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Storia della Brigata partigiana “Stella Rossa”

Episodi brigata Stella Rossa autunno 1943 - ottobre 1944

Schede

La nascita, dopo l’8 settembre 1943, della brigata partigiana Stella Rossa nell’area di Monte Sole si fonda sulla precisa consapevolezza delle caratteristiche favorevoli che il territorio può offrire alla lotta partigiana e dell’importanza tattica e strategica di questo territorio per la guerra in Italia. Da un lato, infatti, l’area soddisfa pienamente le esigenze della guerriglia, per la presenza di ostacoli naturali, rilievi impervi, ampie aree boscose, frane e calanchi che garantiscono la possibilità di trovare anfratti e rifugi difficilmente penetrabili per il nemico, nei quali per la brigata è, al contrario, più agevole difendersi. Dall’altro lato l’importanza dell’area nello scenario nazionale, e quindi il notevole valore aggiunto dell’azione partigiana, deriva dalla collocazione geografica di Monte Sole: un acrocoro montano situato tra due valli poco lontane e tra loro confluenti, lungo le quali si sviluppano, convergendo poco più a nord su Bologna, le principali strade e ferrovie di collegamento tra la Pianura Padana e l’Italia centrale. È un fattore strategico ben chiaro a tedeschi, partigiani e Alleati, che in questa zona si confrontano negli ultimi sette mesi della campagna d’Italia, e in questo contesto vanno inquadrati e si spiegano i tragici eventi dell’autunno 1944.
Fin dalla prima fase di arruolamento la brigata Stella Rossa, che nell’ultimo mese di attività si chiamerà “Stella Rossa - Leone” in ricordo del giovanissimo partigiano Gastone Rossi, morto accidentalmente a soli sedici anni il 3 settembre 1944, si caratterizza per lo stretto legame con la realtà locale, in quanto la provenienza dei partigiani e l’area di attività della brigata sono sostanzialmente coincidenti. Gran parte di coloro che aderiscono alla Stella Rossa appartengono all’ambiente agricolo e operaio dei comuni collinari e montani di Marzabotto, Grizzana, Monzuno, Sasso Marconi, Vergato, Monte San Pietro, Castiglione dei Pepoli, San Benedetto Val di Sambro, Camugnano, e nell’area di questi comuni si svolge la vita della brigata. La zona di insediamento e di attività privilegiata dalla Stella Rossa è quella di Monte Sole, nel perimetro tra i monti Caprara, Venere, Termine e Salvaro, all’interno dei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana. È stato calcolato che la Stella Rossa ha trascorso circa l’80% del tempo della sua attività nel territorio di questi tre comuni, spingendosi solo per brevi periodi nelle zone di Pietramala, Montepastore, Monte Ombraro e Monte Vignola, comunque limitrofe all’area di Monte Sole.
Alla base di questo attaccamento al territorio d’origine sta la convinzione dei fondatori della brigata, e del suo comandante Mario Musolesi in particolare, che solo i legami di parentela e di amicizia, insieme al diffuso sentimento antifascista di larga parte della popolazione di Monte Sole, possono garantire la sopravvivenza della Stella Rossa. Negli spostamenti al di fuori del perimetro di origine la brigata incontra problemi di approvvigionamento e alloggio e il comando si trova a dovere affrontare maggiori problemi di organizzazione e controllo dei suoi uomini.
