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Museo civico del Risorgimento

Di rilevanza storica

Schede

Il Museo Civico del Risorgimento di Bologna, inaugurato il 12 giugno 1893, dal 1990 si trova al piano terreno di Casa Carducci, ultima abitazione del poeta, ora monumento nazionale, in piazza Carducci 5. L'allestimento, che espone una piccola percentuale del patrimonio museale, segue un percorso articolato in cinque aree tematico-cronologiche che vanno dalla Rivoluzione Francese alla Grande Guerra, con una visione privilegiata rivolta agli avvenimenti ed ai protagonisti locali. L'allestimento inizia con il 1796 - anno dell'arrivo delle truppe rivoluzionarie francesi a Bologna - e giunge al 1918, alla fine della Prima Guerra Mondiale. Particolare importanza è data alle vicende della città: le testimonianze dell'epopea risorgimentale sono collocate all'interno della storia di Bologna, vista in tal modo non più esclusivamente dal punto di vista militare ed eroico, ma anche nei suoi aspetti culturali, sociali, politici ed economici.

Oltre a cimeli, dipinti, armi, uniformi, bandiere, oggetti "patriottici" vari, sono esposti anche materiali documentari, quali manifesti, stampe, opuscoli, provenienti dalla Biblioteca. Nel 1884, nell'ambito dell'Esposizione nazionale di Torino, fu realizzata una mostra dedicata al Risorgimento nazionale, alla quale Bologna partecipò con numerosi oggetti e documenti. In quell'occasione, si iniziò a pensare alla istituzione di un Museo del Risorgimento nella città. Qualche anno dopo, all'interno della Esposizione Emiliana del 1888, fu istituito un "Tempio del Risorgimento", che esponeva anche molte delle memorie già viste a Torino. L'esposizione ottenne un grande successo tanto che, alla sua chiusura, il Consiglio Comunale deliberò liistituzione di un Museo permanente, che venne inaugurato il 12 giugno 1893 in una sala al pian terreno del Museo Civico, con materiali in massima parte giunti attraverso donazioni. Come gli altri Musei del Risorgimento, anche quello di Bologna sorse con un duplice intento: da una parte educare il popolo - e particolarmente le giovani generazioni - agli ideali  patriottici, dall'altra favorire la ricerca storica sul recente passato e fornire strumenti per il lavoro degli studiosi; la sala espositiva del Museo fu destinata ad adempiere alla prima funzione, mentre la Biblioteca era rivolta prevalentemente agli studiosi. Nel 1915 ai Musei del Risorgimento venne affidato il compito di raccogliere documentazione di quella che veniva definita la "Quarta Guerra di Indipendenza". Analogamente, durante il fascismo, che si proponeva come prosecutore ideale del Risorgimento, vennero raccolti, sebbene con minore determinazione, materiali dell'impresa fiumana, delle guerre coloniali, della guerra di Spagna e della seconda Guerra Mondiale. Chiuso nel 1943, il Museo fu riaperto al pubblico nel 1954; il suo ambito di interesse si estese alla Resistenza, assumendo la nuova denominazione di "Museo civico del primo e secondo Risorgimento". Nel 1962 fu nuovamente chiuso. Nel 1975 venne di nuovo riaperto, con un diverso assetto espositivo: al "museo-sacrario", affastellato di reliquie, destinato a suscitare "commozione e reverenza" nel visitatore, si sostituì un Museo rivolto particolarmente alle scolaresche. Nel 1990 il Museo, affiancato dai depositi dei materiali museali, dalle strutture didattiche e dal laboratorio di restauro, venne trasferito alla nuova - ed attuale - sede di Casa Carducci. Nell'occasione, venne realizzato un nuovo percorso espositivo che partendo dalla Rivoluzione Francese giunge alla prima Guerra mondiale, tornando in tal modo alle origini, e stesso tempo alla denominazione di "Museo Civico del Risorgimento".

