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Lapide di Q. Valerius Restitutus

lapide Prima metà del I secolo d.C.

Schede

Provenienza: Bologna, Muro del Reno

TRASCRIZIONE

V(ivus) f(ecit)

Q(uintus) Valerius

Q(uinti) l(ibertus) Restitutus

VIvir (=sevir) sibi et

Gaviae Cogitatae

uxori et

L(ucio) Metello Niceroti

q(uo) q(uo) v(erso) p(edes) XX


TRADUZIONE

Quinto Valerio Restituto, liberto di Quinto, seviro, da vivo ha predisposto (questo monumento) per se stesso, per la moglie Gavia Cogitata e per Lucio Metello Nicerote.

(L’area funeraria misura) 20 piedi su ogni lato

Questa stele è una delle più famose tra le lapidi conservate in museo: nel rilievo, che occupa la parte inferiore dello spazio delimitato dalle colonne, è rappresentato un uomo di profilo che lavora su un tavolo o un ceppo a tre gambe. Di fronte e di fianco a lui ci sono un tavolo e alcuni strumenti, tra i quali si riconosce una bilancia. Tra le molte interpretazioni di questa scena di bottega che rappresenterebbe il defunto, Quinto Valerio Restituto, intento a svolgere il suo mestiere, la più convincente sembra essere quella che si tratti di un lanius, un macellaio. Il testo dell’iscrizione menziona, oltre al nome del defunto accompagnato dalla sua carica di seviro, i nomi di sua moglie e di un altro individuo di sesso maschile non imparentato con loro.

Curiosità: I monumenti funerari romani dotati di apparati figurativi vanno letti, in un certo senso, come fumetti, ovvero unendo le informazioni delle parole a quelle che si possono trarre dalle immagini. Leggendo il testo si nota subito che Restituto non si presenta come un lavoratore, né tantomeno specifica quale attività svolgesse per sbarcare il lunario. Se non avesse deciso di commissionare il rilievo scolpito sotto il suo epitaffio, non avremmo avuto altri dettagli su di lui oltre a quelli presenti nel testo. Tuttavia non è un caso che al contenuto scritto e alle immagini vengano affidati messaggi differenti: il compito della iscrizione è infatti quello di rendere eterna la memoria del defunto in quanto “cittadino”, enfatizzandone il ruolo civico (in questo caso, la carica di sacerdote del culto imperiale), mentre all’immagine spettava il compito di rievocare, con un colpo d’occhio, la quotidianità e il ruolo sociale del defunto in quanto individuo, che doveva essere noto anche, o forse soprattutto, per quella attività che lo aveva reso benestante.

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Descrizione tecnica

Calcare: 189x69x39 cm. Inv. 19005