La Stella Rossa, tuttavia, non può rimanere ferma in un unico posto, perché ciò accresce il pericolo di rastrellamenti contro la brigata e di ritorsioni contro la popolazione civile, che pur tra dissensi e resistenze nel complesso si dimostra favorevole ai partigiani e sostiene il peso della loro presenza fornendo cibo, vestiario, possibilità di ricovero nelle stalle e nei fienili quando le condizioni climatiche non consentono di dormire nei rifugi ricavati negli anfratti della montagna o in ripari di fortuna. L’attaccamento della popolazione civile alla brigata, ampiamente testimoniato nelle memorie partigiane, si fonda su un diffuso sentimento antibellico e su un antifascismo più o meno maturo e consapevole, rafforzato dal fatto che moltissimi partigiani sono uomini che appartengono alla comunità, con i quali moltissimi hanno legami di parentela o di altro genere. Alla brigata forniscono sostegno e collaborazione anche diverse donne, che agiscono come staffette di collegamento tra gli uomini in armi e gli altri residenti, confezionano e lavano abiti, cucinano per i partigiani nascosti nei boschi. È un ruolo pieno di rischi, che richiede grande circospezione nel muoversi per portare messaggi e informazioni, rifornire di cibo i partigiani, accompagnare in brigata i nuovi arrivati, in un ambiente e in un momento storico nei quali il pericolo di essere denunciati da spie e subire ritorsioni è sempre molto reale. Per la maggior parte la lotta al nazifascismo non èun’astratta aspirazione ideale, ma un impegno calato in una realtà concreta e familiare: la sconfitta del nemico significa il ritorno alla normalità e alla propria casa, la possibilità di vivere e spostarsi liberamente nel proprio territorio, il recupero di principi fondamentali di giustizia.
Ciò non vuole dire che il sostegno alla Stella Rossa sia costante nel tempo e uniforme su tutto il territorio. A sfavore di una totale omogeneità di atteggiamenti da parte della popolazione giocano le differenze ideologiche con quanti nutrono simpatie per il fascismo o si schierano apertamente con esso, le crescenti richieste della brigata che, per far fronte al sostentamento di centinaia di uomini ricorre anche alle requisizioni forzate, la ferocia delle ritorsioni tedesche e fasciste che in alcuni fanno crescere la convinzione, poco consapevole del contesto, che senza partigiani si potrebbe vivere tranquilli, alcuni episodi molto crudi della lotta partigiana e le difficoltà incontrate dal comando, durante la fase di maggiore espansione della brigata, nell’esercitare un effettivo controllo su tutti i suoi componenti.
Il problema della permanenza o dello spostamento della brigata da Monte Sole si fa particolarmente sentire alla fine della primavera del 1944. Dopo una prima fase di relativo sviluppo, nella quale per motivi di organizzazione e sicurezza si preferisce evitare un eccessivo allagamento della brigata e si incoraggiano piuttosto alcuni giovani renitenti alla leva a entrare nella Todt, a seguito di due lanci di armi organizzati dagli Alleati alla fine di aprile, Mario Musolesi decide di accogliere nella Stella Rossa i giovani della zona precedentemente contattati. A maggio la brigata conta circa 200 uomini e molti altri si aggiungono nel mese successivo in seguito alla scadenza del bando Graziani. Si sale in brigata per motivazioni diverse. Dominante è l’esigenza di sfuggire ai bandi di arruolamento della Repubblica Sociale Italiana e ai rastrellamenti di uomini abili alla leva e al lavoro attuati dai fascisti e dai tedeschi. Solo per pochi la lotta di liberazione rappresenta un proseguimento della lotta antifascista degli anni ’20. Un peso rilevante nella scelta di aderire al movimento partigiano giocano i legami di parentela o di amicizia. Per i più l’obiettivo principale e immediato è quello di cacciare i tedeschi e i fascisti, mentre la consapevolezza del significato politico e civile della lotta armata è solo una conquista graduale.
Il rastrellamento del 28 maggio 1944, anche se si conclude senza gravi perdite, obbliga la Stella Rossa a lasciare temporaneamente Monte Sole. Dapprima la brigata si porta nella zona di Pietramala, dove però non trova condizioni sufficienti per la sua sussistenza, poi raggiunge il territorio di Montepastore e Monte Vignola (dove subisce un altro rastrellamento), e a luglio ritorna a Monte Sole. Qui si trattiene sino ai primi di agosto, quando si trasferisce di nuovo a Pietramala, ma alla fine del mese torna definitivamente a Monte Sole. Le tre zone di permanenza della brigata (Monte Sole, Montepastore, Pietramala), per quanto diverse dal punto di vista geologico (le prime due formate da marne e arenarie, la terza contrassegnata da ofioliti immerse nelle argille), hanno in comune la forte asperità del territorio, che si presenta piuttosto accidentato, con movimenti franosi e calanchi ai margini, e quindi particolarmente adatto alla guerra partigiana.