Lo spazio espositivo è articolato in sei sezioni:

L'Età Napoleonica (1796-1814) | Con l'arrivo delle truppe francesi comandate dal generale Bonaparte, Bologna cominciò a conoscere le forme giuridiche dello Stato moderno, e la società nel suo complesso fu sospinta verso l'acquisizione di una nuova cultura politica ed economica. La vicenda del Re di Napoli Gioacchino Murat testimonia in maniera esemplare l'intenso dinamismo della società napoleonica. La nascita di un esercito nazionale, la vendita dei beni ecclesiastici, la democratizzazione della società, l'ampio uso della simbologia repubblicana e rivoluzionaria, costituiscono alcuni importanti aspetti di tale rinnovamento.

La Restaurazione (1815-1848) | In quegli anni le chiusure autoritarie non impedirono nella città l'affiorare di insopprimibili esigenze di crescita dell'organizzazione produttiva. La rapida conclusione della rivoluzione del 1831 mise in luce tutti i limiti della Carboneria e delle società segrete, spesso ancora troppo limitate ad una visione municipalistica; ma proprio da quel fallimento prendeva le mosse il movimento mazziniano.

L'Epopea Risorgimentale (1848-1860) | Sono gli anni decisivi del Risorgimento, quelli delle Guerre di indipendenza e della Spedizione dei Mille, di Garibaldi e del suo mito, ma per Bologna sono anche gli anni di Ugo Bassi - la figura più popolare del Risorgimento bolognese -, della battaglia dell'8 agosto 1848, del popolo in armi e della accesa dialettica partitica sostenuta dal fiorire di una stampa sempre più attenta al formarsi di correnti di opinione pubblica, tra mito neoguelfo, rivoluzioni repubblicane ed il costituirsi del nuovo ceto dirigente liberale.

L'Italia Unita (1860-1914) | Mentre, con l'acquisizione del Veneto e di Roma, andava completando la propria Unificazione politica, il nuovo Stato dovette al tempo stesso affrontare questioni decisive e inedite. Un intenso sviluppo economico, l'istruzione delle masse, la crescita della dialettica tra le varie forze politiche e sociali, i conflitti di idee e di interessi sempre più vivaci, la realizzazione di un nuovo assetto urbano rappresentarono altrettanti elementi di un impegno che coinvolse la comunità bolognese di quei decenni.

Bologna in guerra (1915-1918) | Propagandata come "ultima Guerra di indipendenza", in realtà la Prima Guerra Mondiale costituì una novità assoluta: per le enormi risorse impiegate, per le armi micidiali utilizzate, per i rivolgimenti sociali, economici e politici che provocò. D'altra parte, essa costituì anche un banco di prova per la società cittadina bolognese, che si rivelò capace di forme di efficiente autogoverno e di risposta alle "emergenze" che il conflitto andava suscitando tra la popolazione civile.

Sezione filatelia e storia postale | La Sezione espone la collezione donata al Museo dallo studioso di storia della scienza e cultore di filatelia e storia postale Giorgio Tabarroni (1921-2001) ed è a lui intitolata. Nella prima parte sono esposti i francobolli degli Antichi Stati Italiani, del Regno e della Repubblica Italiana (fino agli anni '60), delle Isole italiane dell'Egeo, delle Terre contese fra Italia e Austria durante la Grande Guerra, di Fiume. La parte relativa alla storia postale è invece dedicata interamente a Malta, che Tabarroni considerava un caso emblematico per illustrare la storia delle comunicazioni postali. La felice posizione geografica di quest’isola – al centro delle rotte navali, in posizione intermedia tra Europa ed Africa – ha infatti determinato storicamente un suo ruolo strategico per le comunicazioni. Numerosi pannelli espositivi sono dedicati alle lettere, partendo dalle missive ufficiali inviate dal Gran Maestro dei Cavalieri di Malta e proseguendo fino alle corrispondenze private del XIX secolo. Seguono poi gli altri oggetti postali: le raccomandate, le cartoline postali e illustrate, la corrispondenza inviata via mare o via aerea, quella tassata, le buste primo giorno, le cartoline prodotte in occasioni di esposizioni filateliche internazionali. La storia postale prende in esame questi oggetti nelle loro diverse caratteristiche, in modo da risalire a molte preziose informazioni, ricostruendo gli aspetti organizzativi e gli effetti sociali della comunicazione per corrispondenza.

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