera nel palazzo nazionale. L’Amministrazione della via ferrata per maggiore comodità di coloro che vogliono intervenire al ballo farà partire un treno speciale alle 8 pom. che ripartirà da Modena alle 5 ant." (Corriere dell’Emilia, 11 febbraio 1860).

E’ palese l’allusione a balli di natura ben nettamente politica, come quello di Modena appena citato, cui concorsero più di duemila persone, nonostante le avverse condizioni atmosferiche, e di cui il giornale fornisce amplissimo resoconto nel numero del 13 febbraio, o come quello che pochi giorni prima si era tenuto proprio a Bologna per una particolarissima raccolta. Ecco stralci del manifesto che la annunciava: "FESTA DI BALLO nell’ex palazzo Bignami. Avviso straordinario per la sera di sabato 28 gennaio 1860. L’incasso che si farà in detta sera è destinato per intero all’acquisto del MILIONE DI FUCILI richiesti da S.E. il signor Generale GARIBALDI. La Festa incomincerà alle 9 pomeridiane con sfarzosa illuminazione, e terminerà a giorno ad uso veglione. L’orchestra in detta sera suonerà solamente polke e Waltzer". Con la proclamazione del Regno d’Italia (1861) ai Te Deum di ringraziamento offerti dalle autorità filo-piemontesi o dai nuovi governanti si affiancano via via tutta una serie di festeggiamenti dedicati ai nuovi martiri per l’Indipendenza. Prendono così piede ed hanno ampio spazio, a fianco della festa “sabauda” dello Statuto, celebrata la prima domenica di giugno, le feste in occasione delle ricorrenze dell’8 agosto 1848 (a Bologna; in altre città dei momenti epici di sollevazione popolare locale), delle battaglie di Solferino e San Martino, del Venti Settembre e poi via via le feste in memoria dei padri della patria che scompaiono, primo fra tutti Giuseppe Garibaldi (2 giugno 1882).

Alle feste politiche, negli anni successivi si vanno affiancando sempre più avvenimenti che si tenevano nei palazzi della nobiltà, dal tono spiccatamente mondano e poco politico, i quali potevano durare tutta la notte e proseguire fino al mattino successivo. Un esempio tra i più sontuosi fu il Gran ballo tenuto l'11 febbraio 1863 a Palazzo Grabinski (già Baciocchi). Così lo descrive Bottrigari: "venne aperta la nuova sala da ballo, decorata di specchi, stucchi e dorature. Ivi in elegantissimi lampadari a cristallo brillavano 800 lumi di cera. (...) Tutto ciò devesi alle splendide idee della Signora Contessa Sofia Potenziani di Roma, moglie al Conte Enrico Grabinski. (...) Oltre alla parte eletta di Bologna v'intervennero moltissimi forestieri, fra cui molte eleganti Signore. Gl'invitati sommarono a circa due mila; le Signore intervenute giunsero al numero di 150. Non dirò de' rinfreschi che furono eccellenti ed abbondantissimi e del grandioso trattamento che venne offerto alle ore 4 dopo la mezzanotte, nel quale con molte squisite e peregrine vivande vi fu lusso ed un consumo strabocchevole di vini nostrani e forestieri. Il ballo si protasse fino a giorno avanzato". Circoli di nobiluomini, operai o borghesi organizzarono monenti conviviali che furono occasioni per sensibilizzare la popolazione su problemi economici e sociali e quindi raccogliere fondi per beneficenza. A Bologna non mancarono occasioni di divertimento per tutte le fascie sociali e quando si svolse l'Esposizione Emiliana 1888 si tennero in città numerose feste, balli e ritrovi musicali sia all'interno della manifestazione sia nelle residenze che nei teatri e circoli privati. Con lo scoppio del conflitto mondiale le feste assunsero toni spiccatamente politici e sociali a favore della vittoria, per raccogliere fondi per armare l'esercito, per i soldati morti e mutilati e le loro famiglie, per alleviare le condizioni di persone che sempre in maggior numero cadevano nella povertà.