La discussione attorno al tema della stanzialità o mobilità della brigata vede contrapposti il comandante Mario Musolesi e uno dei suoi uomini migliori, Sugano Melchiorri, che a seguito dell’accrescimento della brigata non ritiene più sicura la zona di Monte Sole e alla fine di giugno si allontana dalla Stella Rossa con una novantina di partigiani per raggiungere il gruppo partigiano di Montefiorino. Le motivazioni che inducono Melchiorri a lasciare la brigata, non sono tuttavia solo legate a una differente scelta strategica, ma trovano altri motivi di scontro in due diversi modi di concepire la lotta armata. Per Musolesi essa è finalizzata all’eliminazione dei fascisti e dei nazisti, mentre il tema dell’assetto politico e civile dello stato deve essere rinviato alla fine del conflitto; per Melchiorri, comunista proveniente dalla pianura bolognese, la lotta contro il nemico è parte della lotta per porre le basi di una società diversa, di democrazia reale e ugualitaria.
La priorità assegnata dal comandante Musolesi alla lotta armata rispetto agli aspetti ideologici e politici della Resistenza è all’origine anche del difficile rapporto tra la Stella Rossa e gli organismi centrali della Resistenza (CLN prima, CUMER poi). Per quanto alla riunione fondativa della brigata il CLN abbia inviato un suo rappresentante, questo organismo rimane sostanzialmente assente sino alla primavera seguente e la brigata cresce senza il suo effettivo aiuto. Gli stessi organismi centrali della Resistenza nutrono dubbi circa le possibilità di sopravvivenza delle bande partigiane in questa zona dell’Appennino e alla fine di dicembre un documento redatto da Giuseppe Alberganti, noto esponente comunista, giudica impossibile la guerriglia partigiana sulla montagna bolognese.
La Stella Rossa aderisce perciò formalmente al CLN, ma Musolesi mantiene un atteggiamento di diffidenza nei confronti di questo organismo, stemperato solo dall’ostinata attività clandestina di Umberto Crisalidi che tiene i contatti con il centro cittadino. Tuttavia quando alla metà di giugno il CUMER, al fine di stabilire un maggiore controllo sulle brigate, invia anche presso la Stella Rossa due commissari politici, Ferruccio Magnani e Agostino Ottani, Lupo intima loro di abbandonare la Stella Rossa ed essi devono tornare a Bologna.
L’atteggiamento di Musolesi verso i commissari politici cambia solo dopo il rastrellamento subito dalla brigata a Montepastore-Monte Vignola alla fine di giugno. Il calo delle armi e munizioni e il contemporaneo accrescimento degli effettivi, il rastrellamento e le ritorsioni sui civili, convincono il Lupo a cercare più saldi rapporti con il CUMER, per ottenere munizioni e armi o la ripresa dei contatti con gli Alleati per un nuovo lancio. Salgono di nuovo in brigata i commissari politici Magnani e Ottani, ai quali si aggiungono Raffaele Gandolfi, Aldo Ognibene e Giorgio Sternini. Sono uomini legati in vario modo al Partito Comunista e il Lupo e alcuni uomini a lui molto vicini temono un’eccessiva politicizzazione della Stella Rossa. Per riequilibrare la situazione il comando nomina commissari politici di brigata Umberto Crisalidi e i liberali-cattolici Giorgio Fanti e Enrico Elmi. Il CUMER pubblica sui suoi bollettini le azioni della brigata e questo contribuisce ad aumentare l’orgoglio negli uomini, la presenza dei commissari fornisce aiuto e sostegno all’opera di razionalizzazione e organizzazione della Stella Rossa svolta dal comandante, ma la Stella Rossa non riceve nuove armi o munizioni, né vengono ripristinati i rapporti con gli Alleati.
