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Natività

Schede

Il dipinto di grande formato (cm 450x350), firmato e datato in basso al centro “NVTIO ROSSI F. 1644”, è il primo della serie commissionata dal priore don Daniele Granchio per il prestigioso ciclo cristologico voluto dal canonico per la chiesa di San Girolamo alla Certosa bolognese. Nunzio Rossi è l’unico pittore forestiero che partecipa all’impresa, ma la richiesta per un dipinto di tale importanza ad un pittore napoletano e tra l’altro giovanissimo (le fonti indicano un Rossi appena diciottenne), non deve stupire. Tra i vari conventi certosini italiani, lo scambio degli artisti che operavano per lo stesso ordine è consueto, infatti il Rossi prima che a Bologna è presente all’interno della napoletana Certosa di San Martino.
Nella prima metà dell’Ottocento l’opera è stata rimossa dalla controfacciata della chiesa per far posto all’organo e situata in una cappella adiacente al Chiostro delle Madonne sempre nella Certosa bolognese. La nuova collocazione pose il dipinto all’esposizione di fattori ambientali, come le correnti d’aria e l’esalazione di nitrati provenienti dalle tombe sottostanti. Elementi questi che compromettono la conservazione e accelerano il processo di degrado dell’opera che al momento del restauro (concluso nel 2005 da Ottorino Nonfarmale), si presenta con una grave ossidazione. Il dipinto infatti era ricoperto da una patina biancastra che ne rendeva quasi impossibile la lettura e l’identificazione del soggetto. Solo dopo un delicato intervento di pulitura, si è potuto costatare che l’entità del danno era tuttavia contenuta e che la materia pittorica era ben conservata, seppur con piccole e diffuse cadute di colore. Ritornato al suo splendore originario, nel dipinto, ora è visibile la stesura in rapide pennellate dal colori brillanti e dall’acceso chiaroscuro. In seguito al restauro l’opera è stata collocata nel Palazzo Comunale (Bologna, Palazzo d’Accursio, anticamera del Sindaco).
L’iconografia del dipinto è tratta dal Vangelo di Luca che scrive a riguardo: Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio. C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: "Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia" (Lc. 2, 7-12).
Nunzio Rossi realizza una rappresentazione dell’evento festosa e colorata, dalla vigorosa foga narrativa, come da tradizione napoletana. L’artista sembra tracciare una linea invisibile tra mondo terreno (in basso) e monto celeste (in alto) uniti in un vorticoso turbinio di figure che manifestano gioia e agitazione per il felice momento. In basso al centro della scena è Gesù Bambino, sul quale sporge in posizione frontale la Madonna e attorno a loro i pastori, le donne, il fanciullo e gli animali, che con spirito di partecipazione umanizzano l’evento. In alto tra le nuvole, figure di angeli con strumenti musicali e angioletti alati che sembrano danzare nel cielo luminoso, manifestano concitati la gioia per l’episodio. Le figure si dispongono tutt’attorno occupando l’intera superficie del supporto visivo ed esprimono una teatralità degna della rappresentazione figurativa barocca che, tra Sei e Settecento, si esprime con toni festosi e dal forte impatto scenico. Nunzio Rossi opta per colori caldi, vivaci e brillanti stesi con pennellate dense e veloci, dalla stesura pittorica poco attenta alla correttezza anatomica. Elementi questi antitetici allo stile classicamente reniano di gran parte dei pittori bolognesi che realizzano le altre otto grandi tele del ciclo cristologico.
L’unico artista non bolognese, quindi, non lascerà significativi influssi nella pittura locale a causa di un linguaggio artistico lontanissimo da quello felsineo, consegnando però alla città un bellissimo esempio di barocco napoletano che dall’incontro con Guido Reni si arricchisce di delicata bellezza.

Benedetta Campo

Novembre 2011