Il 29 luglio 1944 un altro rastrellamento investe la brigata nella zona di Monte Venere, un nuovo pesante scontro è sostenuto dai partigiani il 19 agosto a Pietramala. Alla fine di agosto, in previsione della liberazione di Bologna che sembra ormai prossima, il CUMER elabora un piano per la liberazione della città che prevede un’intensificazione dell’attività dei gruppi partigiani della città, della pianura e della montagna, la creazione di comandi di zona capaci di coordinare più brigate, la discesa dei partigiani verso la pianura per partecipare alla liberazione di Bologna. Il CUMER propone a Musolesi il comando della zona montana, ma egli rifiuta. Pesano sulla sua scelta l’evidente intenzione del CUMER di esercitare un maggiore controllo sull’attività delle brigate tramite l’aggregazione al comando unico di suoi consulenti militari, unitamente alla diffidenza e allo scetticismo con cui Musolesi guarda alla possibilità di potere coordinare tutte le brigate della montagna, che in gran parte non conosce o di cui non si fida. Musolesi ritiene meno rischioso attendere l’arrivo degli Alleati per scendere insieme a questi in città.
Il rifiuto di Musolesi arriva a metà settembre, quando gli Alleati hanno già sfondato la Linea Gotica e sono a pochi chilometri da Monte Sole. La Stella Rossa conta circa 450 uomini; al nucleo iniziale dei locali si sono aggiunti nel tempo gruppi di partigiani esterni che hanno conferito alla brigata una composizione più eterogenea: una ventina di partigiani provenienti dalla 4ª brigata Garibaldi (poi 36ª, nata sul Monte Faggiola), una trentina di giovani di varia estrazione provenienti dalla città e dalla pianura (tra i quali alcuni giovani comunisti di Molinella), un gruppo comunista venuto da Piumazzo, alcuni soldati alleati sfuggiti fortunosamente ai tedeschi (tra cui un indiano), un gruppo di almeno 30 carabinieri del distaccamento di Castiglione dei Pepoli, una settantina di uomini della brigata Garibaldi gruppo “Bruno Buozzi” operante nella zona di Castiglione dei Pepoli-Camugnano, una ventina di prigionieri comuni liberati dai partigiani bolognesi nelle carceri di San Giovanni in Monte, due soldati cecoslovacchi disertori, una quarantina di prigionieri russi fuggiti dai tedeschi, un gruppo di partigiani della 62ª brigata Garibaldi. Alla fine dell’estate entrano nella brigata anche una ventina di militi della polizia ausiliaria (soprannominati “balilla”), che sino ad allora hanno collaborato con il comando della Stella Rossa fornendo notizie sulla consistenza e sulle operazioni di tedeschi e fascisti. L’ingresso dei militi nella brigata, dovuto alla accresciuta insicurezza nella quale svolgono il loro compito, priva la Stella Rossa di una rete di informatori di vitale importanza.
Alla crescita numerica della Stella Rossa corrisponde un’intensificazione della sua attività. La primavera e l’estate del 1944 sono segnate da continui atti di sabotaggio lungo le linee di comunicazione ferroviarie e stradali, sia nella valle del Reno che in quella del Setta, da scontri armati e agguati contro fascisti e tedeschi, da assalti alle caserme fasciste. La pericolosità di questi atti, per gli occupanti, cresce in proporzione all’avanzata degli Alleati, e nel medesimo periodo il territorio di Monte Sole comincia a essere interessato da feroci rappresaglie ed eccidi da parte dei tedeschi e dei fascisti, con scontri a fuoco con i partigiani, uccisioni indiscriminate di uomini, deportazioni, saccheggi, incendi di case e razzie di animali.
Fino all’agosto 1944, tuttavia, vale a dire sostanzialmente sino alla liberazione di Firenze, le azioni partigiane si collocano in un contesto di grande rilevanza strategica per i contatti tra i settori dell’esercito tedesco stanziati nel nord e centro Italia, ma colpiscono il nemico in una zona ancora lontana dal fronte. Dopo l’occupazione di Firenze da parte degli Alleati e lo sfondamento delle difese lungo l’Appennino tosco-emiliano, invece, nell’agosto-settembre 1944, le azioni della Stella Rossa vengono a ricadere in un’area ormai prossima al fronte e i tedeschi vogliono eliminare qualunque fattore di pericolo all’esercizio del loro controllo sulla zona di Monte Sole, che è divenuta di vitale importanza per il rifornimento e l’eventuale ritirata.
Alla fine di settembre la brigata può contare su 450 uomini circa, organizzati in quattro battaglioni, una squadra d’azione e un gruppo di comando. Voci contrastanti si diffondono alla vigilia dell’attacco: da un lato la vicinanza degli Alleati apre alla speranza di una prossima liberazione, dall’altro l’arrivo di nuovi reparti tedeschi e la presenza diffusa di SS sembrano dare credito alle voci di un prossimo rastrellamento contro la brigata. In uomini vicini al comando prevale la visione più ottimistica. Come ricorda il vice comandante della Stella Rossa Giovanni (Gianni) Rossi, per quanto il livello di allarme sia alto, l’ipotesi di una prossima liberazione appare più probabile rispetto a quella di un rastrellamento, anche perché i partigiani possono ormai scorgere con il binocolo, a non più di un chilometro e mezzo oltre il Setta, le postazioni alleate e il continuo traffico tedesco lungo le strade viene unicamente interpretato come un segnale di ritirata e non anche come un avvicendamento di reparti nella zona del fronte. I movimenti dei tedeschi lungo le due valli e la fuga di alcuni fascisti verso Bologna sembrano confermare queste previsioni. Le minacce di rastrellamento, del resto, non sono una novità per la formazione partigiana ed è sempre difficile distinguere tra voci incontrollate e informazioni attendibili. Per tutti questi motivi, pur ritenendo possibile un attacco, nessuno degli uomini del comando riesce a prevederne i tempi e la portata. La realtà dei fatti è invece terribilmente tragica: i soldati, come descritto nel documento Achtung Banden Gefahr!, stampato nel marzo del 1945, circondano l’intera area di Monte Sole e salgono da più parti uccidendo, saccheggiando e incendiando. L’azione scatenata dai tedeschi segna la fine della brigata Stella Rossa e provoca un vero e proprio massacro indiscriminato di partigiani e civili inermi, soprattutto donne, anziani e bambini, che non si aspettano una tale ferocia e perciò non fuggono nei boschi insieme agli uomini. Questi ultimi, del resto, credono che il rastrellamento abbia come obiettivo la distruzione della Stella Rossa o, alla peggio, la cattura degli uomini abili al lavoro o in età di leva e ritengono i familiari relativamente al sicuro nelle case, nei rifugi e nelle chiese. L’enorme disparità di forze e mezzi tra tedeschi e partigiani, che possono rispondere solo con armi leggere e poche munizioni a mitra, mortai, lanciafiamme e cannoni, la violenza e la brutalità inaspettate dell’azione, l’immediata uccisione del comandante Musolesi e le difficoltà di coordinamento tra i vari battaglioni limitano le possibilità di difesa della brigata. Alcuni combattimenti vengono sostenuti dalla Stella Rossa sulle varie direttrici d’attacco, ma nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1944, valutata l’insostenibilità della situazione, viene preparato lo sganciamento. È allora che la brigata si divide in vari gruppi che prendono destinazioni diverse. Una parte degli uomini passa il fronte e raggiunge il territorio liberato dagli Alleati, a fianco dei quali alcuni partigiani riprendono la lotta contro tedeschi e fascisti; altri si dirigono verso formazioni ancora attive nel territorio occupato; altri ancora, profondamente sconvolti e scoraggiati dagli eventi, abbandonano la lotta armata.